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Schemi riassuntivi di Diritto Sindacale , Schemi e mappe concettuali di Diritto Sindacale

schemi utili per la preparazione agli esami universitari

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2012/2013

In vendita dal 01/09/2013

gaiuzza
gaiuzza 🇮🇹

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Scarica Schemi riassuntivi di Diritto Sindacale e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Diritto Sindacale solo su Docsity! SCHEMI RIASSUNTIVI DI DIRITTO SINDACALE 14. Campo d’applicazione del titolo III dello Statuto (art. 35)  comma 1°: le disposizioni del titolo III, rispetto alle imprese industriali e commerciali, “si applicano a ciascuna sede, stabilimento,filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di 15 dipendenti”; dette disposizioni si applicano anche alle imprese agricole che occupano più di 15 dipendenti.  Il 2° comma dell’art. 35 precisa che al fine del raggiungimento della consistenza occupazionale indicata è sufficiente che l’impresa occupi più di 15dipendenti NELLO STESSO COMUNE: “anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti”. Nb non vi sono dubbi sulla costituzionalità dell art 35. 15. Rappresentanza, diritti sindacali e partecipazione nel LAVORO PUBBLICO: sul versante del lavoro pubblico, il problema della rappresentanza e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro ha avuto un’evoluzione storica tormentata e differente rispetto alla disciplina del settore privato;  Art 50 dlgs 165/2001 disciplina speciale per distacchi e aspettative e permessi: v’è un limite massimo, un numero max di tali operazioni, fissato con un accordo quadro dall ARAN e le confederazioni sindacali. l’art. 42 D.Lgs. n°165/2001 instaura un inedito sistema di verifica effettiva e democratica del consenso nei luoghi di lavoro. Il modello poggia su una duplicazione delle strutture base: le rappresentanze sindacali aziendali, da una parte,e gli organismi di rappresentanza unitaria personale, dall’altra. Per quanto riguarda le RSA del settorepubblico, esse non nascono ad iniziativa dei lavoratori, ma sono immediata e diretta espressione deisindacati in possesso della rappresentatività minima del 5%; in merito ai nuovi organismi di rappresentanzaunitaria del personale, l’art. 42, 3° comma consente la loro istituzione ad iniziativa anche disgiunta dei sindacati nel medesimo ambito costitutivo delle RSA, mediante elezioni aperte a tutti i lavoratori. Le RSUsono elette a suffragio universale e voto segreto con apertura del meccanismo elettorale anche ad organizzazioni sindacali non rappresentative; la ripartizione dei seggi deve avvenire secondo il “metodo proporzionale”; sul piano delle tutele statutarie, i componenti della RSU sono pienamente equiparati ai dirigenti di RSA, mentre su quello dei diritti e delle prerogative collettive, tutto è rinviato agli accordi sulla costituzione ed il funzionamento delle RSU, chiamati altresì a trasferire ai componenti eletti della rappresentanza unitaria le garanzie spettanti alle rappresentanze aziendali delle organizzazioni stipulanti o aderenti ai succitati accordi. Nb. dottrina e giurisprudenza hanno rifiutato le prime teorie restrittive secondo cui la norma tutelerebbe solo i diritti collettivi esplicitamente riconosciuti dallo statuto dei lavoratori. Quindi si ha condotta antisindacale non solo quando sono violati diritti sindacali formalmente riconosciuti dallo Statuto, ma anche quando si colpiscono uno o più lavoratori per l’esercizio dei diritti della libertà sindacale,e diritto di sciopero di cui sono titolari. Una lettura “estensiva” dei beni tutelati genera però problemi per il fatto che la stessa condotta del datore può essere fatta valere sia dal singolo che dal sindacato ( v. ricorso sia all art 18 che al 28); tali problemi si risolvono riconoscendo carattere collettivo al ricorso ex art 28 e la sua autonomia rispetto agli interessi individuali. Tale autonomia è stata ribadita sia dalla corte cost che dalla cassazione, che hanno affermato che l’esaurimento dell’azione individuale non preclude la possibilità per il sindacato di agire ex art 28 st lav.  I limiti dell’antisindacalità: Non tutti i comportamenti antagonistici al sindacato sono antisindacali dal punto di vista giuridico. In genere:  sono illeciti: a) i comportamenti del datore ostativi di attività sindacale e di scioperi svolti con modalità riconosciute dall’ordinamento, b) i comportamenti ostativi di comportamenti che si muovono nella sfera generica della libertà sindacale, e come tali protetti.  Sono invece esenti da censura e quindi leiti i comportamenti motivati da reazioni a comportamenti illeciti o non protetti dei lavoratori Si prendano in esame alcune ipotesi: Antisindacalità ed interesse dell’impresa: spesso Nascono delle controversie sui comportamenti del datore attinenti alla gestione dell’impresa, bisogna escludere che basti qualsiasi interesse aziendale a giustificare il comportamento del datore e ad escludere l’applicabilità dell’art.28. Perché non possa trovar applicazione l’art 28 è necessario che il comportamento non sia diretto a contrastare l’esercizio dei diritti cui fa riferimento l articolo ,quindi libertà, attività sindacale e diritto di sciopero. Non sarà antisindacale quindi il licenziamento per giusta causa e ogni comportamento del datore avente un giustificato motivo. Reazioni allo sciopero L’art.28 protegge il diritto di sciopero da ogni comportamento ostativo,ma senza entrare nel merito dei limiti del suo esercizio. I Limiti che sono quelli posti dalla giurisprudenza, sia quanto alle modalità, sia quanto agli obiettivi. Se il lavoratore esercitando il proprio diritto di sciopero va oltre i limiti dettati dalla giurisprudenza non troverà applicazione l’art 28 st lav. Comportamenti nelle trattative Si ritiene che il rifiuto di trattare o il comportamento ostruzionistico NON costituisce in sé condotta antisindacale, non esiste infatti nel nostro ordinamento un obbligo legale di trattare in capo all’imprenditore. La condotta del datore è reprimibile ex art.28, SOLO quando un obbligo a trattare si desume da specifiche disposizioni di legge, o anche dal contratto collettivo. Non è illecito nemmeno il caso del datore che si rifiuta di trattare con alcune sigle sindacali soltanto cd accordi separati,salvo che la scelta sia assolutamente ingiustificata. Sembra invece essere illecita e perseguibile ex art 28 la condotta del datore che decide di trattare direttamente con il personale scavalcando le rappresentanze aziendali, si andrebbe in tal modo a violare l art 17. Violazione dei diritti sindacali contrattuali Una serie di problemi si verifica quando il datore viola diritti riconosciuti al sindacato dalla stessa contrattazione collettiva,non dalla legge. L’autonomia collettiva è riconosciuta dal nostro sistema costituzionale come FONTE di disciplina dei rapporti di lavoro quindi la violazione dei diritti che nascono con la contrattazione collettiva rientra nella violazione dell art 28 st lav. E’ da escludere la tesi restrittiva che invece non riconosce all’autonomia collettiva il ruolo di fonte e quindi non ammette l’applicabilità dell art 28. Nb. Detto ciò: La violazione della prima parte dei contratti ( quella informativa) rientra quindi nelle ipotesi dell art 28, non vi rientra invece la violazione della cd parte normativa che regola i rapporti individuali. Da quanto fin qui detto si può trarre una Conclusione sulla natura dell art 28: non aggiunge alcunchè ai diritti sindacali esistenti.  L’irrilevanza dell’elemento soggettivo: L’art.28 dispone che i comportamenti antisindacali del datore di lavoro devono essere “diretti a impedire o limitare” l’esercizio dei diritti sindacali protetti; nonostante l’uso del termine diretti possa far pensare che debba sussistere una conoscenza o una volontà di lesione non si deve cadere in inganno. si deve infatti ritenere che sia sufficiente accertare la obiettiva portata lesiva del comportamento, cioè la sua idoneità a ostacolare l’esercizio dei diritti, a prescindere dall’esistenza di dolo o colpa. Così si sono pronunciate le sezioni unite della cassazione. Una lettura diversa renderebbe molto difficile l’applicabilità dell art 28 in quanto le difficoltà di indagine sarebbero numerose. Una parte della giurisprudenza ritiene che l indagine sull intenzione del datore sia irrilevante e non necessaria solo nel caso di comportamento contrastante con norma imperativa e che invece sia necessario in caso di abuso del diritto.  I soggetti legittimati: “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse”. La specificazione di quali siano gli organismi locali delle associazioni nazionali sembra doversi desumere dagli statuti interni di queste. Nb. non sono legittimati gli organismi collettivi che non hanno carattere nazionale ne i singoli lavoratori. Non sono legittimate le RSA ne le RSU. Questioni di costituzionalità circa la legittimazione: Il limite della legittimazione attiva agli organismi locali dei sindacati nazionali ha sollevato problemi di costituzionalità;le obiezioni si sono fondate in vario modo sugli articoli 24; 2; 3 e 39cost. La corte cost ha respinto tutte le questioni ( con le stesse pronunce con cui ha deciso circa l art 19 ) affermando che non si lede alcun diritto individuale e che la scelta dei soggetti legittimati dipende dall’effettiva rappresentatività di tali organi. La corte inoltre,circa la compatibilità con l art 24 cost, ha affermato che l art 28 non sostituisce i mezzi di tutela individuali ma ne introduce semplicemente uno nuovo.  Il procedimento Si tratta di un procedimento d’urgenza,  fondato su un’istruttoria minima (audizione delle parti)  caratterizzato da tempi brevi (anche se il termine dei due giorni è ordinatorio e di fatto è largamente superato)  i soggetti legittimati ( quindi gli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse”) fanno RICORSO al Tribunale del luogo ove è posto in essere il comportamento denunciato;  il giudice emana DECRETO MOTIVATO IMMEDIATAMENTE ESECUTIVO, ossia comporta la “cessazione del comportamento illegittimo” lesivo dei beni protetti e “rimozione degli effetti” lesivi già realizzati, ripristinando il libero godimento degli stessi beni. Nb. La pronuncia del giudice non vale come divieto per il futuro! Il decentramento è parziale sia per le materie che sono delegate, sia per gli agenti contrattuali competenti a trattare, che sono i sindacati provinciali di categoria di entrambe le parti; al contratto nazionale spetta dunque: 1. attraverso clausole di rinvio, di predeterminare: a) le materie e gli agenti della contrattazione aziendale, b) le procedure di svolgimento, i tempi,e, in qualche caso, i margini contrattuali, 2. Tramite le clausole di tregua: di fornire garanzia di tregua sindacale nelle pause temporali intercorrenti tra un accordo e l’altro 4. Il ciclo 1968-1975: sviluppo e decentramento della contrattazione: la contrattazione raggiunge il massimo del decentramento , o meglio di bipolarismo e il minimo dell istituzionalizzazione, in quanto, cadute le norme di coordinamento giuridico tra i livelli contrattuali, ognun livello contrattuale è formalmente autonomo, non vincolato per oggetti, per procedure né per agenti di contrattazione. l’elemento trainante nel settore industriale è questa volta la contrattazione aziendale, che rompe il limiti quantitativi e qualitativi definiti nel ’62. Nb. Si parla di bipolarità completa in quanto la contrattazione aziendale non eclissa il ruolo del contratto nazionale di categoria. 5. La centralizzazione e gli accordi triangolari: la seconda metà degli anni ’70 è caratterizzata dal peso crescente della crisi economica sull’azione sindacale; questa situazione sfavorevole non comporta un crollo del potere sindacale, ma altera gli equilibri contrattuali. L’attività contrattuale assume caratteri prevalentemente difensivi. È più collaborativa meno rivendicativa. Si registra un assestamento di istituti già regolati, si cerca di avere un controllo sulle scelte economiche e di impresa per risolvere i problemi dell’occupazione e della produttività. Si punta al contenimento del costo del lavoro e la riduzione della dinamica della scala mobile. In questi anni aumenta notevolmente l’ intervento diretto del potere pubblico nella contrattazione centralizzata, che arriva ad assumere carattere triangolare e che si collega a tematiche di diretto rilievo politico-economico. Cd concertazione sociale: controllo dell’inflazione, politica fiscale,.. 