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Riassunto Professione giornalista - Papuzzi , Sintesi del corso di Scienze Della Comunicazione

Professione giornalista - Papuzzi riassunto

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 05/03/2015

rowgetta90
rowgetta90 🇮🇹

2 documenti

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Scarica Riassunto Professione giornalista - Papuzzi e più Sintesi del corso in PDF di Scienze Della Comunicazione solo su Docsity! Professione giornalista Papuzzi Alberto Parte prima: Le tecniche Capitolo 1. La notizia giornalistica La stampa americana negli anni 30 del XIX venne messa a soqquadro dalla rivoluzione che prese il nome di penny press. All’inizio del decennio i quotidiani erano ancora riservati a una classe elitaria, in particolare agli uomini politici e di affari i quali se ne servivano per tenersi aggiornati sugli avvenimenti internazionali, prezzi delle merci, conflitti bellici. La stampa americana era divisa fra quelli che si occupavano di fatti commerciali e quelli che si impegnavano nella competizione politica. Il giornale era un modello unico, composto sostanzialmente da 4 pagine coi testi a seguire in colonna, la prima e l’ultima pag. erano dedicate alla pubblicità, preziose fonti d’informazione per i business men, le pagine interne invece erano dedicate in parte agli editoriali, sia economici che politici. Stampati da piccoli editori, venduti quasi esclusivamente su abbonamento costavano 6 cents a copia. Nel 1833 nasce il SUN, primo quotidiano di New York venduto a un solo penny che non veniva più venduto in abbonamento ma dagli strilloni per le strade, il successo è immediato e il movimento si espande velocemente. Dietro questa rivoluzione che nel 1810 vedeva il giornalismo come un mezzo per pochi, è ora rappresentativo della società di massa, rivoluzione dovuta ai profondi mutamenti della società americana. A incentivare questa rivoluzione che senza esso non avrebbe avuto così successo è stato il periodo jacksoniano, Andrew Jackson, eletto presidente a Washington, che rappresentava il nuovo spirito nazionale, il suo motto era quello di stare con la gente comune, credere nell’uguaglianza politica e di possibilità economica, odio contro i privilegi, i monopoli. Due fattori contribuirono ad aumentare il numero dei lettori di giornali: 1. Estensione del diritto di voto maschile 2. Battaglia per una scuola libera statale La penny press cambiò il modello del giornale quotidiano proprio perché a cambiare furono i suoi lettori. Un primo singolare mutamento riguardò i titoli delle testate che prima della penny press contenevano un lessico commerciali, che si tramutarono in termini più ricchi di personalità e suggestioni, più vicini al gusto della borghesia. Un secondo mutamento avvenne nella politica delle inserzioni pubblicitarie, prima considerate come parte dell’informazione, accettata o meno in base alla sua credibilità, mentre con la penny press l’inserzione pubblicitaria si allarga a ogni sorta di merce e diviene fonte di introiti facendo perdere alla stampa la possibilità di gestirla e controllarne la qualità. Un terzo cambiamento, di natura economica e politica, è l’affermazione d’indipendenza dai circoli politici, non dipendendo più dagli abbonamenti, ma dalla vendita su strada non si sentivano legati a nessun ambiente. Lo stesso Jackson favorì nell’opinione pubblica un atteggiamento di distacco dai politicanti. Ciò non significa che non si informasse più sulla politica, anzi, alcuni giornali ne davano notizie dettagliati, solo che non ci si sentiva più appartenenti o dipendenti da un qualche schieramento. Ma i cambiamenti più rilevanti riguardavano i contenuti dell’informazione: qualsiasi fatto ora poteva acquisire lo status di notizia. Per la prima si raccontavano resoconti dai distretti di polizia, dai tribunali, dalle case private. I precedenti quotidiani accusarono la penny press di involgarire l’informazione, sfruttando il sensazionalismo e indulgendo ai gusti peggiori il pubblico, minacciandoli di una moral war, ma le ragioni dei contrasti erano più profonde e dovevano ricercarsi nel fatto che l’informazione non era più la stessa, non si concentrava su una riservatezza per pochi, ma si apriva a una società di massa, rivolgendosi ai cittadini. Il consolidamento della penny press portò a un nuovo e moderno concetto di notizia, è da questo momento che la notizia comincia ad essere ricercata, scovata, riconosciuta, selezionata, elaborata, comunicata in funzione dei lettori, diventando merce preziosa che per essere ottenuta portò alla costruzione di apparati progressivamente sempre più complessi: le redazioni di giornali. La figura del giornalista professionista nasce allora e con esso nasce anche la stessa idea di concorrenza giornalistica, la corsa alla notizia e la ricerca dello scoop, una figura esclusiva e retribuita. Dall’istanza pedagogica si passa alla cultura della merce, il cui unico banco di prova è costituito dal mercato, la filosofia che si innesca nella penny press è la centralità dell’human interest ( uomo che morde il cane = fa notizia più di un cane che morde un uomo). La penny press è solo uno dei tanti fenomeni episodi che portano al la stampa a trasformarsi in una industria dell’informazione, legata a 3 fenomeni storici: 1. Rivoluzione industriale 2. Positivismo 800entesco funzione della verità è quella di portare alla luce fatti nascosti. Alla base di questa ipotesi c’è l’intuizione che il fatto entra notizia non come verità ma come cronaca di un aspetto della verità: se il fatto non è manifesto, se non può essere registrato, il fatto resta estraneo alla notizia. Esiste una doppia natura dei giornali: essi sono strumenti di informazione pubblica e prodotti venduti sul mercato, contraddizione che applica fini etici a un’attività commerciale. Ma per conquistare la fiducia e l’attenzione del lettore un giornale deve parlare il suo linguaggio e corrispondere ai suoi interessi: il lettore assorbe notizie attraverso preconcetti ( stereotipi), dunque bisogna esporre le notizie nelle forme standardizzate che permettano al lettore di coglierle come significative, bisogna provocare emozioni al lettore, indurlo a provare un senso di identificazione personale. Rappresentazione e contrapposizione In base a quali criteri il giornalista valuta se un avvenimento è di interesse pubblico? Il medesimo fatto diventa notizia in un luogo o in un epoche invece che in altri; i fattori che entrano in gioco sono innumerevoli e mutevolissimi. Di volta in volta il carattere specifico di una notizia muta. Non esiste un unico carattere dominante, tutto dipende dall’esperienza e dal fiuto del giornalista, tuttavia esistono autentici criteri, essi non sono codificati, tuttavia il senso della notizia cui abbiamo accennato non è una dote personale bensì un sapere che si basa su una tecnica. Si possono individuare due criteri fondamentali a cui il giornalista obbedisce: quello della rappresentazione e quello della contrapposizione. - Il criterio di rappresentazione: di fronte a un avvenimento il giornalista deve doman- darsi come i protagonisti e la vicenda entrino in rapporto con i modelli sociali e cul- turali dominanti. Quanto più un fatto, una storia sono rappresentativi dei comporta- menti della gente e anche della mentalità, delle idee, dei pregiudizi, tanto più sono suscettibili di trasformarsi in notizie. Il criterio di rappresentazione agisce sugli avve- nimenti facendoli diventare specchio della società in cui viviamo. È questo criterio a trasformare in notizie gli avvenimenti che fanno parte di una routine. Non si tratta solo di fornire info, ma di scattare una fotografia dei comportamenti sociali. - Il criterio di contrapposizione: di fronte a un avvenimento il giornalista deve doman- darsi se e quanto contrasti con un'opinione convenzionale, uno stereotipo diffuso, un modello consolidato. Il contesto entra nel meccanismo della notizia come termi- ne di paragone negativo. È questo criterio che guida il giornalista nell'attività di rico- noscimento e valutazione di una notizia nuova, inattesa. Ed è sempre tale criterio che è possibile intravedere alla base della ricerca dello scoop. Ma l'elemento fonda- mentale non è l'originalità del fatto, quanto l'abilità del giornalista di cogliere, in di- namiche note, fenomeni imprevisti o spiegazioni che ribaltano il sentire comune. In questo senso il criterio di contrapposizione conferma che il giornalista non registra semplicemente l'evento, ma lo interpreta e lo riproduce in forma di notizia. I valori notizia Il percorso di una notizia, dalla registrazione alla pubblicazione di un fatto su un giornale è scandito da una serie di interpretazioni sia individuali che collettive. I gatekeepers ( così chiamati dagli studiosi americani) possono essere giornalisti, redattori fotografi, reporter, sono colore che decidono se un fatto è o meno una notizia. I news values o valori notizia sono i criteri valutativi che regolano la selezione perché con- tribuiscono a determinare la notiziabilità di un avvenimento, cioè la sua capacità a valere come notizia. Si è degni di chiamare una notizia come tale se conferma tali criteri. La notiziabilità non dipende più dai classici canali del giornalismo, diventa una decisione del tutto indipendente da criteri oggettivi. I criteri dei valori notizia, non sono norme oggettive, ma indicano piuttosto una serie di op- zioni che servono a mettere in luce i contenuti e le attrattive di una notizia. I valori notizia si possono dividere in due grandi categorie: 1. Interesse pubblico; 2. Il lavoro redazionale; la prima categoria mette in evidenza le qualità di un’avvenimento che possano renderlo in- teressante agli occhi del pubblico. Ecco i 10 valori notizia: 1. Novità: non è un carattere fondamentale, però ha una propria importanza ai fini di valutazione di una notizia. È uno dei criteri più difficile da applicare per- ché riguarda avvenimenti improvvisi. 