6. Gli anni ’80 ripresa economica & innovazione tecnologica. La spinta più netta in tutti i paesi industrializzati è verso il decentramento della contrattazione, spinta che viene dagli impreditori Ragioni del decentramento sono: 1) crescenti difficoltà della contrattazione interconfederale; 2) perdita di rilievo e di contenuti innovativi della contrattazione di categoria, con blocchi o gravi ostacoli nei rinnovi contrattuali; 3) (ri)emersione di una contrattazione aziendale o infra-aziendale non coordinata dal centro. Si registrano flessioni anche nell’ estensione cioè nel grado di copertura della contrattazione nell’ incisività nel grado di innovazione dei contenuti contrattuali. Si registra in sostanza un declino della contrattazione collettiva e una riduzione del suo ambito di efficacia. 7. Gli anni ’90: riaccentramento e razionalizzazione del sistema contrattuale. Esigenze di risanamento e stabilizzazione economica. Lo Stato interviene sul conflitto in modo sempre più massiccio, anche se ben attento a non espropriare il sindacato delle funzioni protette ai sensi dell’art. 39 Cost., 1° comma. Si afferma un nuovo ruolo della contrattazione interconfederale: quello di strumento politico di soluzione di problemi, a cominciare dalla lotta all’inflazione e al controllo del costo del lavoro, che riguardano l’intero mondo del lavoro ed i suoi rapporti con il mondo dell’economia e della finanza. Il contratto interconfederale coincide ora con il protocollo, con l’intesa. Si ha una valorizzazione del sindacato maggiormente rappresentativo con il dlgs 165/2001 v. Protocollo del 23 luglio 1993 ispirato dalla consapevolezza che solo un controllo centrale sulla contrattazione collettiva congiunto ad un analogo controllo sulla politica salariale è in grado di rendere un sistema di relazioni industriali responsabile e al tempo stesso efficiente. Soprattutto, questo accordo è il primo serio tentativo di razionalizzazione del sistema di contrattazione collettiva; nel dettaglio: A) Sono previsti 2 livelli di contrattazione: quello nazionale di categoria e quello aziendale, tra loro collegati in modo tale che: gli ambiti, i tempi, le modalità di articolazione, le materie e gli istituti del secondo sono predeterminati dal primo. B) Durata dei contratti predeterminata: 4 anni per la parte normativa del CCNL e per il contratto aziendale; 2 anni per la parte retributiva del CCNL. C) Introduzione di scansioni temporali per l’apertura delle trattative ai fini dei rinnovi dei contratti. Cd clausola di tregua che vincola le parti a non assumere iniziative unilaterali e a non procedere ad azioni dirette per un periodo di 4 mesi D) Le RSU sono riconosciute come “rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole unità produttive”, e investite della “legittimazione a negoziare al secondo livello ( aziendale) le materie oggetto di rinvio da parte del contratto nazionale di categoria”. La concertazione sui salari diviene strutturale, le parti si impegnano per ridurre il deficit e il debito dello stato. Il governo si impegna a garantire una costante informazione e un coinvolgimento delle rappresentanze parlamentari. v. patto per il lavoro 1996 v. patto sociale per lo sviluppo e l occupazione 1998 cd patto di natale le ambivalenze della concertazione: i sindacati chiedono una legislazione di sostegno della contrattazione aziendale e di estensione delle RSU. Gli imprenditori chiedono il superamento del sistema a due livelli. Sarebbe necessario un ridimensionamento del ruolo del contratto nazionale e una valorizzazione della contrattazione aziendale. Si presentano le proposte per la trasformazione della concertazione in dialogo sociale, v libro bianco del 2000. Il dialogo tra stato e sindacato diventerebbe specifico e settoriale, gli argomenti verrebbero di volta in volta individuati dal governo. Il ruolo dei sindacati vien confinato a pareri e raccomandazioni. Al dialogo sociale viene ricondotto il patto per l italia del 5 luglio 2002. CAPITOLO NONO IL CONTRATTO COLLETTIVO NEL LAVORO PRIVATO Nel settore privato attori e procedure della contrattazione sono scarsamente istituzionalizzati e non pongono problemi giuridici di particolare rilievo. Inteso genericamente il C.C. è: il contratto con cui i soggetti collettivi (organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori) predeterminano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro (parte normativa) e regolano anche taluni tratti dei loro rapporti reciproci (parte obbligatoria). Sono rinvenibili almeno quattro tipi di contratto collettivo: 1. quello corporativo, 2. quello c.d. di diritto comune, 3. quello prefigurato dal legislatore costituente O dell’iscrizione del datore O della recezione implicita o esplicita del c.c. Nb. La prova non è necessaria quando il dibattito tra le parti si è svolto sul presupposto dell’assoggettabilità del rapporto al contratto collettivo. La mancata contestazione del datore viene vista come adesione tacita o come prova in re dell adesione stessa. b) La giurisprudenza ritiene inoltre che il datore di lavoro iscritto è tenuto ad applicare il contratto collettivo ANCHE AI LAVORATORI NON ISCRITTI, non potendo impedire che essi manifestino la volontà di conformare ad esso il contratto di lavoro individuale. L’imprenditore che si associa infatti è consapevole del fatto che i contratti collettivi rivelano la chiara intenzione delle parti contraenti di considerarli come norma generale di disciplina dei rapporti di lavoro,e in quanto tali aperti alla generalità dei dipendenti. Se infatti i dipendenti possono acquisire titolo all applicazione del contratto collettivo, anche dopo l’applicazione, iscrivendosi al sindacato, pare giusto che essi possano acquisire tale titolo anche non iscrivendosi ma con la semplice adesione. In altre parole il datore non fa differenze tra iscritti e non iscritti, l’applicazione del contratto ai soli iscritti finirebbe tra l’altro per favorire la sindacalizzazione degli esclusi. c) Nell’operazione di recupero dell’art.2070 cod.civ. il datore di lavoro deve:  applicare il contratto corrispondente alla propria attività,  e se svolge più attività autonome tra loro deve applicare distinti contratti  o il contratto corrispondente all’attività principale se le altre sono accessorie. Nb. L’art.2070 sopravvive alla caduta dell’ordinamento corporativo. Le ragioni vanno ricercate nel fatto che tale articolo non è vincolato all’ordinamento corporativo, ma risponde a esigenze dell’azione sindacale e della disciplina di categoria. Detta insomma una disciplina di natura pubblicistica inderogabile dalla volontà delle parti. Si noti che: dapprima La Cassazione giudicò tale art compatibile con la libertà di organizzazione sindacale, in quanto suscettibile di essere agganciato alle categorie risultanti dalla spontanea organizzazione sindacale e dall autonomia collettiva. Poi,Agli inizi degli anni ’90 la Cassazione dichiarò l’incompatibilità tra il principio di libertà sindacale di cui all’art.39 1°comma Cost. ed il criterio di appartenenza alla categoria imprenditoriale fissato dall’art.2070 cod.civ. Nell applicare il contratto collettivo non si può prescindere dal dato dell’affiliazione sindacale, il 2070 risulta compatibile con il regime privatistico del contratto collettivo a condizione che gli si attribuisca una mera funzione di supplenza, quella cioè di orientare l’interpretazione quando il contratto individuale fa un generico rinvio al contratto collettivo e occorre perciò individuare quale contratto le parti intendono richiamare nel caso in cui il datore svolga più attività. Datore e lavoratore possono accordarsi per l’applicazione di un contratto diverso da quello corrispondente all’attività del datore, salvo che ciò comporti un trattamento di sfavore in capo al lavoratore. In tal caso trova applicazione l art 36 cost. d) A partire dalla metà degli anni ’50,la giurisprudenza è andata applicando, sia pure indirettamente, i minimi tariffari del contratto collettivo anche ai rapporti di lavoro con imprenditori non iscritti alle organizzazioni stipulanti. L’orientamento è stato fondato:  sull’art.36 Cost., che garantisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e alla quantità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Si guarda quindi ai minimi tariffari.  Sull art 2099 cc. Che stabilisce che in mancanza di norme corporative e di accordi tra le parti le retribuzione è determinata dal giudice. In tal caso i minimi tariffari fanno da riferimento, pur non essendo vincolanti. Dalla fine degli anni ’40 si sono succeduti vari interventi legislativi, volti ad operare una dilatazione dell’ambito di applicazione dei contratti collettivi di diritto comune. 1. La consacrazione dell’efficacia generalizzata dei contratti collettivi è stata in un primo momento ravvisata in quelle disposizioni che sanciscono l’obbligo del datore di lavoro di osservare le norme dei contratti collettivi e di retribuire il prestatore in conformità alle tariffe in essi contenute. 2. L’intervento più importante è verso la fine degli anni ’50,quando il legislatore, acquisita l’impraticabilità di una norma attuativa dell’art.39 Cost., tentò di condurre diversamente a soluzione definitiva il problema dell’efficacia generale dei contratti collettivi. L 741/1959 e l 1027/1960 Il parlamento delegò il governo ad emanare decreti aventi ad oggetto i contratti collettivi fino ad allora stipulati. 3. Seguirono soluzioni parziali e settoriali come l’art 36 dello st.lav. obbligo per le amministrazioni dello stato e degli enti pubblici di inserire nei provvedimenti di concessione dei benefici una clausola determinante l’obbligo per il beneficiario di applicare nei confronti dei lavoratori condizioni di trattamento non inferiori a quelle risultanti dai c.coll. della categoria o della zona. La violazione di tale obbligo da parte del datore porta alla revoca del beneficio. ( è simile allo schema della stipulazione a favore di terzi). La violazione dell obbligo da parte della PA secondo alcuni consente un’azione risarcitoria. 4. Si veda anche l art 10 della l 30/2003 5. E gli interventi in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali che condizionano la fruizione del relativo beneficio alla circostanza che l’impresa assicuri ai propri dipendenti trattamenti non inferiori ai minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. 6. Infine si guardi ai contratti collettivi cd di riallineamento. Nelle aree insufficientemente sviluppate il ministro del lavoro può disporre la sospensione della condizione dell osservanza dei contratti collettivi. L’AMBITO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO DI LIVELLO AZIENDALE. IL CONTRATTO COLLETTIVO GESTIONALE E LA TEORIA DELLA PROCEDIMENTALIZZAZIONE E’ sul piano della contrattazione aziendale che negli ultimi anni si è registrata una serie di interventi legislativi, diretti ad attribuire efficacia generale ( erga omnes) agli atti di autonomia collettiva. Un tempo inteso come atto individuale plurimo, oggi il contratto collettivo è atto di autonomia negoziale, con efficacia normativa generale sia pur limitatamente ad una sola azienda. Proprio per tale sua natura Vi sono state denunce di tensione rispetto alla seconda parte dell art 39 cost e sollecitazioni di revisione della norma fondamentale. Non sembra comunque fino ad oggi possibile registrare interventi legislativi che abbiano attribuito in modo diretto efficacia normativa generale ai contrati aziendali, anche se più di una volta ne hanno favorito l’espansione a tutti i lavoratori dell’azienda. Si pensi:  alla disciplina legislativa in materia di riduzione concordata dell orario di lavoro  Ai cd contratti di solidarietà Che si distinguono in: o quelli del primo tipo: volti ad evitare la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale o quelli del secondo tipo: diretti a incrementare gli organici. Il contratto aziendale non ha sempre una funzione normativa, anzi spesso assume una funzione gestionale,nel senso che si occupa di gestire situazioni di crisi in occasione delle quali può farsi veicolo di distribuzione di sacrifici. l’accordo sindacale in questi casi non spiega i suoi effetti sul rapporto di lavoro ma è una fase del procedimento che il datore deve seguire per esercitare il proprio potere. L’effetto erga omnes, quindi, discende dall’atto del datore di lavoro che esercita i suoi poteri imprenditoriali e non dall’accordo sindacale gestionale che è solo un tramite per l’esercizio di quei poteri. Il ruolo dell accordo come fase, come tramite, è evidente alla luce degli accordi di determinazione delle prestazioni indispensabili nel settore dei servizi pubblici essenziali. La corte costituzionale ha a riguardo affermato come tali accordi siano un momento di un procedimento atto a realizzare le regole dettate dalla legge. la teoria dell’incorporazione vedeva un assorbimento del contenuto del contratto collettivo nel contenuto del contratto individuale. Un’altra teoria invece pose l’accento sugli effetti e non sul contenuto. Ma si può prescindere da tali problemi in quando sia che incida sul contenuto che sugli effetti non cambia nulla. Bisogna fermare l’attenzione sui caratteri dell’inderogabilità, cioè sulle modalità del raffronto tra disciplina collettiva ed individuale. →Anzitutto va precisato che l’inderogabilità non è assoluta giacchè opera SOLO A VANTAGGIO e non a danno del lavoratore. Gli interpreti infatti considerano le norme della legislazione in materia di lavoro: inderogabili in peius, perché rivolte a porre una disciplina minimale di protezione del lavoratore, e derogabili in melius. La derogabilità in melius si ricava dal testo del 2077cc. Il raffronto tra legge ed autonomia privata è correntemente operato con riferimento a singole clausole. Le clausole del contratto individuale di contenuto peggiorativo sono sostituite dalla disciplina legale, e non trovano compensazione con il contenuto eventualmente migliorativo di altre clausole dello stesso contratto. Cd criterio del cumulo. Il raffronto tra il contratto collettivo e quello individuale viene fatto facendo riferimento all insieme di clausole che formano un istituto. Questo per via delle cd clausole di inscindibilità. In tal caso si applica il cd criterio del conglobamento: non si cumula disciplina contrattuale e deroghe migliorative e si fa comepnsazione tra deroghe migliorative e peggiorative. Non hanno avuto fortuna i tentativi di operare il raffronto tra l’intera disciplina del contratto collettivo e l’intera disciplina del contratto individuale; tuttavia la giurisprudenza si è orientata nel senso di ricondurre ad un unico istituto l’intero trattamento economico. Dal 2077 si desume il principio del riassorbimento salariale, al sopraggiungere di una nuova disciplina collettiva restano valide cioè le sole clausole individuali che contengono condizioni speciali ( cioè pattuite intuitu personae) più favorevoli al lavoratore. CONTRATTO COLLETTIVO E LEGGE Il contratto collettivo,al pari di quello individuale,deve ritenersi gerarchicamente subordinato alla legge. Si tratta di due fonti che l’art. 2113 considera entrambe inderogabili, tuttavia si deve ritenere che il contratto collettivo non possa derogare la legge, a meno che non introduca discipline più favorevoli; in altre parole il legislatore costituzionale,pur valorizzando l’autonomia sindacale, ha affidato anzitutto al legislatore ordinario il compito di provvedere alla tutela (minima) del lavoratore. La legge costituisce per l’autonomia collettiva un limite invalicabile a sfavore del lavoratore, e valicabile invece a suo vantaggio. In altre parole la norma di legge è inderogabile in peius e derogabile in melius dal contratto collettivo Abbiamo già detto che il raffronto viene fatto alla luce delle singole clausole, quindi nullità e sostituzione automatica. Ma è da tale raffronto che emerge il fatto che spesso il contenuto del precetto legale può essere correttamente individuato solo tramite il contratto collettivo stesso. L’intreccio legge- contratto collettivo è cioè oggi assai complesso ed articolato rispetto al classico schema,che però continua ad essere l’archetipo del diritto del lavoro. Infatti: Sono oggi numerose le ipotesi di cd deregolazione controllata: ipotesi in cui il legislatore utilizza la contrattazione collettiva come veicolo di attenuazione della propria stessa rigidità, attribuendole il poter di derogare in peius o, forse più propriamente, affidandole il compito di individuare o modificare il precetto legale. Un esempio evidente si ha con la l. 91/1977 in materia di indennità di contingenza. l’indennità di contingenza è un elemento della retribuzione che ha il compito di adeguare la retribuzione alla variazione del costo della vita. L’indennità di contingenza è stata introdotta in Italia nell’immediato dopoguerra ad opera della contrattazione collettiva. Nel 1959 la disciplina collettiva vigente è stata recepita in diversi decreti aventi efficacia di legge che ne hanno esteso l’efficacia a tutti i rapporti di lavoro nell’ambito di ciascuna categoria, anche al di fuori del campo di applicazione del contratto collettivo (efficacia erga omnes). Un'altra osservazione va fatta circa la legislazione sul costo del lavoro, con tale legge infatti è stata sancita l’inderogabilità in melius ad opera dell’autonomia collettiva di una normativa legale. Il legislatore ha cioè qualificato il proprio intervento come diretto non già a fissare un minimo ma un massimo di disciplina del rapporto di lavoro. La Corte Costituzionale ha emanato in materia numerose sentenze. Sent 141/1980 : escluso il conflitto tra la normativa dei sindacati e l’attività legislativa del parlamento. Sent. 34/1985: al legislatore deve essere riconosciuta la potestà di porre limiti inderogabili alla contrattazione collettiva nel perseguimento di finalità di carattere pubblico, trascendenti l’ambito nel quale si colloca per la Costituzione la libertà di organizzazione sindacale e la corrispondente autonomia negoziale,tutelate dall’art.39 Cost. A maggior ragione tale potere deve essere riconosciuto al legislatore in caso di accordi triangolari,che vedono il Governo assumere una serie di impegni politici,spesso rilevanti,e che pur non contrastando la Costituzione non rientrano nel quadro tipizzato dall’art.39,dal momento che le organizzazioni sindacali non sono staccate dagli organi del governo ma cooperanti con esso. Sent 697/1988: circa la l 91/1977 è esclusa la sussistenza di una riserva legislativa a favore dei sindacati. Sent 124/1991: entro le linee giuda tracciate dalla legge le parti sociali devono essere lasciate libere di determinare la misura dell indicizzazione e gli elementi retributivi sui quali incide. L’EFFICACIA NEL TEMPO DEL CONTRATTO COLLETTIVO Le procedure dei contratti collettivi sono state formalizzate solo dal Protocollo del 23 luglio 1993,che prevede relativamente al contratto nazionale di categoria una durata di:  quattro anni per la parte normativa,  di due anni per la parte economica. Quando scade il termine apposto dalle parti stipulanti, il contratto perde la sua efficacia e da quel momento cessa di conformare il contenuto dei rapporti individuali. Tre mesi prima della scadenza,le organizzazioni dei datori e dei lavoratori si incontrano per avviare le trattative per il rinnovo. tuttavia non è raro che la trattativa si prolunghi oltre il termine fisiologico. Il protocollo del 1993 ha introdotto, per la parte economica, l’istituto dell’indennità di vacanza contrattuale, ovvero un automatismo di secondo grado appositamente finalizzato a disincentivare ritardi e a proteggere temporaneamente i lavoratori L’ULTRATTIVITA’: la giurisprudenza nega l’applicabilità al contratto collettivo della teoria dell’ultrattività del contratto corporativo, prevista dall’art.2074 cod.civ. Ma le conseguenze dell applicabilità del diritto comune sarebbero tuttavia molto gravi, per tal ragione Sono gli stessi contratti collettivi a correre ai ripari mediante l’espressa previsione della propria ultrattività. L’ultrattività è cioè ammessa solo se previsto dallo stesso contratto. LA RETROATTIVITA’: la giurisprudenza ritiene inapplicabile al contratto di diritto comune anche il 2°comma dell’art.11 disp.prel.cod.civ.,secondo cui i “contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purchè non preceda quella della stipulazione”. Ammette quindi che il contratto collettivo possa avere efficacia retroattiva, soprattutto circa la retrodatazione dei benefici economici. Quindi ammette una retroattività in bonam partem. Anzi si giunge a ritenere che di tali benefici possono giovarsi anche quei lavoratori il cui rapporto sia cessato anteriormente alla stipulazione del contratto collettivo. Per la giurisprudenza inoltre il contratto collettivo può disporre retroattivamente anche in “malam partem” cioè a danno del lavoratore. Con il solo limite dei diritti quesiti, quelli cioè che sono già entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore, per effetto della precedente disciplina. Di “diritto quesito” si può propriamente parlare solo in caso di successione di leggi,e non in caso di successione di diverse regolamentazioni contrattuali di uno stesso rapporto. Diritto quesito in sostanza è solo ciò che è già entrato nel patrimonio del lavoratore per effetto della precedente disciplina. Si può quindi affermare che alla Suprema Corte non si può chiedere di fornire l’esatta interpretazione del contratto collettivo, bensì di controllare il procedimento ermeneutico seguito dal giudice di merito. c) Il contratto collettivo deve essere portato in giudizio dalla parte che lo invoca, non potendo trovare applicazione il principio secondo cui il giudice ha diretta conoscenza dei testi di legge. Cd principio della domanda – il giudice non può fondare la decisione su fatti non allegati dalle parti, es il giudice non può applicare d’ufficio una clausola contrattuale che la parte non ha invocato a fondamento della propria domanda. Il giudice però può svolgere una funzione di supplenza,e richiedere alle associazioni sindacali il testo del contratto, di categoria o aziendale, applicabile al rapporto controverso. d) No applicazione analogica delle clausole. Le clausole del contratto collettivo non sono applicabili in via analogica, o né al di fuori dell’ambito di efficacia del contratto stesso, per colmare eventuali lacune del testo contrattuale che regola il rapporto controverso; o né all’interno di ciascun contratto per estenderne le clausole al di là dei casi previsti espressamente. e) Secondo la giurisprudenza,il principio di eguaglianza sancito dall’art.3 Cost.,in quanto inapplicabile ai rapporti tra privati, è inoperante nei confronti dell’autonomia collettiva. Né sono rinvenibili altre norme, costituzionali od ordinarie, che consentano di fondare un principio generale di parità di trattamento. Quindi il contratto collettivo, nel settore privato, può in linea di massima disciplinare diversamente posizioni di lavoro uguali o analoghe, salvi naturalmente i limiti derivanti da divieti espressamente posti dal legislatore. Unico spiraglio resta il riferimento alla parità di trattamento come criterio ermeneutico di interpretazione. Diversamente avviene nel settore pubblico dove l art 97 cost e l art 42 dlgs 165/2001 obbligano la PA di assicurare ai dipendenti parità di trattamento contrattuale. f) La giurisprudenza ha a lungo negato la possibilità di recedere unilateralmente dal contratto collettivo, giungendo solo di recente a mutare avviso. Ora la Cassazione prevede, per il contratto collettivo a tempo indeterminato, che la mancata applicazione del termine non implica che gli effetti del contratto perdurino nel tempo senza limiti, dovendosi pur sempre consentire il recesso anche in assenza di esplicita disposizione in tal senso. Si deve in altre parole ammettere sempre la facoltà di recesso in quanto rispondente all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo. Nb. Per i contratti collettivi con termine di scadenza opera la cd disdetta. g) libertà di forma. Per quanto riguarda la forma del contratto collettivo,data l’assenza di qualsiasi disposizione in proposito,deve ritenersi vigente il principio generale della libertà della forma, come ribadito dalle sez unite della Cassazione. ( prima si riteneva fosse necessaria la forma scritta ad substantiam) L’EFFICACIA “OBBLIGATORIA” DEL CONTRATTO COLLETTIVO Prima di analizzare gli altri tipi di contratto collettivo,bisogna fermare l’attenzione sulla problematica dell’efficacia obbligatoria del contratto collettivo nei confronti degli stessi soggetti che lo stipulano,sindacati,organizzazioni imprenditoriali e singoli imprenditori. 