2. Vicinanza: quanto più un fatto accade vicino ai lettori tanto sarà più interes- sante. Per vicinanza si può intendere, una vicinanza sia fisica che figurata, essa più appartiene al contesto culturale del lettore, più fa notizia. 3. Dimensione: quanto più un fatto è grande tanto più rilevante è l’impatto con il pubblico; 4. Comunicabilità: quanto più un fatto è semplice da comunicare e interpretare, tanto più sarà investito di consenso, di attenzione; 5. Drammaticità: se una notizia può fare impressione, suscitando emozioni di- venta preferibile ad altre. Di solito le notizie negative interessano di più di quelle positive. 6. Conflittualità: ogni volta che una notizia si presenta in forma di conflitto, con due poli antagonisti, sostenitori di due posizioni diverse, è probabile crei un forte coinvolgimento del pubblico. 7. Conseguenze pratiche: a questo criterio corrispondono le notizie di pubblica utilità o informazioni di pubblico servizio, di solito servono a far notare come fatti sottovalutati hanno in realtà un peso. 8. Human interest: nel giornalismo americano è un criterio assai esteso, com- prende tutti quegli attributi che si rifanno a una carica di umanità e non ad una caratteristica tecnica. 9. Idea di progresso: un fatto che rappresenta un avanzamento nelle scienze, industrie tecniche e cultura. 10. Prestigio sociale: criterio che si applica quando si parla di persone che fanno parte di un’elitè, di ruoli istituzionali. Il giornalismo televisivo si è distaccato da questi criteri, rifacendosi ad altri 4 valori: FACE, ovvero: 1. Feelings, coinvolgere sentimentalmente il telespettatore 2. Analysis, coinvolgerli nella discussione di un problema 3. Compelling, inserire nella notizia elementi che accendono lo schermo di im- magini emozionanti 4. Energy, la capacità della storia di investire di vitalismo la sua audience. Per quanto interessa invece il lavoro redazionale le news values, si prende in considera- zione aspetti dell’avvenimento che lo qualificano rispetto alle metodologie di lavoro e alle esigenze organizzative delle redazioni. Da questo punto di vista si riconoscono 3 livelli di suddivisioni delle notizie. Nel primo livello distinzione fra: 1. Hard news: notizie urgenti e drammatiche o legate agli aspetti istituzionali come la politica o l’economia, appartengono sostanzialmente alla cronaca. 2. Soft news: notizie che non hanno un effetto drammatico e che non hanno un carattere di urgenza, basate sull’human interest, occasioni per il giornalismo di storia. Notizie leggere. Nel secondo livello: 3. Attualità, notizie fresche. Il tempo della notizie non è quando accade ma quando viene scoperto, è una differenza sulla quale si basa la competitività giornalistica. La concorrenza è scoprire una notizia prima degli altri. 4. Ritmo, sintonia con il ritmo del giornale. Il terzo livello riguarda il flusso con cui le notizie giungono al giornali, vi sono 4 categorie: 5. Spot news, notizie impreviste e immediate, che in linea di massima non han- no un seguito. 6. Developing news, notizie o attese, previste o che richiedono del tempo per svilupparsi ( es: inchiesta giudiziaria) 7. Continuing news, legate a notizie che si sviluppano frammentariamente ( guerra) 8. Running news, notizie in corso, che non si sa come finiscano. Non sono ovviamente indicatori di natura scientifica, ma averli presente e saperli impiega- re è un requisito importante sia per chi fa il giornale che per chi lo legge. I valori impliciti Lo studioso che ha scavato più a fondo nel vasto campo dei valori notizia è il sociologo americano Herbert Gans. Il suo obiettivo era di verificare se i media d'informazione avessero per riferimento, o contribuissero a determinare, un campo di valori in grado di caratterizzare il loro rapporto con il pubblico e di esprimere aspetti di una natura nazionale, così che fosse riconoscibile, nel loro modo di operare, un patrimonio comune di principi, tradizioni, atteggiamenti e sentimenti. Il risultato della ricerca è stato di mettere a fuoco una serie di valori (enduring values) che possono almeno parzialmente coincidere con i valori di testata: etnocentrismo: come fiducia nel sistema americano, accompagnata dalla convinzione che ciò che accade nei confini americani è più importante di ciò che accade all'estero. altruismo democratico: la denuncia da parte dei media di ingiustizie, corruzione, stupidità dei governi riflette la convinzione che la politica dovrebbe sempre perseguire il pubblico interesse. capitalismo responsabile: le notizie tendono a esprimere un'ottimistica fiducia nella competizione economica. idealismo pastorale: emerge nelle storie che enfatizzano i problemi delle piccole città e la vita anonima dei suburbi. deep background – la fonte consente l’uso giornalistico dell’informazione, ma non vuole che le sia attribuita background – la fonte accetta di essere identificata tramite la funzione che esercita, non anagraficamente; on the record – la fonte permette sia l’uso dell’informazione sia che le sia attribuita, senza restrizioni. La pubblicità delle fonti sottintende altre due questioni: in primo luogo essa costituisce un limite alla discrezionalità del giornalista; in secondo luogo entra in gioco l'integrità delle fonti stesse, cioè quando le dichiarazioni attribuite a una fonte identificata possano essere sintetizzate per esigenze o opportunità di concisione ed efficacia. Esistono opposte scuole di pensiero: nel giornalismo USA non si potrebbero cambiare le parole di una citazione, l’esattezza delle dichiarazioni fa parte di una tradizione che prevede un patto di massima lealtà fra giornalista e pubblico. Nel giornalismo italiano è diventata prassi modificare e riassumere le dichiarazioni anche quando sono pubblicate fra virgolette, attenendosi a criteri di veridicità sostanziale. Ma questa prassi espone le notizie a rischi di deformazione. Il rapporto con le fonti è il nodo più delicato della professione. La libertà e l'indipendenza del giornalista sono possibili a condizionare che egli acceda alle fonti delle notizie e che tali fonti non siano controllate o manipolate. Nel mondo odierno, le minacce all’indipendenza della stampa nascono dall’organizzazione, orientamento, strumentalizzazione, imbonimento delle fonti. L'offerta dello scoop da parte del potere politico, amministrativo, economico, culturale «è così istituzionalizzata che gran parte del giornalismo non va più alla ricerca di notizie, sapendo che prima o poi gli arriveranno le rivelazioni». Ogni giornalista sa per esperienza che senza fonti non ci sono notizie, ma è importante saperle padroneggiare. Le agenzie di stampa La teoria divide tra: fonti dirette - che è compito del giornalista cercare. In questo caso la fonte fornisce solo informazioni, materiale grezzo su cui sono i giornalisti a imprimere con proprie valutazioni, il suggello della notizia; fonti indirette - che si auto-propongono e si auto-organizzano per diffondere notizia. In questo caso la fonte produce materiali elaborati in varia forma, dal comunicato stampa a un articolo completo, che arrivano anche allo status di notizia Questa distinzione corrisponde in parte a quella americana tra newsmaking e newsgathering. Questa ripartizione del lavoro si rispecchia, nei giornali italiani, nelle diverse mansioni che vengono attribuite ai cronisti, corrispondenti, inviati (writers) o ai redattori impegnati al desk (editors). Con lo sviluppo di una vera industria della comunicazione, la categoria delle fonti indirette o intermedie si è straordinariamente dilatata. Nell’ambito delle fonti indirette ci sono le agenzie di stampa che distribuiscono informazioni ai giornali. La prima agenzia di stampa italiana, la Stefani, è stata fondata nel 1853 per volere di Cavour. Agenzia nazionale dello stato fascista e della Repubblica sociale, alla fine della guerra venne chiusa; gli impianti passarono ad una nuova agenzia, costituita nel 1945: l’Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA). Le agenzie di stampa presentano una doppia natura: producono e distribuiscono autonomamente notizie, e