1. Occorre chiedersi se effetti obbligatori in capo alle singole parti discendano o meno già dalla parte cd normativa 2. occorre considerare la cd parte obbligatoria del contratto, quella costituita dalle clausole rivolte agli stipulanti e che generano obblighi in apo ad essi. La nostra dottrina,come quella tedesca,fa discendere dalla stipulazione del contratto collettivo il c.d. DOVERE DI INFLUENZA: il dovere cioè di influire sugli associati affinché osservino la parte normativa del contratto stesso. Si noti che:  Un tale dovere non sembra sorgere in capo al sindacato dei lavoratori. Il contratto collettivo assolve infatti alla funzione di dettare una disciplina minima circa il contratto individuale, quest’ultimo può derogare in melius il contratto collettivo e il singolo lavoratore può liberamente chiedere e negoziare condizioni di miglior favore.  Tale dovere sembra invece configurabile in capo al sindacato dei datori di lavoro. Ma si tratta di un dovere dai caratteri più politici che giuridici, difficili sono infatti le sanzioni dal punto di vista risarcitorio in caso di inosservanza. Nb. La rilevanza anche politica di tale dovere è stata ridimensionata dal momento in cui la dottrina ha abbandonato lo schema della rappresentanza bilaterale preferendo la teoria secondo cui solo il sindacato dei datori stipula il contratto in nome e per conto dei suoi associati mentre quello dei lavoratori opera in forza di un potere proprio ed autonomo diverso da quello dei singoli membri. Secondo una parte della dottrina in capo a ciascun datore sorge un obbligo di osservanza del contratto nei confronti del sindacato dei lavoratori e la violazione renderebbe operabile l art 28 st lav. 3. Occorre domandarsi se il sindacato dei lavoratori debba ritenersi vincolato al contratto collettivo per tutta la sua durata,in dipendenza della stipulazione stessa, con conseguente configurabilità a proprio carico del c.d. obbligo implicito di pace sindacale: l’obbligo cioè di astenersi dal promuovere scioperi finalizzati a conseguire una revisione della disciplina concordata. Secondo una tesi diffusa in dottrina, deve escludersi che stipulando il contratto collettivo il sindacato dei lavoratori intenda assumere e di fatto assuma impegni per il futuro, anche se parte della dottrina ritiene inaccettabile la concezione del contratto collettivo come unilateralmente vincolante (cioè impegnativo solo per il sindacato dei datori di lavoro). Se fosse unilateralmente vincolante sarebbe incompatibile con la struttura sinallagmatica postulata per il contratto, quindi anche quello collettivo, dai principi generali dell’ordinamento. In ogni caso, il dovere di non rimettere in discussione,prima della scadenza del contratto, la disciplina concordata sarebbe configurabile solo in capo alle organizzazioni sindacali stipulanti. 4. Il problema si pone riguardo al c.d. obbligo esplicito di pace sindacale,cioè all’eventuale impegno di tregua pattuito esplicitamente. In dottrina si è fatta distinzione tra:  obbligo relativo di tregua: concernente solo le materie compiutamente regolate dal contratto  obbligo assoluto di tregua,esteso alle materie rimaste estranee al contratto. La suprema corte, riguardo alla clausola inserita in un contratto stipulato con la commissione interna, ha affermato la validità della clausola,la sua efficacia nei confronti dei singoli lavoratori e la sua legittimità come espressione del diritto di sciopero. Nb, Le clausole comunemente inserite nei contratti di categoria dal ’62-’63 non possono essere lette negli stessi termini: In esse infatti l’impegno di tregua appare riferito solo al sindacato. Si è arrivati a concludere che al limite derivante dal contratto di categoria nel regime di diritto comune non può essere riconosciuta natura reale e quindi dalla sua violazione non discende l’invalidità delle clausole che lo violano. L’attenzione marginale di dottrina e giurisprudenza circa le clausole di pace sindacale può trovare due ordini di spiegazioni: 1. Le costanti disapplicazioni delle clausole di pace e le vicende dell’”autunno caldo” hanno fatto ben presto dubitare che le clausole di pace sindacale siano dotate di efficacia di tipo obbligatorio. 2. La questione dei limiti dell’impegno di pace ha risvolti più propriamente politici che giuridici. Un tentativo di valorizzare l’obbligo di pace si ebbe con l’accordo stipulato tra governo e parti sociali con il Protocollo del 23 luglio 1993,che  introduce un obbligo esplicito di tregua per il periodo di rinnovo del contratto (periodo di 4 mesi). Durante tale “tregua” le parti non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette. In caso di violazione di tale obbligo di tregua il protocollo prevede una sanzione economica che prevede l’anticipazione o lo slittamento di tre mesi del termine da cui decorre l’indennità di vacanza contrattuale. L’introduzione di una sanzione economica a presidio di una clausola di tregua rappresenta una perché altrimenti risulterebbe violata la regola costituzionale che garantisce la libertà di organizzazione sindacale. b)un’importante questione interpretativa attiene alla natura dei contratti collettivi recepiti e dei relativi decreti delegati. La giurisprudenza, dando prevalenza al dato “sostanziale” del contenuto (un contratto) rispetto al dato “formale” (un decreto),ha affermato che “l’estensione erga omnes dell’obbligatorietà del contratto collettivo lascia immutata la natura propria dei patti contrattuali estesi e non vale come diretta legiferazione”. Quindi: o il contratto recepito dev’essere allegato e prodotto in giudizio da chi lo invoca o non è soggetto all egualianza di cui all art 3 cost o il contrasto tra le sue clausole e la cost può essere rilevato direttamente dal giudice ordinario, soprattutto il contrasto con l art 36 cost. nb. la giurisprudenza tuttavia continua a considerare i contratti collettivi come atti aventi forza di legge e quindi ritiene applicabile l art 12 delle disp prel cc. Secondo tale teoria l’interpretazione fatta dal giudice di merito è direttamente censurabile in cassazione per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto. b) circa il rapporto tra i decreti e contratti collettivi successivi inizialmente la giurisprudenza ha fatto un’uso rigoroso dell art 7 cm 3 della l 741 secondo cui alle norme contenute nei decreti si può derogare, sia con accordi collettivi che con accordi individuali SOLO A FAVORE dei lavoratori. In seguito si è andata invece manifestando la tendenza a negare,anche sotto questo profilo,che l’estensione erga omnes abbia mutato la natura precettiva de contratti. Il raffronto viene pertanto fatto secondo la disciplina complessiva di ciascun istituto o facendo riferimento al contenuto globale ( non alle singole clausole). L’argomento si fonda sul fatto che i contratti collettivi che si succedono sono in genere sempre più favorevoli per i lavoratori. CONTRATTO COLLETTIVO E USI AZIENDALI. Bisogna infine analizzare le correlazioni tra il contratto collettivo e i c.d. usi aziendali, USI AZIENDALI: sono i comportamenti tenuti di fatto dal datore di lavoro con apprezzabile continuità o reiterazione nei riguardi dell’intero personale o di settori dello stesso. Qualora si intendessero gli usi aziendali come usi “normativi” si dovrebbe riconoscere ad essi un rango sovraordinato rispetto ai contratti e dire quanto si è detto circa il rapporto tra legge e contratto collettivo. Tuttavia La giurisprudenza ha dovuto prendere atto che ben difficilmente una prassi aziendale può rispondere ai requisiti,assai rigorosi, dell’uso normativo, per il quale si richiede tradizionalmente una pratica uniforme e costante,tenuta per lungo tempo dalla generalità degli interessati nella convinzione che essa sia obbligatoria in quanto conforme ad una regola giuridica. In altre parole la giurisprudenza ha escluso che si possa trattare di usi normativi. Ha preferito intendere i comportamenti tenuti dal datore di lavoro nei confronti di tutti i propri dipendenti o d’una cerchia di essi come c.d. “USI CONTRATTUALI” ed ha spiegato la loro efficacia sui rapporti di lavoro riguardandoli come proposte contrattuali ai singoli lavoratori da questi tacitamente accettate, come clausole d’uso a sensi degli art 1340 1368 cc. E’ così divenuta ricorrente la tesi che gli usi si iscrivono nei contratti di lavoro alla stregua dei patti individuali, e quindi:  per un verso possono derogare solo in melius ai contratti collettivi  per un altro verso rimangono insensibili alle modificazioni delle pattuizioni collettive anche aziendali tale ricostruzione è tuttavia un po’ fragile, sia per il fatto che secondo l opinione tradizionale le clausole d’uso dovrebbero avere gli stessi requisiti degli usi normativi sia per il fatto che faticano a produrre effetti nei confronti dei lavoratori assunti dopo la formazione della prassi. La suprema corte di recente ha posto l’accento sugli effetti collettivi degli usi aziendali, affermando che essi debbono essere intesi come elementi integrativi del patto aziendale o tuttalpiù come patto autonomo, quindi agendo sui rapporti individuali nello stesso modo di un contratto collettivo aziendale. Tale lettura ammette una derogabilità anche in senso peggiorativo. CAPITOLO DECIMO IL CONTRATTO COLLETTIVO NEL PUBBLICO IMPIEGO Possiamo distinguere più fasi. 1. inizi degli anni 60: il trattamento economico e normativo del pubblico impiego era fissato per legge o per regolamento,in via esclusiva. Il panorama sindacale era contraddistinto dalla diffusa ed influente presenza dei sindacati “autonomi”,mentre i sindacati aderenti alle grandi confederazioni apparivano da esse scollati e tra sé divisi. 2. Anni 70: ha inizio il processo di sindacalizzazione: l’intervento sulle condizioni di lavo e superamento delle sperequazioni. 3. Fine anni 70: prese avvio anche il processo di istituzionalizzazione sul piano legislativo della contrattazione nei diversi settori del pubblico impiego (Stato,sanità,enti locali,ecc.). momento importante fu la legge quadro sul pubblico impiego, n 93 del 1983. L’innovazione più significativa consisteva nell’introduzione di una disciplina della contrattazione collettiva secondo un MODELLO UNITARIO valido per tutto l’impiego pubblico,al posto delle diversificate discipline del decennio precedente. Diversamente dallo Statuto dei lavoratori,che per il settore privato si limita a promuovere l’attività sindacale nei luoghi di lavoro senza regolarla e senza disciplinare la contrattazione collettiva, la legge n.93 riconosceva e regolava i principali assetti sia dell’azione sindacale sia della contrattazione. Di questa disciplinava 1. gli ambiti (i settori), 2. gli attori, 3. i contenuti, 4. i livelli 5. l’efficacia. NB. È un’efficacia mediata secondo un atto di autorità: gli atti sindacali erano infatti il presupposto per l emanazione di un successivo decreto di recezione. 4. Sul finire degli anni ’80 però si verifica fallimento precoce della legge quadro. Le cause erano numerose: la concorrenza sfrenata delle fonti, la valenza più politica che sindacale della contrattazione, i ritardi nelle recezioni in decreti e l agnosticismo della giurisprudenza amministrativa. 