al tempo stesso sono fonti per i mass media. Sono fonti di carattere speciale, nel senso che in realtà la maggior parte dei materiali d’agenzia sono notizie già elaborate, la cui attendibilità è garantita da metodologie di lavoro giornalistiche. Il pubblico cui si rivolge l'agenzia è rappresentato dall'universo dei giornali abbonati all'agenzia. Dall'universalità del pubblico discende un'importante qualità dei materiali forniti dalle agenzie: la tendenza a pubblicare tutte le notizie, cioè la tendenza alla completezza dell'info. Questi materiali subiscono poi nei giornali un ulteriore processo di selezione e rielaborazione, in rapporto agli interessi del pubblico specifico di ciascuna testata. Per questa ragione i materiali delle agenzie sono organizzati in maniera flessibile, così da offrire la massima possibilità di manipolazione redazionale, e possono essere distinti in due modelli: flash - notizia di una o due righe, che si limita a comunicare l'evento in modo secco e folgorante; take - notizia concisa, costruita secondo la regola delle 5W, normalmente non superiore a 24 righe; per eventi importanti le agenzie inviano numerosi takes. Organizzate come grandi giornali, le maggiori agenzie distribuiscono anche servizi, interviste, reportage, corrispondenze, in qualche raro caso commenti, che le catene di giornali provinciali o locali tendono a utilizzare direttamente senza interventi di editing. Infatti i materiali di agenzia sono soggetti a trattamenti diversi, secondo le dimensioni dei giornali che li utilizzano: quanto più grande è un giornale, tanto più è probabile che rielabori i materiali di agenzia nello stile della testata. La produzione di notizie per i giornali abbonati occupa solo una parte dell’attività delle maggiori agenzie; a determinare i fatturati concorrono soprattutto i servizi destinati all’uten- za privata. L’ANSA svolge una pluralità di funzioni: a) di testata giornalistica; b) di archivio elettronico, c) di baca dati. Sergio Lepri, direttore dell’ANSA dal 1961 al 1990, ha proposto una definizione di agenzia giornalistica: «Una impresa pubblica o privata, che raccoglie, elabora e distribuisce quotidianamente, a pagamento, a organi giornalistici, non giornalisti - ci e privati, in ambito nazionale o regionale o anche estero, in telescrivente o radiotelescri- vente o da computer a computer, o in videoterminale o su un televisore, informazioni ge- nerali o settoriali oppure, per cavo o via radio, informazioni specializzate». Le quattro gran- di agenzie con una rete mondiale sono: Associated Press, United Press, Reuters e France Press. Capitolo 2. Forme e modelli Cronaca e commento La cronaca è la forma di esposizione per eccellenza, essa non riporta opinioni, si concen- tra su fatti, racconti, avvenimenti. Il commento invece è la forma giornalistica di esposizio- ne delle opinioni, presenta e sviluppa giudizi di parte che condizionano i contenuti attri- buendo significati che appartengono alle ideologie, posizioni politiche e scelte morali. Views: punti di vista, News: racconti di fatti. La loro separazione è un punto cardine per il giornalismo anglosassone, sono due ambiti diversi con un ruolo diverso e con spazi diversi. Il risultato a cui tende la separazione fra cronaca e commenti è l’obbiettività della notizia, ovvero imparzialità rispetto all’avvenimento. Obbiettività significa cronaca dei fatti per la- sciare parlare solo i fatti. Tuttavia sappiamo che è il giornalista a decidere, in basi a criteri, se un avvenimento possa divenire notizia, obbiettività è mettere tale soggettività al servizio di fatti. È difficile e ancora dubbiosa l’idea che la notizia possa essere neutra, i fatti da soli non parlano, è opinabile. I fatti hanno bisogno di essere spiegati, di essere affiancati a va- lutazioni e interpretazioni. L’obbiettività venne teorizzata e valorizzata come tecnica di esposizione della notizia nell’età del reporter ( 1880-90) : fatti, fatti fatti niente altro che fatti. La chiave della cronaca erano cinque parole 5W. Lo stile doveva essere semplice, asciutto e stringato. Un buon re- porting era elencare i fatti. Il concetto di obbiettività ha subito diverse valutazioni e inter- pretazioni, esso è stato accettato o oppure rifiutato. Vi furono due momenti che misero in crisi il concetto di obbiettività nella stampa america- na: 1. Anni 30, dopo l’inizio della grande depressione, si avvertì l’esigenza di un’informazione che non si limitasse a raccontare i fatti, ma contribuisse a chiarirne il significato; si coniò il termine interpretative reporting, per concilia- re due elementi fino ad allora separati: narrazione e commento, bisognava dunque non essere semplici reporter, ma anche interpreti, non vi si chiedeva di perdere l’obbiettività ma di spiegare ugualmente i fatti 2. Anni 50, il ruolo che il senatore McCarthy ebbe nella crociata contro il peri - colo comunista mise a nudo i limiti dell’obbiettività. La notizia era vittima di una manipolazione, a cui i giornalisti, volontariamente o meno, non si sot- traevano. I giornalisti pubblicavano ma non commentavano, in nome dell’obbiettiva, accettan- do passivamente la registrazione di notizie non vere. Nella stampa italiana l’obbiettività venne messa in discussione tra la fine degli anni 60 e inizio anni 70, durante la breve stagione del movimento dei giornalisti democratici, movi - mento nato nel 70 al club turati di Milano come unificazione di due iniziative: 1. Comitato per la libertà di stampa e lotta alla repressione, 2. Movimento autonomo dei giornalisti per la libertà di stampa. La demolizione dell’obbiettività era lo specchio di una fase di transizione in cui una parte di giornalisti italiani rivendicava l’autonomia professionale, c’era la voglia di non restare sotto una campana di vetro, l’autonomia professionale dipendeva dal diritto che i giornalisti avessero di raccontare ciò di cui erano testimoni. Al concetto di obbiettività si contrappose quello di onestà, il giornalista rinuncia a vendere al lettore una verità obbiettiva ma in cambio gli garantisce di riportare tutto ciò che onesta- mente vede e sa, dando la sua versione dei fatti. L’onesta al posto dell’obbiettività sembrava una scelta realistica e coraggiosa, che permet- teva di superare il limite sia della sola cronaca che dei soli commenti. Era il patto che il giornalista doveva fare col lettore di dire quello che riusciva a sapere, senza servire gli in- teressi di alcuno. Il superamento dell'obiettività a favore di una maggiore soggettività dell'info si saldava con il bisogno di indipendenza politica e di impegno civile. Crollato il concetto dell’obbiettività, la scelta delle notizie è soggettiva e ne si richiede un’interpretazione, e in base all’ideologia di una testata può assumere significati diversi, oggi è impossibile arrivare all’obbiettività, essa resta piuttosto un’ideale a cui si deve L'intervista è la forma di comunicazione giornalistica più tecnica. Non ci sono avvenimenti da raccontare: l'avvenimento è l'intervista. L’evento che genera la notizia è il fatto che l’intervistato parli di qualcosa. Questo è il caso più limpido in cui la notizia è ciò che ne fa il giornalista. Serve a dare più immediatezza a un fatto, a portare più vicino ai lettori un personaggio. Un’intervista azzeccata spicca in un quotidiano; viene usata in tutti i settori del giornale. Agli occhi del lettore essa esercita un fascino particolare perché lo mette a tu per tu con persone che molto difficilmente avrebbe la possibilità di conoscere. È un faccia a faccia che stabilisce, solo in apparenza, un rapporto diretto tra una fonte d’info e il pubblico di un giornale. L'intervista viene percepita come il momento della verità, come se l’intervistato, una volta accettato di rispondere al giornalista, non avesse scampo. Infatti essa è diventata, nella grande maggioranza dei casi, aggressiva, incalzante, brillante, scoppiettante. Ma essa è anche uno strumento ambiguo e contraddittorio: ogni parola dell'intervista è il prodotto di una tecnica attraverso cui una conversazione è stata tradotta in un testo. Il giornalista dovrebbe quasi eclissarsi, per mettere a tu per tu l'intervistato e il lettore, in realtà è lui non solo a fare le domande ma a scegliere le risposte. Dovrebbe essere un mediatore, diventa necessariamente un protagonista. L’intervista offre una vivida rappresentazione del mondo contemporaneo: è questa efficacia senza precedenti che bisogna avere come obiettivo quando si prepara un’intervista. Il protagonismo dell’intervistatore, se pure mascherato, non è privo di conseguenze. La maggior parte delle interviste sono fatte per telefono. Moltissime sono concordate, preparate, addomesticate: sono false interviste. L’intervista diventa troppo spesso una forma di pubblicità non pagata. I criteri che regolano la tecnica dell'intervista sono dieci: l'oggetto dell'intervista può essere o uno specifico argomento, di cui l'intervistato è esperto o su cui è un testimone privilegiato (intervista tematica), o la personalità dell'intervistato, le