5. Dalla presa d’atto dell’impossibilità di rivitalizzare in qualche modo il precedente sistema, comincia la storia della c.d. PRIVATIZZAZIONE ossia la liberazione del pubblico impiego dalle secche eteroregolamentazioni e la sua riconduzione al diritto privato. decreto legislativo n.29 1993 titolato: “razionalizzazione dell organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego”. si presenta anzitutto come intervento sulle fonti.  Da un lato viene modificato l’atto posto alla base del rapporto di impiego,che è ora il contratto ( e non più il provvedimento di nomina unilaterale da parte della pa)  dall’altro, al contratto collettivo viene restituito il ruolo di fonte immediata di disciplina del rapporto, con pieno superamento della prospettiva per cui l’accordo sindacale non poteva considerarsi niente di più che una tappa del procedimento di formazione dell’atto amministrativo di recezione.  L’Agenzia non è sottoposta alla vigilanza della Previdenza del Consiglio e gli unici controlli sulla sua attività sono effettuati dalla Corte dei Conti,sulla gestione finanziaria.  l’Agenzia non è un mero organismo tecnico sottoposto alle direttive del governo ( cui spettava anche l autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi) ma si colloca al centro di un sistema più articolato,nel quale il potere di impartire direttive per l’azione contrattuale è stato mutato in potere di indirizzo e trasferito dal Governo ai c.d. Comitati di settore, organi espressi dalle forme associative delle singole amministrazioni e degli enti rispettivamente interessati. L’altro soggetto della contrattazione è il Sindacato Rappresentativo. A riguardo il dlgs 396 del 1197 ha definito oggettivi criteri della rappresentatività. L art 43 dlgs 165/2001 stabilisce che sono rappresentative quelle organizzazioni sindacali che hanno una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando la media tra dato associativo ed elettorale. ( la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe setta all aran) le Confederazioni sindacali, sono ammesse alla contrattazione di comparto non più in quanto in sé rappresentative ma solo se affiliano un sindacato rappresentativo nel comparto o nell’area. OGGETTI La centralità del ruolo assegnato alla contrattazione collettiva è evidente alla luce dell art 40 dlgs 165/2001, ai sensi del quale: La contrattazione collettiva ha una competenza generale,potendosi svolgere su “tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni sindacali”. Il trattamento economico continua ad essere la materia tipica affidata alla contrattazione.  L art 45 attribuisce ai contratti collettivi il compito di disciplinare sia il trattamento economico fondamentale ( cioè gli assegni fissi) sia i trattamenti accessori.  Il contratto collettivo inoltre toglie efficacia a norme di legge che prevedono trattamenti economici non previsti dal precedente contratto. PROCEDURA ED EFFICACIA Dapprima Gli accordi collettivi nel pubblico impiego acquistavano efficacia sui rapporti di lavoro non direttamente,ma solo per il tramite di un atto di autorità. Un’ inversione di tendenza si ebbe con il dlgs 165/2001; il modello contrattuale non è più quello compromissorio ma diviene quello della contrattazione collettiva di diritto comune. Ciò significa efficacia immediata, seppur con qualche tratto di specificità rispetto alla disciplina di riferimento. La procedura: 1. fase preventiva, momento in cui vengono impartiti gli atti di indirizzo da parte dei comitati di settore delle PA e momento in cui il ministro del tesoro determina le disponibilità finanziarie destinate alla contrattazione. 2. Fase della trattativa 3. Fase di perfezionamento del contratto. 4. Nb. Prima era richiesta l’autorizzazione del governo a sottoscrivere il contratto, oggi è necessario e sufficiente il parere favorevole del comitato di settore, parere che sarà vincolante per l’Aran. Nb. Il parere deve essere presentato entro 5 giorni dal perfezionamento del contratto, 5. entro il giorno successivo al parere l’Aran dovrà presentare la quantificazione dei costi contrattuali, soggetta a controllo da parte della corte dei Conti. 6. Due ipotesi/ tipi di pronuncia della corte dei conti: Se la pronuncia è positiva o v’è silenzio assenso ( decorre il termine di 15 g senza che la corte dei conti si sia pronunciata) il presidente dell Aran sottoscrive il contratto collettivo, previa verifica che sussista il consenso delle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 51% della media tra dato associativo e dato elettorale o il 60% del dato elettorale. Se la pronuncia è negativa, l’Aran dovrà o tentare un adeguamento della quantificazione dei costi o riaprire le trattative al ribasso con le organizzazioni sindacali. 7. Pubblicazione del contratto nella G.uff. NB. L’intera procedura di negoziazione deve concludersi entro e non oltre 40 g dall’ipotesi di accordo EFFICACIA Principio maggioritario: i contratti collettivi di comparto o di area possono essere stipulato solo se i sindacati consenzienti rappresentano il 51% della media tra dato associativo ed elettorale o il 60% del dato elettorale. AMBITO: Il contratto pubblico privatizzato,pur se tipico o speciale,non sfugge ai problemi del contratto collettivo di diritto comune,la cui efficacia è formalmente limitata ai datori e lavoratori rappresentanti al tavolo delle trattative. Investita della questione di compatibilità tra il nuovo assetto della contrattazione collettiva nel pubblico impiego e l’art 39 cost la corte costituzionale ha cercato la soluzione all interno del dlgs 165/2001. Così L’efficacia erga omnes del contratto collettivo risulta assicurato in forza:  della previsione che assegna all’Agenzia la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni;  della previsione che vincola le pubbliche amministrazioni a garantire ai propri dipendenti “parità di trattamento contrattuali e comunque trattamenti non inferiori a quelli prescritti dai contratti collettivi”  della previsione che le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrative. Nb. L’efficacia generale al contratto collettivo è riconosciuta quindi solo in via indiretta. Nb. Il contratto collettivo diventa positivamente applicabile a tutti i lavoratori per il tramite della clausola di rinvio necessariamente contenuta nel contratto individuale che viene sottoscritto al momento della costituzione del rapporto. TIPO: Altro versante problematico è quello che riguarda il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale. (Nel privato tale questione trova soluzione nel senso che il contratto collettivo è inderogabile in peius dal contratto individuale e le eventuali disposizioni difformi vengono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo.Per contro il contratto individuale può derogare in melius il contratto collettivo.) Nel settore del lavoro pubblico si assiste ad un capovolgimento: il profilo della inderogabilità in peius non risulta affatto posto in discussione, è tuttora oggetto di dibattito la questione della derogabilità in melius del contratto collettivo da parte di quello individuale. Due orientamenti si fronteggiano: a) l’uno sostiene l’inderogabilità assoluta o bilaterale del contratto collettivo nei confronti dell’individuale; si tratta di una tesi a lungo prevalente, sostenuta da una serie di disposizioni, ad es l art 45 dlgs 165/2001. b) l’altro riconosce l’esistenza di spazi d’azione per la contrattazione individuale. V riscrittura art 2 cm 3. DISCIPLINA: Proroga e sospensione: art 48 dlgs 165 si tratta di un provvedimento dettato da esigenze di contenimento e controllo della spesa pubblica. Problemi sorgono dal punto di vista tecnico e politico. Interpretazione autentica: Nb. L’intervento della magistratura civile è stato incisivo. Per quanto riguarda quella penale non può dirsi che essa sia stata estranea, o meglio, la è stata circa l’incriminazione dell abbandono in se e per se, ma è intervenuta a tutela di beni penalmente tutelati nei casi in cui fossero lesi da comportamenti contestuali allo sciopero.  La Corte Costituzionale: nella seconda metà degli anni ’50 la Corte Costituzionale entra in attività, e la situazione che le si presenta non è delle più rosee, da un lato v’è la perdurante assenza del Parlamento nel varare una legge attuativa dell’art. 39, comma 2°, e del rinvio di cui all’art. 40, dall altro v’è una diffusa presenza di dottrina e giurisprudenza. La Corte Costituzionale, presa in mano la situazione, assume un ruolo di alta supplenza, ossia: di guida rispetto alla magistratura, di sollecitazione rispetto alla classe politica, di chiarificazione rispetto all’organizzazione sindacale, di influenza rispetto all’opinione pubblica. La corte riapre la questione dei limiti, distinguendo tra quelli desumibili dallo stesso interprete, ossia dal “concetto stesso di sciopero” (“interni”), oppure “dalla necessità di contemperare le esigenze dell’autotutela di categoria con altre discendenti da interessi generali i quali trovano protezione in principi consacrati nella Costituzione (“esterni”). Quando la magistratura penale solleva una questione di legittimità costituzionale relativa agli articoli del c.p. del 1930 dedicati allo sciopero, La corte opta per una soppressione selettiva e parziale. Emana una Serie di sentenze che le permettono di scorporare le norme dalla restante disciplina.  Sentenza di rigetto o pura, che conserva la norma impugnata; o interpretativa, che salva la norma in ragione di una certa interpretazione, peraltro non vincolante;  sentenza di accoglimento, totale o parziale, o “pura”, che cancella tutta o parte della disposizione contestata; o s. di accoglimento parziale manipolativa, che estrapola da tale disposizione un’altra meno estesa, destinata a sopravvivere. Con tali pronunce la disciplina dello sciopero ne esce fortemente modificata, viene recuperato il concetto di sciopero come canale costituzionalmente garantito di aggregazione e come diritto della personalità. v. per quanto attiene ai soggetti: esclusione del diritto di sciopero in capo agli addetti a funzioni o servizi pubblici essenziali. v. per quanto attiene ai fini: esclusione del cd sciopero politico Con l’avvento della legge 146/1990, la Corte si vede privata di una grossa porzione della vecchia disciplina penale.  Il Governo e la pubblica amministrazione: altro protagonista assai importate è stato lo stesso potere esecutivo, nell’influire sul regolamento e soprattutto sull’esercizio effettivo del diritto di sciopero, assumendo le fattezze di  promotore dell’iniziativa legislativa,  condizionatore dell’attività giurisprudenziale,  responsabile della politica dell’ordine pubblico,  datore di lavoro pubblico; si noti che Nel corso del decennio ’90, la legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali e la normativa sulla c.d. privatizzazione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni sanciscono il riconoscimento pieno del diritto di sciopero nel pubblico impiego. nb. l’atteggiamento del Governo è venuto progressivamente mutando: da apertamente repressivo, →a neutrale,→ a promozionale. Nb. Rimane anzi cresce il ricorso del governo alla cd Precettazione: l’autorizzazione ai prefetti di emettere, nei propri ambiti provinciali e intercomunali, ordinanze urgenti in materia di sanità e sicurezza pubblica, sanzionate penalmente.  Le organizzazioni sindacali: significativa anche la stessa autoregolamentazione, nella sua duplice forma: a) unilaterale, o autoregolamentazione in senso stretto posta dalla sola organizzazione sindacale; è in declino nell ambito del lavoro subordinato mentre è diffusa nel lavoro autonomo. b) bilaterale o regolamentazione pattizia convenuta con la contro-parte datoriale; quest’ultima acquista rilevanza in seguito alla l. 146/1990 e alla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, poiché maggiormente indicata per l’individuazione delle prestazioni indispensabili in caso di sciopero effettuato nei servizi pubblici essenziali. Un esempio di tale regolamentazione bilaterale sono le clausole di tregua e di pace sociale. Un problema particolare è rappresentato dagli scioperi nei cd impianti a ciclo continuo. Si tratta infatti di settori o di impianti in cui non può esservi interruzione del lavoro, se non a costo di rischi e danni per persone e macchinari. Le comandate fissano quali o quanti lavoratori devono restare in servizio durante lo sciopero per garantire un funzionamento al minimo tecnico. Esse dovrebbero risultare da accordi bilaterali tra datore e lavoratori, in mancanza di un accordo il datore provvede unilateralmente a fissare i minimi che poi vengono in genere ulteriormente ridotti dai sindacati Nb. L’autoregolamentazione con l al 146/1990 è stata sostituita dalla contrattazione collettiva.  