sue vicende, le sue attività una sua esperienza (intervista personale). Nella prima si procede con domande precise e reiterate, che non lasciano spazio a risposte generiche, interrompendo continuamente e ritornando al tema centrale se cerca di deviare; nella seconda si parte da domande semplici ed è meglio non interrompere l’intervistato, ma lasciarlo raccontare le sue storie. L'intervista deve essere preparata: l'intervistatore deve conoscere l'argomento e avere un elenco di domande durante il colloquio; L'intervistatore dovrebbe usare discrezione, nel senso di non interferire con la sua personalità: è lì per rivolgere le domande che vorrebbero fare i lettori. Però non deve mostrare soggezione e deve fuggire alla tentazione di censurare le questioni scabrose. L’intervistato deve essere incalzato. C’è sempre un fuoco centrale in ogni intervista, che è la ragione che la rende importante: attorno a questo fuoco l’intervistatore deve lavorare, finché non viene alla luce chiaramente. L'uso del registratore è una garanzia per non perdere passaggi importanti e consente di essere fedeli al modo di esprimersi dell’intervistato, se è il caso. La forma classica dell'intervista è il dialogo diretto, con le domande dell'intervistatore e le risposte dell'intervistato riportate fra virgolette La trascrizione dell'intervista è quasi sempre più lunga dello spazio che si ha a disposizione: bisogna sia selezionare che sintetizzare le risposte dell'intervistato. Nell'intervista tematica, il giornalista deve essere fedele al senso delle risposte ma può anche non usare le parole esatte dell'intervistato; invece nell'intervista personale può essere importante riportare il modo di esprimersi dell'intervistato, come un aspetto della sua personalità. Le domande devono essere sintetiche, le risposte non troppo lunghe. Se necessario possono essere interrotte con domande interlocutorie, inserite a posteriori. La forma dialogata deve avere un suo ritmo, l'intervistato ha il diritto di parlare senza subire censure. Non è corretto inserire nel contesto dell'intervista commenti negativi e giudizi a posteriori sulle dichiarazioni dell'intervistato. L'intervistato ha diritto di dire delle cose fuori dalla registrazione per spiegarsi , avendo la garanzia che non saranno pubblicate L'inchiesta è una forma nobile del giornalismo, è l'intenzione di andare oltre le fonti ordinarie. Organizzata in una serie di pezzi, anche a più mani, l'inchiesta ha il carattere di una ricerca o di una indagine, mira a scoprire verità nascoste. È quindi un simbolo di ciò che si considera l’ideale della professione: cercare la verità. E ciò significa due cose: ricostruzione (spesso di vicende oscure) e interpretazione (di fatti politici ed economici). Questo è il genere in cui il giornalista gode di maggior fiducia. L’inchiesta è il banco di prova del giornalista maturo. Infatti essa è spesso prodotta da grandi firme del giornale, e può richiedere anche mesi di lavoro. Si possono distinguere due tipi di inchiesta: inchiesta investigativa – punta all'accertamento di vicende controverse. In questa categoria rientrano le inchieste su casi giudiziari, su scandali politici, su guerre economiche, su illeciti sportivi. L'oggetto dell'inchiesta investigativa è sempre un fatto preciso e concreto, o una serie di fatti. Si sostiene che questo genere non vanta una solida tradizionale in Italia, perché «il giornalismo italiano nasce come giornalismo di agitazione e propaganda», tuttavia dal dopoguerra anche l’Italia è segnata da alcune importanti inchieste di tipo investigativo. inchiesta conoscitiva - informa sulla società e la cultura del tempo in cui viviamo, quelle del nostro paese o quelle di paesi stranieri. Indaga i fenomeni che segnano una società. L'oggetto dell'inchiesta conoscitiva non è un fatto preciso, il suo scopo è andare oltre il dato di cronaca, per illuminare gli aspetti della realtà che sfuggirebbero alla natura della notizia e sarebbero materia di opinione. In Italia tale inchiesta conobbe una stagione di grande fortuna durante gli anni '50-'60, in coincidenza con le profonde trasformazioni del nostro paese: i grandi giornali mandavano i loro inviati a scoprire la modernizzazione italiana. Ma negli anni '80-'90 attraversò una fase di declino: considerata dispendiosa, è penalizzata dalle trasformazioni del giornale, ma soprattutto da un cambiamento culturale. Tuttavia questa fase di transizione è stata in larga parte superata. L'inchiesta, sia investigativa che conoscitiva, richiede nuovi strumenti di indagine, per riuscire a portare a galla fatti e fenomeni nascosti, in una società articolata e complessa come quella attuale, e per soddisfare le esigenze di un pubblico che dispone di numerosi mezzi di info e conoscenza. Se si vuole che l'inchiesta non si limiti a descrivere ciò che nella maggior parte dei casi il pubblico già conosce, ma riesca a informare efficacemente sono necessari sia il lavoro in équipe, sia l'uso di strumenti informatici. L'uso del computer nelle inchieste giornalistiche viene considerato come un mezzo per realizzare un nuovo principio deontologico: non semplicemente raccontare la verità, ma anche raccontare l'intera storia, dal momento che il computer permette di sondare e radiografare la realtà nella sua articolata complessità. I modelli del giornale Nel '600 e nel '700 l'aspetto esterno dei giornali era ancora simile a quello dei libri. È con la nascita del quotidiano che il giornale assume una veste autonoma, aumentando le dimensioni del formato e dividendo le pagine in colonne. All'origine di questi mutamenti ci sono ragioni pratiche più che estetiche, come il fatto che le tariffe postali fossero commisurate al numero delle pagine, mentre la suddivisione in colonne consente di stipare nella pagina più parole. L'impaginazione del quotidiano diventa oggetto di elaborazione grafica solo in questo secolo. La stampa si modifica sotto la spinta dei cambiamenti che avvengono nell'universo dei lettori. Ogni giornale tende a un suo stile, che dovrebbe garantirgli l'attaccamento del lettore, e per questo i mutamenti formali sono rari e seguono processi lentissimi. Perciò si riconoscono all'impaginazione due funzioni: esplicitare le scelte informative del giornale e trasmettere al lettore una carica emotiva. Divisa la pagina in 4 quadranti, secondo la forza di attrazione che esercitano sull'occhio del lettore, si ottiene una gerarchia del valore degli spazi: il punto di maggiore evidenza è l'angolo in alto a destra (spalla); l'angolo in alto a sinistra è l’apertura; nella metà inferiore della pagina ci sono il taglio e il piede. Un cambiamento decisivo nell'aspetto esterno è stato prodotto della fotografia. Nessun articolo può avere la forza e l’immediatezza di una fotografia che colga l’istante in cui accade un evento o le emozioni che i protagonisti di una vicenda vivono. Il fotogiornalismo è stato però monopolio dei settimanali e solo in casi eccezionali quotidiani hanno usato l'immagine per comunicare autonomamente una notizia. Il quotidiano è rimasto impostato per quasi due secoli su due elementi chiave: l’articolo e il titolo, che costituivano la forma privilegiata della rappresentazione della notizia. La rivoluzione avvenne negli anni 1975-85, con l'ingresso nelle redazioni di sistemi informatici, che consentono di confezionare il giornale elettronicamente. Nello stesso periodo apparivano evidenti due effetti provocati dalla tv: 1) la stampa quotidiana non aveva più il monopolio delle notizie, ma aveva dovuto cederlo all'info televisiva; 2) le nuove generazioni si erano abituate, guardando la tv fin dall'infanzia, a un linguaggio che visualizzava comunicazioni e informazioni, mettendo in primo piano l'immagine. Numerose testate straniere e italiane sono presenti su internet con edizioni online in parte diverse da quelle cartacee, con obiettivi di aggiornamento in tempo reale. Ciò costituisce un radicale mutamento del tradizionale rapporto fra giornali e pubblico. Infatti il collegamento tra tecnologie diverse determina la possibilità di rendere interattiva la lettura del giornale aumentando il peso dell'elemento “pubblico” nel processo di costruzione della notizia. Settimanalizzazione e sensazionalismo Nel 1976 la RAI iniziò le edizioni dei nuovi telegiornali Tg1 e Tg2. Negli anni ‘80 anche in Italia la tv divenne la principale fonte di informazione e aggiornamento per la maggioranza dei cittadini e per i lettori dei quotidiani, almeno sugli avvenimenti nazionali e dall'estero. Tale mutamento è stato all'origine del fenomeno detto settimanalizzazione delle notizie: per fronteggiare la concorrenza televisiva i quotidiani prendono esempio dal modo di trattare la notizia che ha fatto il successo di testate settimanale. La metà degli anni '70 aveva rappresento una fase burrascosa per la stampa quotidiana. La risposta alla crisi è stata una serie di innovazioni di prodotto: nuovi formati, nuova grafica, pagine tematiche, produzione di supplementi. Questi cambiamenti hanno l'effetto di riaprire lo statico mercato dei quotidiani, che tra il 1977 e il 1984 passano da 4,8 a 6,2 milioni di copie. La settimanalizzazione dei quotidiani è stato il primo passo verso la settimanalizzazione della notizia. Nel primo caso abbiamo un adeguamento del giornale quotidiano alla formula dei settimanali: aumentano le pagine, le illustrazioni, si inventano inserti, nascono supplementi. L'espansione e l'arricchimento delle pagine dei quotidiani sono dovuti anche alla necessità di trovare spazi per le inserzioni pubblicitarie, diventate introiti ai quali il giornale non può rinunciare. Nel secondo caso (settimanalizzazione della notizia) abbiamo invece una dilatazione della notizia in un duplice senso: a) ogni evento di un certo rilievo si spezzetta e si rifrange in una serie di eventi, minori e specifici, ciascuno dei quali ne rispecchia un'immagine; b) l'evento è considerato da una molteplicità e pluralità di punti di vista a cui corrisponde una gamma sempre più ampia di specializzazioni professionali. Il meccanismo della settimanalizzazione si traduce in un inedito ampliamento dello spazio dedicato a un solo avvenimento. La settimanalizzazione della notizia non è più la conseguenza di un avvenimento rilevante, bensì la tecnica impiegata per rendere rilevante l'avvenimento. Serve a creare l’evento del giorno. La settimanalizzazione della notizia ha il potere di rendere quotidiana l’eccezionalità, sottolineando con enfasi il carattere della notizia come rottura dell’ordinario. In occasione di eventi eccezionali, la tecnica della settimanalizzazione può essere spinta all’estremo. Una categoria subordinata di organizzazione della notizia è l’attualizzazione di un tema, nel senso che il giornale impone l'attualità di un argomento attraverso la sua tematizzazione. La settimanalizzazione della notizia è la tecnica impiegata per scomporre un avvenimento in parti diverse, ognuna delle quali autonomamente notiziabile, e per moltiplicare le prospettive di osservazione con cui presentare e interpretare l'avvenimento stesso. Con questa tecnica il giornalismo assorbe, e tende a generalizzare come elemento del proprio linguaggio, un carattere peculiare dell'info televisiva: il suo potere di far esistere persone e idee per il semplice fatto di farle vedere, la sua capacità di creare il reale. Al contrario della settimanalizzazione, il sensazionalismo non è una tecnica, è un modo di concepire la notizia. Corrisponde al dettame che ogni notizia debba fare impressione, debba impressionare il lettore. È il frutto di un giornalismo nevrotico, con l'ossessione dello scoop. Il giornalista sensazionalista non è preoccupato di dare info, bensì di menare sciabolate; il suo giornalismo si colloca decisamente al capo opposto, rispetto al modello anglosassone dell'info neutrale e distaccata, costruita attraverso un vaglio scrupoloso delle notizie e un resoconto freddo e asciutto. Ci troviamo invece nell'info che presenta ogni avvenimento come se fosse l'avvenimento e che trasforma la notizia in avvenimento piuttosto che l'avvenimento in notizia. La concezione sensazionalistica della notizia si avvale in particolare di due metodi. Il primo è l'impiego di una scrittura letteraria o para- letteraria, che diventa prevalente rispetto all'informazione. La ragione d'essere di un articolo non sono le info che fornisce, ma il modo in cui viene scritto. Si sta assistendo ad un rovesciamento dei principi su cui si incardina la professione: sembra di tornare a un passato in cui i giornalisti erano soprattutto dei grandi giocolieri delle parole, capaci di trasmettere passioni ed emozioni, lasciando in secondo piano delle notizie. Si tratta di un'interpretazione del ruolo del giornalista carica di un dinamismo esuberante e anarchico, ma che azzarda il rischio del sensazionalismo retorico. Questo tipo di giornalismo in cui il reporter si immedesima emotivamente nei fatti che racconta suscita discussioni all'interno della categoria. Il secondo metodo è la produzione di notizie a mezzo di notizie o la circolazione autoreferenziale dell'info per cui l'avvenimento da cui ha origine la notizia è un'altra notizia. La chiave del meccanismo è un lieve spostamento del baricentro di una notizia: che gli eventi siano più o meno veri è questione che passa in secondo piano, poiché fa premio che abbiano comunque dato origine ad una notizia. Si tratta di considerare notizia il fatto stesso che sia comparsa una certa notizia. Si va all’abolizione del rapporto diretto coi fatti e si produce un circuito orizzontale notizia-notizia. Non conta che l'informazione sia di seconda mano, conta invece che possa fare sensazione. Capitolo 4 I problemi dei generi La notizia economica Caso Marchionne-Chrysler: IL SOLE 24H ha più elementi informativi, titolo meno enfatico rispetto alla notizia data in maniera generalista dal CDS, LR e LS. I quotidiani generalisti riportano sull’economia delle informazioni di base, la loro funzione è quella di rendere semplice qualcosa di complesso per farlo capire anche a lettori non professionisti, che non hanno domestichezza con questioni finanziarie mentre nei quotidiani economici l’info è concentrata su dati, circostanze e situazioni che appartengono direttamente alla natura industriale, si dedicano ad articoli specifici perché si rivolgono a un tipo di lettore che vuole essere informato sui dettagli, meno interessato alla cronaca. Dunque è chiaro che il giornalismo economico vede in gioco due categorie di lettori: 1. Operatori delle imprese, finanza e della pubblica amministrazione, per cui il giornale è più che altro uno strumento professionale, hanno bisogno di articoli in cui cercare sintesi, il contesto, l’interpretazione; 2. Lettore semplice, common reader, per cui l’info è un modo per partecipare alla vita civile, che ha cura del proprio denaro e quindi ha interesse a costruirsi un’opinione. Tali livelli si rispecchiano in due diverse tipo di informazioni: 1. Generalista, sede negli inserti e supplementi di quotidiani o settimanali, rubriche economiche dei TG e Radio; 2. Specialistiche, che ha dato origine a testate specializzate di qualità internazionale (sole24h) In Italia il giornalismo economico esce per la prima volta con la nascita del “Giorno” ( stampa specialistica) nel 1956, voluto da Enrico Mattei. Alla base vi è l’invenzione di dedicare una pagina di economia e finanza, prima di questo le notizie economiche erano mischiate ala cronaca. Quando nasce il giorno in Italia sono attivi 3 giornali economici specializzati, ma hanno una diffusione limitata e si rivolgono a un pubblico di élite. La crescita di interesse per l’informazione economica è strettamente legata allo sviluppo industriale italiano, che alimenterà uno speculare bisogno di info. Negli anni 70 l’informazione economica approda nella stampa generalista, e i due settimanali d’opinione concorrenti, espresso e panorama, arricchiscono e modernizzano le rispettive sezioni di economia e finanza e nel giro di pochi anni tutti i maggiori quotidiani dedicano più risorse al settore. In questo percorso chi si distingue è il sole 24 ore e il suo successo si deve principalmente a 2 fattori che riflettono 2 tipi di lettori: 1. Evoluzione del sistema tributario e fiscale a cui il giornale risponde offrendo una ricca informazione di servizio trasformandosi in una fonte preziose di documentazione e conoscenza per imprese, studi professionali e P.Amministrazioni. 2. Il boom della Borsa degli anni 80, che fa crescere un interesse economico per chi vuole investire nei titoli. Ha un’organizzazione che rispecchia perfettamente le esigenze del doppio pubblico. Lo stile dell’info economica rivolta al lettore non specializzato presenta alcuni caratteri di base che si possono ricondurre a 4 filoni: vuol dire scoprire le novità della vita normale, perché le notizie riguardano i comportamenti sociali, gli stili di vita, i sistemi di valori, l’immaginario collettivo. Visto che gli avvenimenti non sono eccezionali dove si cercano le notizie di costume? Definire le fonti è il primo passo per comprendere come impostare una notizia, e sappiamo che nel caso di quelle indirette bisogna controllarle risalendo se possibile alle fonti originarie, ma l’applicazione di queste regole si scontra con una contraddizione strutturale del giornalismo di costume. Da un lato, tutta una serie di fonti indirette produce un flusso straordinario di info e interpretazioni sui comportamenti standard, mettendo insieme una serie di persone medie che si disarticolano in figure sociali. Dall’altro, l’uomo della strada nella realtà non esiste, perché i comportamenti standard sono un’astrazione, quindi per il giornalista egli è irraggiungibile. Non si possono interrogare i protagonisti dei fatti di costume, il giornalista avrà sempre a che fare con singoli casi, con persone reali. A tali contraddizioni di aggiungono due limiti pratici: 1. all’enorme disponibilità di documentazione prodotta dagli istituti di ricerca sociologica e statistica e dalle società specializzate in sondaggi di opinione e indagini di mercato non corrisponde un livello qualitativo sufficiente perché i risultati possano sempre essere considerati uno specchio fedele delle trasformazioni del costume. 