La Commissione di garanzia: organo istituito dalla l. 146/1990, è l’ultimo protagonista della regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali. Interviene nel: Sistema di produzione di Comandi medio tempore, sistema sanzionatorio e della precettazione. Evoluzione del diritto di sciopero in Italia: a) Sciopero prima inteso come fatto straordinario, poi come strumento di garanzia sociale per l’ordinamento intersindacale, infine strumento di influenza e partecipazione nella determinazione della politica nazionale ed aziendale. b) Diversa attitudine verso l’attività interpretativa svolta. c) Nuova definizione della fattispecie “sciopero-fatto” (sciopero visto come fenomeno sociale) e “sciopero-diritto” (lo sciopero visto come diritto). d) Nuova ricostruzione dogmatica del diritto di sciopero. e) Nuova disciplina della titolarità e dell’esercizio del diritto di sciopero. IL DIRITTO DI SCIOPERO E LE ALTRE FORME DI LOTTA Fondamento e natura del diritto di sciopero: non esiste una risposta univoca e definitiva circa nozione e disciplina del diritto di sciopero. è una constatazione di fatto, dato che non è esistita ieri e non esiste oggi una dottrina ed una giurisprudenza unanime. È anche una dichiarazione di metodo data la consapevolezza ormai diffusa dell’impossibilità di poter individuare un’interpretazione onnicomprensiva. Salvo qualche isolato dissenso, l’art. 40 Cost. venne subito considerato immediatamente precettivo: il che vuol dire scomporre quel testo, come se contenesse un duplice disposto: a) il diritto di sciopero è riconosciuto; b) il diritto di sciopero deve essere esercitato nell’ambito delle leggi che lo regolano.  il lavoratore a domicilio  il lavoratore parasubordinato;  inoltre, con la legge n° 83/2000 viene estesa l’applicabilità di alcune regole dello sciopero anche a lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori. Delicata è la posizione degli addetti a funzioni o servizi pubblici essenziali. NON sono sicuramente titolari del diritto di sciopero militari e poliziotti. I modi attuativi: 1. FASE PRELIMINARE non necessaria. costituita:  dalla presentazione e definizione della piattaforma,  dalla richiesta e dall’eventuale apertura di una trattativa,  dalla deliberazione e proclamazione delle lotte; il fatto che tale fase non sia necessaria significa che non v’è alcun obbligo di preavviso, salvo che esso sia previsto dalla legge o da un codice di autoregolamentazione. 2. Fase dello SCIOPERO vero e proprio, ossia “l’abbandono del lavoro” o “l’astensione dal lavoro”; si tratta di un fenomeno multiforme, variante a seconda o della durata può essere ad oltranza(progettato e proseguito fino al successo o al fallimento finale )o a tempo(programmato e condotto per un certo tempo) o dell’estensione può essere generale se esteso all intero paese o all intero settore interessato, categoriale se investe un’intera categoria di lavoratori o aziendale se interessa la sola realtà aziendale- a sua volta questo può essere totale o parziale. o dell’articolazione della lotta. Articolazione significa organizzazione, programmazione spazio temporale dell’astensione collettiva. Due forme meritano attenzione: lo sciopero a singhiozzo brevi interruzioni e riprese lo sciopero a scacchiera alternarsi di interruzioni di lavoratori di determinati reparti. circa lo sciopero articolato possiamo distinguere tre momenti distinti nella giurisprudenza della corte di cassazione: 1. fino a metà degli anni 70 lo sciopero articolato era messo al bando come comportamento illecito, anomalo, assimilabile all’ostruzionismo. L anomalia era dovuta secondo alcuni al fatto che una caratteristica propria dello sciopero fosse il carattere continuato per cui non poteva intendersi come sciopero un abbandono alternato e ad intermittenza. Secondo altri tale tipo di sciopero non dev essere consentito in quanto diversamente dallo sciopero “normale” genera un danno ingiusto ( non un danno giusto). Secondo altri ancora l’esercizio dello sciopero deve attenersi ai doveri di buona fede correttezza collaborazione e diligenza, doveri che non vengono rispettati quando l’abbandono del lavoro è ad intermittenza. 2. Dopo la secondo metà degli anni 70 si inizia ad accettare lo sciopero articolato in quanto il lavoro offerto è proficuo e non genera costi od oneri aggiuntivi per il datore. 3. A partire dagli anni 80 il concetto legale di sciopero finisce per coincidere con quello comune, comprensivo dello stesso sciopero articolato. Non vi sono perciò limiti né nei modi né negli effetti. Gli unici limiti, come par ovvio sono i limiti esterni, quello che assolvono all esigenza di salvaguardare altri diritti di rilevanza costituzionale. Lo stacco, rispetto al periodo precedente, appare assai più netto, anche per via del duplice aspetto alla base del nuovo indirizzo giurisprudenziale: o innanzitutto viene ridisegnato l’ambito dei limiti esterni, con l’introduzione della necessità di tutelare l’impresa come “organizzazione istituzionale”; o in secondo luogo, sopravvive il preesistente indirizzo circa il potere del datore di non accettare e retribuire il lavoro offerto negli intervalli di uno sciopero a singhiozzo, nei reparti volta a volta non coinvolti da uno sciopero a scacchiera, nei tempi di riavvio dell’impianto di lavorazioni a ciclo continuo od integrale interessate da uno sciopero. Il punto di arrivo del cammino intrapreso dalla Corte di Cassazione ripropone il problema dell’ambito del diritto di sciopero; tale ambito appare circoscritto secondo il duplice criterio dei limiti interni e dei limiti esterni; limiti interni: essi possono essere individuati nel significato comune di sciopero, inteso come “astensione dal lavoro”: di conseguenza è esclusa ogni altra forma di lotta, comunque etichettata, che non si esprima con questa astensione, semplice o articolata. In merito ai limiti esterni, invece, bisogna procedere secondo un duplice passaggio: in primo luogo c’è da accertare quale altro diritto costituzionalmente garantito sia sovra-ordinato o pari-ordinato al diritto di sciopero, sì da giustificarne un qualche limite; in secondo luogo c’è da verificare quale limite sia ammissibile, assoluto o relativo, escludente la stessa titolarità od incidente sul solo esercizio, rigido o flessibile; ma quali diritti costituzionalmente garantiti possono essere considerati sovra- ordinati od almeno pari-ordinati, tali da imporre sacrifici od almeno contemperamenti con riguardo agli scioperi? L’individuazione non è facile. 1. Secondo un opinione unanime si tratta dei diritti inerenti alla vita e all’integrità psico-fisica dell’individuo, che non possono essere esposti a rischi o a danni da eventuali abbandoni del lavoro. 2. Secondo altra opinione maggioritaria ma contestata: i diritti relativi alla libertà del singolo dipendente non aderente ad uno sciopero di raggiungere il posto di lavoro o comunque di svolgere il lavoro, nonché alla libertà del singolo imprenditore di disporre degli impianti e dei beni aziendali. 3. Opinione della Corte costituzionale: “i diritti ed i poteri nei quali si esprime direttamente o indirettamente la sovranità popolare”. 4. Opinione della corte di cassazione: dev esser tutelata l’impresa come “organizzazione istituzionale e non gestionale”, cioè la “produttività e non la produzione aziendale”. Nel caso della verifica del sacrificio conseguentemente necessario, è evidente anche qui un certo processo evolutivo, sia per quanto attiene l’accertamento del rischio o del danno relativo all’altro diritto, sia per quanto concerne la determinazione del sacrificio richiesto al diritto di sciopero. Gli scopi: la Corte Costituzionale ha rivestito un ruolo di fondamentale importanza nell’individuazione delle finalità perseguite dallo sciopero. la normativa principale, quella degli art 502 e ss c.p. opera una distinzione di base tra: divieto di sciopero a scopo contrattuale è dettato dallo scopo di premere sul datore di lavoro per ottenere un trattamento migliore o evitarne un peggiore. Sent 29 1960 e divieto di sciopero a scopo non contrattuale sciopero politico, di coazione alla pubblica autorità, di solidarietà e protesta. La Corte percorrerà una linea evolutiva, rilegittimando, in una prima fase, solo lo sciopero contrattuale, poi restituendo, in una seconda fase, sempre maggior vigore anche allo sciopero a scopo non contrattuale. Soffermiamoci sul secondo: la caratteristica principale dello sciopero non contrattuale sta nel fatto che in esso il datore è soggetto passivo dell’astensione, ma non quale destinatario della pretesa così fatta valere.  sent 123/1962.  curmiraggio indiretto interno: i soggetti che vanno a sostituire gli scioperanti sono dipendenti dell’azienda spostati provvisoriamente dal loro normale lavoro. Nb. Va rispettato l art 13 st lav.  curmiraggio indiretto esterno: i soggetti che vanno a sostituire sono lavoratori assunti transitoriamente. Nb dev esser rispettata la disciplina del contratto a termine e del lavoro somministrato. 2 effetti sul rapporto con i dipendenti NON SCIOPERANTI si presentano due questioni: a) la cd prestazione offerta. Il datore può non accettare e non retribuire il lavoro offerto dai suoi dipendenti negli intervalli di uno sciopero a singhiozzo o nei reparti non interessati da uno sciopero a scacchiera. Conditio sine qua non di tale rifiuto è la sussistenza di un motivo legittimo ex art 1206 cc. Motivo legittimo v’è quando lo sciopero rende impossibile impiegare i lavoratori disponibili. Si deve intendere l’impossibilità in senso rigido, come impossibilità assoluta ed oggettiva. b) Il datore può decidere di non accogliere o di non ricompensare il lavoro reso disponibile dai lavoratori che restano estranei allo sciopero. Le altre forme di lotta sindacale: - c.d. sciopero bianco, ossia attuato senza un contestuale abbandono del posto o comunque del luogo di lavoro; - c.d. sciopero dello straordinario, cioè eseguito come rifiuto collettivo di prestare lo straordinario richiesto dal datore di lavoro ai sensi di contratto collettivo. - non collaborazione o ostruzionismo L’attività lavorativa viene rallentata, modificata o ristretta in quanto i dipendenti offrono una prestazione quantitativamente o qualitativamente diversa da quella pretesa dal datore di lavoro. Ciò comporta: riduzione dei ritmi od introduzione di pause maggiori o nuove, inosservanza dei criteri direttivi prefissati, o esecuzione di alcune mansioni primarie, ma non di altre sussidiarie. L’ostruzionismo ha attraversato la fase di maggior sviluppo sul finire del decennio ’70, nel corso della grande stagione rivendicativa, con il ricorso al c.d. blocco o sciopero delle mansioni, ossia il rifiuto collettivo di eseguire certe mansioni considerate inferiori o superiori alle qualifiche e classificazioni attribuite. e al c.d. sciopero del rendimento o del cottimo ossia il rifiuto collettivo di osservare determinate cadenze ritenute eccessive. Nb. In tal caso Si deve considerare la natura delle mansioni e delle cadenze rifiutate, se dovute perché legalmente o contrattualmente previste: il rifiuto è infondato se non dovute: il rifiuto è giustificato.  