2. non potendo verificare concretamente i comportamenti standard, da parte dei giornalisti si è affermata la tendenza a consultare degli esperti ai quali si affida, in nome della loro competenza e autorevolezza, il compito di interrogare quelle persone medie che nella vita reale non esistono. È chiaro che il giornalismo di costume deve essere attento e ricettivo a tutti i segnali che il contesto sociale emette e i comportamenti collettivi promanano: tutto può essere spia di nuovi atteggiamenti sociali, di modificazioni nella cultura della gente. I problemi nascono dal fatto che spesso i fenomeni di costume sono considerati argomenti ideali per le parti del giornale destinate all’intrattenimento, info destinate non alle notizie, ma che hanno la funzione di alleggerire le pagine di un giornale. I fatti di costume non si presentano mai di norma col segno dell’eccezionalità, proprio per questo è necessario un paziente lavoro di selezione e controllo delle fonti. Ciò significa non appiattirsi su interpretazioni convenzionali né lasciarsi suggestionare da ipotesi eclatanti. L’origine di una notizia di costume può essere dovuta o un fatto annunciato dagli istituti e dalle società di ricerca che consultano periodicamente campioni di popolazione, o può essere nascosto sotto altre notizie. In ogni caso i giornalisti devono sempre confrontare la notizia con situazioni reali, proponendo dati statistici e interpretazioni di esperti, controllando bene le fonti. Se i giornalisti non fanno valere lo spirito critico professionale, il costume rischia di essere seppellito sotto una valanga di statistiche, rapporti, indagini, sondaggi, letteratura sociologica, classifiche, pagelle… Negli anni ’90 si è sviluppato un giornalismo di costume che sfrutta la cronaca per mettere a nudo i cambiamenti di stile, i nuovi linguaggi, i nuovi comportamenti – non solo il costume, anche il malcostume. L’informazione culturale L’ambito dell’informazione culturale non è facile da delimitare perché il concetto di cultura è stato oggetto di interpretazioni diverse. Si può tuttavia convenire che il giornalismo intenda la cultura nel senso moderno del termine, che quello di linguaggio, includendovi aspetti antropologici ed etnografici. Rientrano negli interessi dell’informazione culturale le arti, le scienze, l’archeologia, l’architettura, la musica e il teatro, la filosofia, il diritto, la storia, la letteratura… Nella storia del giornalismo italiano lo spazio della cultura s’identifica con la terza pagina. L’idea di riservare stabilmente una pagina agli interessi del mondo letterario e artistico ha successo perché è coerente con l’origine di molte testate italiane come fogli di gruppi intellettuali. La terza pagina è il luogo privilegiato di questa soggezione del giornalismo alla letteratura, un caso singolare, senza analogie nella stampa occidentale. Un simbolo del compromesso fra letteratura e giornalismo era l’elzeviro, articolo di apertura su due colonne, esercizio di stile, elegante ed evanescente. In quasi un secolo di vita, la terza pagina subisce cambiamenti importanti, diventano negli anni ’60 la sede favorita per le grandi inchieste ed i reportage dall’estero, ma non perde mai del tutto il carattere di «palestra del bello scrivere» e conserva un’impronta di artificiosa gratuità. Ma nel 1956 “Il Giorno” nasce senza la terza pagina, distribuendo le info culturali nelle varie sezioni del giornale, secondo gli argomenti. È il primo atto di una graduale rivoluzione, che si conclude con la morte della terza pagina, alla fine degli anni ’80. La novità è la nascita di redazioni che si occupano esclusivamente di cultura e di giornalisti specializzati nell’info culturale. Innovazione sviluppatasi sulla base di due modelli: La Repubblica e La Stampa. La principale differenza tra i due modelli è il tipo di pubblico che tendono a privilegiare: più elitario nel primo caso, più popolare nell’altro. - Il modello illuministico (La Repubblica) privilegia la continuità con la terza pa- gina classica; uno spazio di auto rappresentazione sia diretta (articoli, dibattiti, anteprime di opere) sia indiretta (interviste, recensioni). La maggior parte degli articoli riguarda novità editoriali, la maggior parte delle firme sono di collabo- ratori, non di giornalisti. La funzione fondamentale di questo modello, ciò di cui il giornalista deve essere padrone, è la circolazione delle idee. Egli deve do- mandarsi come il mondo intellettuale reagisca ai problemi che travagliano la società civile, come possano mutare, in quali direzioni si muovano le scuole di pensiero. Non si tratta di chiedere agli intellettuali che cosa abbiano da dire sui fatti del giorno, non si invitano gli intellettuali a uscire dalle loro torri d’avo- rio, ma si entra nei loro domini. - Il modello cronachistico (La Stampa) rappresenta invece una rottura con la tradizione della terza pagina e un rovesciamento di prospettiva, in cui anche i contenuti degli eventi mutano significato. L’attenzione del giornale si trasferi- sce sulle condizioni in cui gli intellettuali vivono e operano, essi vengono mes- si in scena come i protagonisti di uno spettacolo. Visti attraverso il protagoni- smo degli intellettuali, i fatti culturali diventano accessibili al grande pubblico: lo spostamento dell’interesse dal testo al contesto dovrebbe mettere alla por- tata dei lettori, in forma popolare, conoscenze e info che nella tradizione del nostro giornalismo sono state riservate alle elite colte. Il modello si basa su due tecniche combinate: a) la commistione di elementi colti e popolari; b) una lettura degli eventi in chiave conflittuale. Il modo moderno di trattare la cultura è di affrontarla per conflitti. Il conflitto è una cosa che delimita i campi, che focalizza l’attenzione. Il modello illuministico entra nel merito delle questioni culturali, privilegiandone i contenuti a dispetto della cronaca, il modello cronachistico tratta l’avvenimento sia eliminando le tradizionali separazioni tra info alta e bassa, sia recuperando i contenuti all’interno delle contrapposizioni che lo caratterizzano. Il giornalismo culturale non è fatto solo di notizie, ma anche di contributi critici. Tuttavia si deve considerare la critica come qualcosa di altro rispetto alla notizia giornalistica, e perciò sottratta alle regole del giornalismo. L’informazione culturale presuppone anche l’impiego di strumenti critici, data la particolare natura degli eventi, mentre la critica si appropria talvolta delle tecniche della cronaca, poiché l’oggetto da trattare è comunque un evento. La notizia scientifica È legittimo considerare l’informazione scientifica un’estensione dell’info culturale. Quando l’informazione scientifica si presenta nella forma di hard news, con rilevanti conseguenze di ordine pratico nella vita delle persone, allora è ospitata nelle sedi di cronaca, quando invece riguarda problemi, ricerche, pubblicazioni, è collocata nelle pagine e rubriche culturali. In linea di massima, medicina, genetica, fisica, informatica, astronomia fanno parte dell’info generalista, mentre matematica, geografia, biologia, chimica o psicologia vengono trattate nell’info culturale. Il redattore scientifico è una figura professionale entrata stabilmente nelle redazioni a partire dagli anni ’80; il suo ruolo è spesso caricato di responsabilità in cui si concentra il senso sociale della professione. La questione della responsabilità sociale e morale del giornalista scientifico si rispecchia direttamente in elementi di natura tecnica come l’uso delle fonti, la valutazione della notizia e il modo di comunicarla. Ci sono tre livelli di problemi e di scelte: - rapporto con le fonti – il giornalista è più dipendente dalle fonti che per altre notizie, poiché nel caso dell’info scientifica, la fonte non si limita a segnalare un fatto, ma ne stabilisce anche l’importanza. Ciò che rimane nelle competenze del giornalista scientifico è la verifica dell’autorevolezza e credibilità della fonte, ma una volta che la fonte sia stata ritenuta credibile le si riconosce anche la proprietà di definire il me- rito della notizia. L’informazione scientifica ribalta l’ipotesi che abbiamo fatto per l’informazione politica: assorbe nel fatto anche l’interpretazione da cui scaturisce il senso della notizia. Acquistano una particolare rilevanza: - la certezza ed il prestigio della fonte - le fonti dell’informazione scientifica hanno un carattere d’ufficialità e si dividono in 6 categorie: organismi istituzionali, sedi uni- versitarie, centri di ricerca, pubblicazioni scientifiche, associazioni professionali, congressi e convegni; - la possibilità di un controllo della notizia – è una pratica empirica: «Ogni redattore scientifico tiene nella sua agenda i numeri di telefono di scienziati e ricercatori di 2. Sono spesso meno obbiettive, forniscono opinioni, percezioni, impressioni puntando a risultare emozionanti e coinvolgenti. 3. Impongono un difficile equilibrio fra intrattenimento e informazione; 4. Appagare il lettore con una lettura soddisfacente e seducente. L’unico vero problema per le features è cercare l’idea chiave che permetta di andare al di là della notizia pura e semplice, offrendo al lettore la sorpresa. Per concludere dunque le features sono articoli che informano su determinati avvenimenti reali oltrepassando i dati di cronaca e costruendo una storia della quale si può cogliere solo l’atmosfera e aspetti non misurabili come l’emozioni, le passioni, reazioni psicologiche e significati simbolici. Nella stampa italiana questa distinzione non c’è, non esiste un netto confine della cronaca, tuttavia similarmente abbiamo la separazione fra cronaca e storia. La storia è codificata come tipo di scrittura da Mauro Enzo, direttore della stampa nel 1992-96. Storie e features sono simili, ma non bisogna pensare il fatto che queste abbiano a che fare con la letteratura, tale vicinanza la si ha solo perché prende in prestito espedienti narrativi, ma ciò che si narra è comunque un evento, una notizia reale. Dunque la storia origina sempre da un fatto di cronaca ed è costruito sulla base di elementi di cronaca, ma impiega impressioni e commenti per trasformare l’avvenimento nella rappresentazione simbolica di fenomeni e problemi della società contemporanea. La chiave è l’idea che permettere di cogliere i significati simbolici che un avvenimento può contenere ( es: negozio bianchi- negozio neri = simboleggia un problema americano). La natura della storia va ricercata in due ragioni: teorica e tecnica: 1. Teorica: il concetto di storia supera la teoria secondo la quale alla base delle notizie debba sempre esserci un atto manifesto, ciò che rende notiziabile una storia è la potenzialità simbolica dell’avvenimento. 2. Tecnica: poiché risiede nello spazio dell’info la storia nasce da una notizia, dunque si misura comunque con la realtà, interrogandola sia con gli strumenti cronistici che con quelli narrativi. Il suo lavoro è molto difficile, richiede una grande capacità tecnica perché egli non deve solo raccontare una notizia, ma deve cogliere quel particolare da dare valori aggiunti. New Journalism Il fenomeno più significativo nella storia della scrittura del giornalismo risiede nel new journalism. Con questo termine si intende un movimento di breve durata ma di grandi effetti, sviluppatosi all’inizio degli anni 60 nella stampa americana e concentrato soprattutto a N.Y. e California, che stravolse il modo di scrivere tradizionale suscitando innumerevoli polemiche. Il proposito di tali tecniche era quello di utilizzare tecniche ed espedienti della fiction per scrivere articoli. Alcuni di questi giornalisti sono diventati poi grandi scrittori: Tom Wolf, Truman Capone etc. tutti avevano l’obbiettivo di fare una vera e propria letteratura giornalistica, introducendo nel reporting criteri estetici: jornalism novel o nonfiction novel. Materiali, storie, personaggi, idee non erano inventati, ma venivano presi dalla realtà, piegando alle esigenze della narrazione le flessibili tecniche del giornalismo, al tempo stesso la narrazione non doveva sostituirsi al giornalismo stesso, dando una vivida rappresentazione della notizia. Il nuovo stile conobbe un grande successo per due ragioni: 1. Decennio di kennedy e del Vietnam, ma anche cambiamenti degli stili di vita; 2. Il giornalismo americano stava codificando e imponendo le featurs. Gli anni 60 furono un periodo di grandi cambiamenti: emancipazione femminile, permessivismo sessuale, contestazione giovanile; in quel periodo si fece strada anche l’affluent society dell’America consumistica, l’importanza dei comportamenti, degli stili di vita, delle mode e del gusto. Questo influenza anche il giornalistico che scopriva o riscopriva l’importanza dello stile. Ciò che le features importarono non fu solo più una concorrenza fra giornali, ma addirittura fra giornalisti della stessa testata, spingendo verso le sperimentazioni narrative, sia giornalisti che si misuravano con il reporting. In che cosa consistevano le novità introdotte dal new journalism? L’idea di questo movimento era quella di dare al lettore l’impressione di essere sulla scena dei fatti. Si trattava dunque di non raccontare più la notizia attraverso la voce del repoter, ma sempre attraverso il punto di vista di persone coinvolte nelle vicende, si trattava di impadronirsi della lingue e della cultura, del modo di parlare e ragionare dei soggetti attraverso i quali una storia veniva rivissuta. Wolfe mette in luce 4 artifizi per creare lo stile del new journalism: 1. La costruzione degli avvenimenti scene-by-scene, attraverso un montaggio di scene che escludevano spiegazioni del narratore; 2. Dialoghi che riproducevano il parlato dei personaggi, trasformando le fonti in caratteri; 3. Il punto di vista in terza persona, o punto di vista interno; 4. Descrizioni realistiche nei minimi dettagli: autopsia sociale. Il new journalism venne accusato di tradire la realtà dei fatti mescolando verità e finzione, di essere letteratura piuttosto che giornalismo. Wolfe rifiutò tale accusa giustificando il fatto che le fonti, con questo stile, avrebbero avuto un trattamento e una registrazione dei fatti molto più accurata che nel reporting. La trasgressività riguarda solo la scrittura, il lettore sa che quello che sta leggendo è realmente accaduto. Tuttavia è inevitabile dire che il N.J. forzava ugualmente al massimo l’ampiamento della notizia consentito dalle features. Scrittura soggettiva e oggettiva La scrittura giornalistica distingue due tecniche di esposizione dei fatti: 1. Oggettiva 2. Soggettiva La cui differenza è determinata dal punto di vista esterno o interno. Si definisce oggettiva la tecnica per cui il fatti sono oggettivati dall’esterno, nel senso che il giornalista li riferisce direttamente e apertamente al lettore, mentre si definisce soggettiva la tecnica in cui i fatti sono esposti attraverso un punto di vista interno agli stessi. Per comprendere tale differenza usiamo la tecnica cinematografica: un azione può essere vista in maniera oggettiva dal pubblico, o attraverso lo sguardo di uno dei personaggio. 1956, Indro Montanelli inviato a Budapest per raccontare la rivolta dell’Ungheria da Il corriere della sera, corrispondenza uscita a fine rivolta: questo pezzo rappresenta un modello di scrittura moderno, solido l’impianto e nitida la narrazione. A prima vista l’articolo è caratterizzato dalla sua oggettività. Vi è un ruolo ben distinto fra lettore e giornalista: il giornalista è in primo piano. Il giornalismo sappiamo è di parte, è un’interpretazione della realtà che scaturisce dalla valutazione. Quando si parla di oggettività si intende un’impostazione del pezzo in cui il giornalista si mette in campo e spiega al lettore che ciò che legge è la sua versione. Quaranta anni dopo il modo di scrivere è diventato ( anche ) opposto: 1991 Oriana Fallaci è agli antipodi rispetto a quella di Montanelli, tutta il reportage immerge il lettore stesso sulla scena, noi siamo lì con lei. Dunque una prima distinzione riguarda i contenuti, se mettere o meno nel lead un fatto o un particolare, i dati essenziali o solo uno di questi, e la scelta dipende dal genere di articolo, dal medium che lo diffonde, dal significato della notizia, dal contesto. Il lead non si improvvisa, anzi richiede un grande lavoro, i migliori non sono quelli che arrivano subito, e ne esistono una grande varietà. Comunque tale varietà è riducibile a 4 grandi categorie, il giornalista deve scegliere se: 1. Una enunciazione di un fatto; 2. Descrivere Una situazione; 3. Riportare Una dichiarazione; 4. Porre Un interrogativo; Il lead impostato su un particolare favorisce elementi che possono anche non essere rilevanti al fine della notizia, ma favoriscono un coinvolgimento emozionale del lettore. Il soft lead, molto adatto alle features, alle storie, tende a visualizzare i fatti creandone un collegamento con le immagini ( suggestione). Il lead è la chiave per capire la notizia. Come proseguire: focus e struttura I punti critici nell’organizzazione dell’articolo sono due: 1. Focus 2. Struttura Per focus si intende un contenuto o un aspetto della notizia sui quali costruire l’intero articolo, mentre la struttura, a esso stesso collegato, si intende il modo in cui le varie di una notizia parti vengono sistemate nell’articolo. La scelta di un focus, dipende dall’interpretazione dell’avvenimento. La struttura dipende a sua volta dal focus, una volta deciso il significato della notizia che si vuole privilegiare la disposizione dei materiali sarà funzionale al senso. La forza di un articolo consiste nella sua capacità di afferrare il focus e organizzare i materiali in sua funzione. Una stessa notizia può assumere interpretazioni e dunque significati diversi. Una notizia è la sommatoria di numerosi fatti, nel senso che il suo significato complessivo viene a galla quando si mettono in ordine i diversi elementi, il focus è il nesso che unisce questi elementi in modo da formare una notizia, precisa e compiuta. Spesso il focus è condensato nel lead. Per quanto riguarda la struttura, la sua organizzazione, soltanto una parte delle informazioni che contiene riguardano l’attualità e contengono le 5 W. Dal punto di vista della natura dei materiali, un pezzo è un montaggio: 1. Esposizione di uno o più fatti, corredata da dati di attualità; 2. Dichiarazioni e testimonianze, virgolettate e non, spezzate e distribuite in vari punti del testo; 3. Descrizioni, narrazioni, rievocazioni; 4. Opinioni, commenti, giudizi e valutazioni. In America sono stati studiati i criteri con cui organizzare i materiali di un servizio: 1. Un primo criterio riguarda la successione logica dei fatti che può essere: cronologica, causa-effetto, azione e reazione. 