Cd sciopero pignolo, ossia adempimento del compito prestabilito con un rispetto rigoroso o pedante del regolamento lavorativo;  sciopero alla rovescia, dato dallo svolgimento di un lavoro non richiesto o addirittura vietato dal proprietario o imprenditore;  sciopero virtuale, con destinazione della retribuzione a scopi solidaristici. IL PICCHETTAGGIO consiste nel raggruppamento più o meno folto di lavoratori, dipendenti dell’azienda in sciopero o provenienti da altra azienda, che stazionano vicino o di fronte ai cancelli od agli ingressi per dissuadere, disturbare, bloccare gli eventuali crumiri; Ovviamente i problemi non emergono in caso di picchettaggio. Pacifico: che può essere considerato alla luce dell’art. 21, c. 1° Cost. (libertà di manifestazione del pensiero), ma nel caso di p. violento, variante da una resistenza passiva ad una vera e propria attività violenta. esser considerato alla luce degli art 4 e 39 cm 1 cost. alcuni considerano il picchettaggio come un momento interno e sussidiario dello sciopero, coperto quindi dal riconoscimento ex art 40 cost. nb. La libertà positiva esercitata con il picchettaggio prevale rispetto alla libertà negativa esercitata con il crumiraggio. Ciò significa che è ammessa la cd barriera umana ( condotta volta ed impedire l’entrata dei lavoratori che intendono andare a lavoro) ma non le attività violente realizzate con minacce percosse a danno dei crumiri. Una particolare variante del picchettaggio è costituita dal “blocco delle merci”, la particolarità sta nelle modalità e nell obiettivo. Si tratta del caso in cui, un gruppo di lavoratori, stazionante di fronte ai cancelli od agli ingressi, tende ad evitare specie l’uscita delle merci già prodotte; e tende a far questo perché un’azienda che ne avesse immagazzinate parecchie, in vista dell’astensione dal lavoro o solo in ragione della congiuntura negativa del mercato, potrebbe continuare a soddisfare la domanda della clientela. Secondo la prevalente dottrina tale condotta è legittima solo quando limitata ad un pur deciso confronto verbale. L’ OCCUPAZIONE AZIENDALE forma di lotta costituita dall’entrata e/o permanenza nell’azienda di tutta o parte della forza lavoro ivi occupata, con astensione dall’attività lavorativa, allo scopo di togliere l’iniziativa alla direzione, allorché voglia procedere ad una serrata o ad una riduzione/liquidazione dell’attività produttiva; essa tende a comprendere ma anche a trascendere il cd sciopero bianco in quanto va oltre alla normale durata di una giornata lavorativa. può anche servire a sensibilizzare l’opinione e l’autorità pubblica in presenza di una grave crisi occupazionale. L art 508 cp configura come ipotesi delittuosa l’invasione e l’occupazione di un’altrui azienda effettuata con il solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro. A riguardo, seppur una consistente parte della dottrina ha considerato tale art abrogato o cmq non applicabile, si deve considerare quanto stabilito dalla corte costituzionale Anche per la corte non si tratta di un’ipotesi delittuosa, il permanere in fabbrica durante il normale orario di lavoro o oltre è da considerarsi legittimo e lecito se riconducibile ad un diritto ( quale quello di sciopero) laddove non lo sia sarà un’attività civilmente illecita senza divenire anche una fattispecie penalmente rilevante sanzionata ex art 503 cp. IL BOICOTTAGGIO è un mezzo di lotta di carattere generale. L’art. 507 cod. pen. dichiara punibile chiunque “per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504, 505, mediante propaganda o valendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro, ovvero a non acquistare gli altri prodotti agricoli o industriali.” La corte cost è stata investita della questione di legittimità cost. Sent 84/1969. Secondo la Corte, l’incriminazione del boicottaggio è legittima, salvo il caso in cui Detto ciò si deve considerare La rilevanza civile della serrata. la serrata, quand’anche essa non sia un illecito penale, resta pur sempre un illecito civile, un comportamento in violazione del contratto di lavoro; NB. non pare possibile distinguere fra serrata risolutiva e sospensiva: se il datore di lavoro pensasse di far precedere/seguire la chiusura o interruzione temporanea dell’attività aziendale dal licenziamento collettivo del personale opererebbe in maniera illecita. Se poi il datore ritenesse di procedere alla chiusura o interruzione dell’attività aziendale, senza alcun licenziamento collettivo del personale, allora provocherebbe una sospensione di fatto delle prestazioni lavorative, ma non una sospensione di diritto dei rapporti di lavoro in essere, opererebbe cioè in modo illecito. La violazione consiste dunque nel rifiuto( esplicito od implicito) di ricevere le prestazioni lavorative dei propri dipendenti, È in sostanza un’ipotesi peculiare di mora del creditore, ai sensi dell art 1206 cc: il creditore ( in tal caso datore di lavoro) si rifiuta, senza giustificato motivo , di accettare le prestazioni lavorative dei propri debitori ( lavoratori dipendenti) o cmq non coopera all’effettuazione di tali prestazioni. a prescindere da quel che pur normalmente consegue, cioè il mancato pagamento dei relativi stipendi e salari. Se la si intende in tal modo si deve scartare la qualificazione della serrata come inadempimento, da parte del datore, degli obblighi retributivi. A riguardo si veda l art 6 della legge sull impiego privato Un’attenzione particolare va riservata alla SERRATA DI RITORSIONE: si tratta della reazione del datore a forme di lotta particolarmente incisive per le modalità attuative o per le realtà produttive investite, quali ad esempio gli scioperi articolati e gli scioperi negli impianti a ciclo continuo. Essa è venuta ad assumere una duplice forma:  Risposta ad uno sciopero articolato_ violazione del diritto di sciopero altrui, applicabilità dell art 28 st lav. Salvo si tratti di un ipotesi in cui il danno o il rischio ad un bene costituzionalmente garantito sia evitabile ricorrendo a chiusura o interruzione dell’attività sindacale.  rifiuto del datore di lavoro di accogliere e retribuire il lavoro offerto da personale attualmente non scioperante, in occasione di uno sciopero pur pienamente legittimo. La serrata in tal caso non rappresenta attività antisciopero né mora del creditore qualora il lavoro reso disponibile risultasse non proficuo secondo lo standard normale. LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI Lo sciopero degli addetti a funzioni o servizi pubblici essenziali e dei marittimi nella giurisprudenza costituzionale: Sent 46/1958 , sent di rigetto interpretativa circa l art 333 cp ( l’astensione individuale dal lavoro attuata da dipendenti incaricati di funzioni o di servizi pubblici essenziali) Sent 123/1962 e 31/1969 circa l art 330 cp, abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi servizi o lavori. Sent 222/1976, sent di rigetto interpretativa circa l art 330 cp e 340 cp. Riconoscimento del diritto di sciopero anche in capo a chi effettua servizi pubblici. Si distingue tra i servizi che possono essere sospesi ( compiti non essenziali) e i c.d. servizi pubblici essenziali, che non possono essere sospesi, cosi che consentano la tutela e la salvaguardia degli interessi di quel servizio. (sicurezza pubblica l’assistenza sanitaria, l’erogazione dell’energia elettrica, dei gas, dell’acqua, i trasporti,..) Sent 125/1980 in tema di sostituzione del personale giudiziario in sciopero. Tal esent troverà la sua evoluzione nella l 146/1990 Sent 4/1977 il prefetto e il sindaco possono emettere ordinanze di carattere contigibile ed urgente in materia di sicurezza pubblica, sanità, igiene,.. Una particolare attenzione va riservata anche alle leggi specifiche ed alla cd autoregolamentazione: fino al giugno 1990 la legge non è mai intervenuta, ad eccezione di qualche norma episodica ed isolata, a disciplinare direttamente e puntualmente l’intera materia dello sciopero nei servizi pubblici, od anche solo nei servizi pubblici c.d. essenziali. Unici interventi sono stati quelli in materia di diritto di sciopero per militari e poliziotti, sciopero in impianti “rilevanti” (come quelli nucleari) e degli addetti all’assistenza di volo.  AUTOREGOLAMENTAZIONE: Legge quadro sul pubblico impiego n 93/1983 prevede che agli accordi sindacali del settore pubblico debbano essere allegati i codici di autodisciplina, aventi un contenuto minimo vincolato, ossia un preavviso di 15 g e modalità di svolgimento tali da garantire la continuità delle prestazioni indispensabili così da assicurare il rispetto di valori e diritti costituzionalmente tutelati. Autoregolamentazione significa che le organizzazioni sindacali o gli enti deputati a questi servizi, auto dichiarano di voler rispettare tutta una serie di regole che non sono concordate ma liberamente date all’interno delle predette strutture. Il difetto sta nella Debole efficacia giuridica.  LEGGE 146/1990 (come modificata dalla legge 83/2000) la peculiarità propria della legge 146/1990 è quella di essere costruita e gestita con piena collaborazione delle confederazioni sindacali. È cioè una legge “ concertata”. Quel che si voleva, poi, era una regolamentazione coerente rispetto alla tradizione costituzionale e sindacale quale tradotta nella giurisprudenza della Corte e nella vicenda della autoregolamentazione, cioè escludeva una legge estesa alla stessa titolarità del diritto di scioperi e permetteva solo una legge che rinviasse ampliamente all’autonomia collettiva. Scopo della legge: era quello di realizzare un bilanciamento:  che garantisca titolarità ed esercizio del diritto di sciopero (art. 40 cost.)  che garantisca anche l’esercizio dei diritti pubblici (tanti altri diritti anche più importanti del diritto di sciopero) Stella polare , criterio cardine della l 146 è il CONTEMPERAMENTO: tra l’esercizio del diritto di sciopero e il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. il diritto di sciopero deve essere compresso solo nella misura utile a garantire i servizi facendolo vivere con il godimento dei diritti della persona costituzionalmente tutelati secondo alcuni il contemperamento è la ratio, il fine ultimo perseguito dal legislatore, secondo altri è lo strumento tramite il quale si persegue l’obiettivo della legge 146 ossia il garantire l’effettivo esercizio dei diritti della persona nel loro contenuto essenziale. Campo di applicazione, art 1.  Al cm 1 sono elencati i diritti della persona; diritto alla vita, alla salute, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione.  Al cm 2 sono indicati i servizi pubblici essenziali. Dalla lista tassativa dei diritti della persona si ricava un’elencazione esemplificativa dei servizi medesimi. Alcune osservazioni: non vi possono essere servizi essenziali volti al godimento dei diritti che non siano menzionati nella lista (dei diritti); ma ce ne possono essere che non siano ricompresi nell’elencazione (dei servizi). La selezione dei servizi pubblici essenziali si fonda su un dato oggettivo: l’imprescindibilità del servizio per l’effettività dei diritti delle persona costituzionalmente tutelati. La commissione di garanzia ha voluto esaltare il ruolo di tali procedure garantendo massima efficacia. Nb. In ogni caso il principio di libertà sindacale dell art 39 cm 1 cost consente alle parti di procedere alla conciliazione in via amministrativa. Alcune osservazioni: Ai sensi della l. 146/1990 destinatari di tali obblighi sono i “soggetti che proclamano lo sciopero” . Nb. L’obbligo di preavviso o di indicazione della durata NON sussistono - In caso di astensione dal lavoro in difesa dello ordine costituzionale - In caso di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”. La comunicazione dev essere presentata sia alle amministrazioni o imprese che erogano il servizio, sia all’ufficio competente ad adottare l’ordinanza di precettazione. Quindi: 1. I soggetti che proclamano lo sciopero devono darne preavviso 10 g prima alle amministrazioni o agli enti che erogano il servizio pubblico essenziale. 2. Le amministrazioni/imprese erogatrici devono darne comunicazione agli utenti almeno 5 giorni prima dell inizio, nelle forme adeguate. La comunicazione deve indicare anche i modi e i tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero. Devono inoltre essere indicate le cd misure di riattivazione dell attività. Proprio per tale obbligo di comunicazione che grava sugli enti erogatori è accaduto spesso che, dopo il preavviso e la comunicazione agli utenti ne venisse fatta revoca. La commissione di garanzia ha stabilito a riguardo che: “ la revoca spontanea dello sciopero proclamato costituisce forma sleale di azione sindacale” e viene valutata ai fini dell applicazione delle sanzioni collettive. Non è revoca ingiustificata invece quella effettuata per accordo fra le parti o in seguito a richiesta della commissione di garanzia o dell autorità competente a emanare l’ordinanza di precettazione, purchè sia tempestiva, venga cioè fatta entro 5 g dalla richiesta. Un caso peculiare: lo sciopero generale. La commissione di garanzia ha dato una nozione di sciopero generale: astensione dal lavoro proclamata da tutte le categorie pubbliche e private o da una o più confederazioni di diffusa rappresentanza nazionale. In caso di sciopero generale la C.d.G. ha stabilito che dev esservi preavviso e dev esservi il contenuto prescritto dall art 2 ( durata modalità di attuazione motivazione prestazioni indispensabili) non sussiste invece l obbligo di preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e conciliazione. la Commissione di garanzia: art. 12 l. 146/1990 e’ un’autorità amministrativa indipendente, dotata di una rilevanza centrale e preponderante. composizione e nomina: i 9 membri vengono nominati dal Presidenti delle due Camere, che li sceglie fra “esperti in materia di diritto costituzionale, di diritto del lavoro e di relazioni industriali”. Compiti: è titolare id una pluralità di compiti che sono stati poi potenziati con le modifiche introdotte dalla l. n° 83/2000 .  poteri consultivi ( fissazione delle regole, interpretazione e applicazione delle regole)  poteri compositivi ( emanazione di lodo)  poteri conformativi (delibere di invito)  poteri di accertamento, poteri sanzionatori e poteri di impulso della procedura di precettazione. NB. Si tratta di compiti che non sono circoscritti alla fase di individuazione delle regole generali, delle prestazioni indispensabili e delle altre misure da rispettare in caso di sciopero, ma che si spingono a monte fino all individuazione delle ragioni di insorgenza del conflitto e alla verifica di margini per la sua composizione, insistono nella fase patologica di violazione delle regole. Nello specifico: 1. VALUTAZIONE DEGLI ACCORDI La Commissione è investita della competenza a valutare i contratti e gli accordi raggiunti dalle parti per verificarne l’idoneità rispetto agli obbiettivi perseguiti dal legislatore. ( la valutazione investe le prestazioni indispensabili, le modalità di sciopero, l’intervallo minimo, le clausole relative alle procedure di raffreddamento e di conciliazione). Oltre al rispetto del principio cardine del contemperamento non sono previsti dalla legge dei criteri specifici che la commissione deve seguire nel corso della valutazione, è la commissione stessa, con la propria giurisprudenza ha individuare e a diffondere tali criteri 2. PROPROSTA Qualora non valuti idonei i contratti o gli accordi sulla base di specifica motivazione, la Commissione sottopone alle parti una proposta sull’insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili; 3. le parti devono pronunciarsi entro 15 giorni dalla notifica. Se non si pronunciano, verificata nei 20 giorni successivi l’indisponibilità delle parti a raggiungere un accordo, la Commissione formula una provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure. NB tale regolamentazione provvisoria è vincolante medio tempore, fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo, per le parti, per il giudice ed anche, salvi gli adattamenti richiesti dalla situazione specifica, per l’autorità precettante. La regolamentazione provvisoria deve seguire, oltre al principio cardine del contemperamento, quanto stabilito dagli atti di autoregolamentazione vigenti in settori analoghi o similari e gli accordi sottoscritti nello stesso settore dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale. Vi sono poi delle soglie quantitative: Le prestazioni indispensabili non possono superare il 50% delle prestazioni normalmente erogate e il personale coinvolto dev essere inferiore ad 1/3 di quello normalmente utilizzato 3. PROMOZIONE DEGLI ACCORDI In questo caso si deve considerare, oltre al potere di proposta che precede la regolamentazione provvisoria, il potere di convocazione e di proposta nel caso in cui vi sia una pluralità di amministrazioni e di imprese ( in tal caso la proposta dovrà rendere omogenei i regolamenti già individualmente adottati. 4. POTERI CONSULTIVI Di propria iniziativa o su richiesta congiunta delle parti la C.d.G. può esprimere pareri su questioni interpretative o consultive degli accordi. 5. Il LODO Su richiesta congiunta delle parti la cdg può emanare un lodo, esso ha carattere vincolante. 6. REFERENDUM In caso di dissenso tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori su clausole specifiche concernenti l’individuazione o le modalità di effettuazione delle prestazioni indispensabili, che comunque valuti idonee, può indire una consultazione (referendum), di propria iniziativa o su richiesta delle organizzazioni che hanno preso parte alla trattativa o di un numero rilevante di lavoratori interessati. Nb la consultazione si svolge dopo 15 g dall iniziativa della cdg o dalla richiesta delle organizzazioni. Fa da sovraintendente l’ispettorato del lavoro competente per il territorio. Se dopo la consultazione/referendum non si raggiunge un accordo si avrà una provvisoria regolamentazione. 7. DELIBERE DI INVITO. Alla C. spettano pure poteri conformativi, spesso accompagnati da poteri istruttori o di accertamento. Se rileva violazioni della l 146 o delle procedure previste dai contratti o dagli accordi collettivi, emana un apposita delibera con cui invita a desistere da tali condotte. 8. SANZIONI  La fase esecutiva compete In caso di sanzioni amministrative: alla direzione provinciale del tesoro, sezione servizi ispettivi in caso di sanzioni collettive: al datore di lavoro ( senza margini di discrezionalità) nb. Dell avvenuta applicazione può esser fatta impugnazione dinnanzi al giudice del lavoro. LA PRECETTAZIONE SPECIALE: art 8 9 10 l 146. istituto di chiusura del sistema presupposto: la precettazione speciale può intervenire quando sussista “il fondato pericolo di un pregiudizio GRAVE ED IMMINENTE ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici di cui all’art. 1.” Fermo l’obbligo degli enti gestori di fornire le cd prestazioni indispensabili qui c’è un quid pluris, il fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona indicati nell’art. 1; nb. Non è necessaria l’attualità del pregiudizio, è cioè sufficiente che il pregiudizio sia potenziale: tocca all’autorità competente effettuare una valutazione di probabilità e potenzialità dell’evento dannoso. Soggetto titolare: Legittimato a precettare è  il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato, se il conflitto ha rilevanza nazionale o interregionale, (interviene su segnalazione delle C.d.G. o di propria iniziativa nei casi di urgenza)  il Prefetto in tutti gli altri casi ( locale regionale aziendale) NB. alla Commissione è riconosciuto un potere d’impulso ed anche un potere propositivo: può cioè formulare una proposta circa i contenuti dell’ordinanza. In ogni caso i poteri della commissione non sono vincolanti per l’autorità precettante che semplicemente ne tiene conto, può infatti dar corso autonomamente al procedimento e discostarsi dalla proposta della commissione, resta cioè l ‘unico soggetto responsabile dell’atto finale. Contenuti dell’ordinanza: è un’ordinanza amministrativa. l’ordinanza di precettazione può discostarsi dalle previsioni degli atti deputati ad individuare le prestazioni indispensabili e le altre misure a tutela degli utenti ma solo ed in quanto ciò sia necessario per fronteggiare un imminente e grave pericolo per i diritti degli utenti. Dev’esservi quindi idonea motivazione. Procedimento:  l’autorità competente informa i presidenti delle regioni e delle province autonome di trento e bolzano.  L’autorità competente invita le parti a desistere dal comportamento,  tentativo di conciliazione da esaurire nel più breve tempo possibile; in caso di esito positivo, il procedimento si conclude. in caso di esito negativo, si conclude con l’ordinanza di precettazione, che deve essere adottata di norma 48 ore prima dell’inizio dello sciopero e deve specificare il periodo di tempo durante il quale le misure in essa contenute devono essere rispettate.  Ordinanza di precettazione. L’ordinanza ha natura bidirezionale, poiché vincola sia gli enti gestori, sia i lavoratori.  Comunicazione effettuata a cura dell’autorità emanante ai soggetti che promuovono l’azione, alle amministrazioni/imprese erogatrici e alle persone fisiche indicate nell ordinanza stessa. Viene fatta inoltre affissione nei luoghi di lavoro, a cura dell’amministrazione/impresa erogatrice. Pubblicità tramite organi di stampa, radio e tv.  Il mancato rispetto dell’ordinanza di precettazione importa l’applicazione di sanzioni amministrative, di carattere pecuniario per i lavoratori e le organizzazioni sindacali, comporta inoltre la sospensione dell’incarico per i preposti al settore nell’ambito delle amministrazioni, degli enti e delle imprese erogatrici del servizio;  i soggetti interessati possono promuovere ricorso contro l’ordinanza al TAR. Può essere richiesta anche la sospensione immediata ( integrale o parziale) Le astensioni collettive dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori: una delle novità più rilevanti introdotte dalla l 83/2000 è stata l’estensione dei principi che regolano l’esercizio del diritto di sciopero alle astensioni collettive dal lavoro di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, che incidano sulla funzionalità dei servizi pubblici; si tratta di una grossa novità perché la l. n° 146/1990, nella sua originaria formulazione, era pensata e strutturata con riferimento unicamente allo sciopero dei lavoratori subordinati ed era difficilmente adattabile in via interpretativa ad astensioni dal lavoro di diversa natura. Tuttavia si era spesso registrato che un servizio pubblico fosse paralizzato da azioni di protesta, uno dei casi più eclatanti fu l’astensione dalle udienze degli avvocati. In tal caso la corte costituzionale intervenne dichiarando l’illegittimità dell art 2 della l 146 nella parte in cui non prevedeva anche in caso di astensione dei lavoratori autonomi gli stessi obblighi ( preavviso durata prestazioni indispensabili). Nb. Non si tratta però di sciopero, bensì dell’esercizio di un diritto di libertà, riconducibile ad altre norme costituzionali, in particolare al diritto di associazione di cui all’art. 18 Cost. la l 83/2000 prevede che Anche in questo caso debbano essere rispettate le regole poste dall’art. 2 della l 146/1990 (obbligo di preavviso, indicazione durata, ecc….); MA diversa è la fonte deputata all’individuazione di queste regole: non un contratto collettivo, ma un codice di autoregolamentazione da adottare da parte delle associazioni o degli organismi di rappresentanza delle categorie interessate. Tali codici di autoregolamentazione devono prevedere: - un termine di preavviso non inferiore a 10 giorni, - l’indicazione della durata e delle motivazioni dell’astensione collettiva - ed assicurare un livello di prestazioni compatibile con le finalità di garanzia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all’art. 1. Tali codici devono essere trasmessi alla commissione di garanzia che ne valuta l’idoneità. Se idonei assumono la stessa efficacia dei contratti valutati idonei Se inidonei la commissione provvederà alla provvisoria regolamentazione. In caso di violazione ( del codice idoneo, della provvisoria regolamentazione e in generale dell art 2) sono previste sanzioni amministrative pecuniarie il cui tetto sarà raddoppiato nel caso in cui non sia stato rispettata la delibera di invito della commissione.
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