2. Un secondo criterio concerne l’importanza dei singoli fatti e dei loro significati, la sequenza logica può essere alterata in funzione dell’importanza dei vari elementi. La struttura di un articolo è infine completata da un riepilogo e una conclusione. Il riepilogo ha la funzione di aggiornare il lettore sui precedenti eventi, mentre la conclusione è un elemento opzionale che spesso si ricollega al lead, in altri casi si diventa la sede di una riflessione o anche di un giudizio sull’avvenimento. Come presentare: il titolo Il tempo medio dedicato alla lettura di un giornale è poco più di 30 minuti, dunque un giornale che è composto da 50-60 pagine, che a pagina si impiega 10 minuti per leggerlo, si richiederebbe un tempo di lettura di 5-6 ore. A ciò si impone la funzione di un titolo, questi riducono drasticamente i tempi di lettura, fornendo al lettore sia un colpo d’occhio sul panorama delle notizia, sia la possibilità di selezionare i pezzi da leggere. Il titolo è una sintesi delle notizie contenute in un pezzo, la sua funzione è quella di veicolare la massima quantità di informazione nel minor spazio possibile. Fare i titoli è compito dei redattori. Si distinguono 3 elementi separati: 1. Occhiello 2. Titolo 3. Sommario Ad essi spettano tradizionale funzioni diverse: l’occhiello presenta, il titolo espone, il sommario chiarisce. Sotto il sommario, è stata inserita una nuova riga, il catenaccio perché chiude lo spazio del titolo. Esso è un elemento aggiuntivo, quasi un secondo titolo, sotto questa struttura compare un altro sommario. Murialdi distingueva titolazione cronistica e indicativa e quella brillante e o drammatica, dette anche calda e fredda. Eco individua a sua volta un’opposizione fra titoli informativi e titoli emotivi. Per capire come i redattori sistemano i titoli bisogna aver in mente questa chiara distinzione fra titoli enunciativi e paradigmatici. Per fare un titolo enunciativo bisogna cercare i nessi fra i vari elementi, mentre per fare un titolo paradigmatico bisogna cogliere, in una parola o slogan, il significato della faccenda in questione. Il primo è più aderente alla cronaca, il secondo è più vicino al commento, il primo è aderente a qualsiasi giornale mentre il secondo quando c’è una comunanza di linguaggio con il pubblico. Il metodo di lavoro è tuttavia il medesimo, un redattore parte dall’analisi degli elementi informativi, tenendo conto della loro importanza e carica di novità. Tra i molti fatti si sceglie quello più significativo o si elabora un concetto che possa riassumerli. Titolo enunciativo: personaggio e dialogo. Titolo paradigmatico: esercita un’attrazione superiore a quella garantita dai contenuti della notizia, la tendenza generale è di lavorare su questo modello di titolazione o comunque di inserire nei titoli elementi paradigmatici a effetto. Tuttavia il desiderio di ricercare un titolo ad effetto non deve mai andare a scapito della sua comprensione. La conseguenza spesso di un titolo ad effetto è l’incoerenza dei titoli rispetto ai testi. Un secondo ruolo che svolge il titolo è quello di interpretare o commentare la notizia, esso può anticipare l’impostazione, l’opinione, il giudizio. È necessario salvaguardare nella titolazione la chiarezza e la sua unicità. Capitolo 6. Notizie e Immagini Caratteri del fotogiornalismo Il detto di Robert Capa ( fotoreporter Ungherese) : se le fotografie non sono abbastanza buone vuol dire che non si è abbastanza vicini, è una delle rappresentazioni realistiche e pragmatiche del fotogiornalismo nel quale si fondono concezioni artistiche ed esperienze tecniche molto diverse accomunate da un unico e decisivo elemento: essere là dove sono i fatti. I significati di una fotografia possono essere molteplici, ma uno solo appartiene a quelle giornalistiche: l’idea che il fotografo fosse sul posto. Sintetizzando la fotografia: va, vede e racconta. Documenta infatti sia l’attimo di contatto del giornalista con la realtà, sia la funzione di testimone sul posto con l’immediatezza e l’immediatezza che difficilmente un articolo può avere. Il fotogiornalista è l’unico ha possedere l’unica immagine che fa la differenza, esso ha una duplice funzione nei confronti del pubblico: diventa proiezione dello sguardo del lettore e realizza un bisogno di partecipazione che si esprime nell’idea di essere visti ( meccanismo di autoidentificazione di una fotografia riguarda autore ma anche soggetto ). un’immagine fotografica «non è soltanto una raffigurazione del soggetto, ma ne è parte integrante». «Una fotografia non è solo il frutto di un incontro tra un evento e un fotografo; è un evento in sé, e con diritti sempre più perentori – di interferire, di invadere o di ignorare quello che succede […] Una volta concluso l’evento, continuerà ad esistere la sua immagine, conferendo all’evento stesso una sorta d’immortalità (e d’importanza) che altrimenti non avrebbe avuto». Questa rappresentazione della realtà non solo è altra cosa rispetto all’evento nella sua totalità, ma è frutto di visioni e scelte soggettive. «La macchina fotografica coglie effettivamente la realtà, e non si limita a interpretarla, le fotografie sono un’interpretazione del mondo esattamente quanto i quadri e i disegni». Il testo fotografico tende sempre a coincidere con lo stile, cioè con la preoccupazione estetica: nella fotografia non è possibile distinguere gli aspetti tecnici di prospettiva, tonalità, inquadratura, luminosità, da quelli estetici, non è possibile separare l’azione (del mezzo) dall’intenzione (dell’autore). Il grande Bresson interpreta la fotografia come una forma di pittura ed è alla ricerca di una foto che abbia valore di un quadro a prescindere da qualsiasi info possa contenere. Il suo ideale di reportage resta la foto unique, il risultato sono immagini perfette e equilibrate, come se ogni immagine potesse essere un mondo in sé concluso, che esprime tutto il possibile attorno all’oggetto che contiene, non racconta nulla. All’opposto di tale visione troviamo Giacomelli, dove non è importante la singola foto, ma la serie, il racconto. Ciò che conta è quel che nasce nella mente. Egli rappresenta il punto più alto del fotogiornalismo italiano, usa il suo obbiettivo per catturare la realtà, per capirla, spiegarla offrirla attraverso determinate scelte tecniche, cerca di fotografare i pensieri, l’oggetto mi è utile per trasmettere quello che voglio dire. Facciamo due osservazioni: 1. Il soggetto nel suo rapporto con l’evento è sempre un frammento. Qualunque sia la natura dell’evento, la foto riporta solo una porzione che diventa il Particolare assoluto. La fotografia non può mai contenere la totalità dell’evento, ma ne riferisce un particolare. Il contenuto della notizia riguarda gli aspetti particolari che il fotografo a ritratto dell’evento. L’evento si scinde in frammenti che raccontano un nuovo evento e che sono autonomi, e la frammentarietà può essere superata in due modi: o dal contesto dell’immagine ( didascalie) o trasformando il particolare in un simbolo dell’evento. 2. I caratteri dell’immagine fotografica che si possono considerare valori notizia e che rientrano negli stereotipi con cui comunicare al lettore. Tali caratteri di notiziabilità sono, almeno in parte, legati all’evento: siano oggettivi. Ma questa visione non tiene conto di un passaggio chiave: per il fotoreporter l’avvenimento diventa un particolare, i valori notizia non sono quelli che mettono in moto il fotoreporter ma quelli che egli mette a fuoco. I valori notizia dunque presentano una specificità che è legata all’avvenimento da una relazione di significata, ma al tempo stesso è limitata dalla meccacinità del mezzo fotografico: i caratteri del soggetto che il fotografo valorizza dipendono dalle possibilità tecniche di ritrarlo e la corrispondenza al suo stile. Anche il fotoreporter ha in mente in suo lettore, il suo pubblico in funzione del quale sceglie il suo soggetto, ma il come viene comunicato, la sua forma, è determinato dal suo stile. Possiamo riepilogare queste riflessioni sulla notizia fotografica in 4 punti: 1. Alto grado di attendibilità rispetto al soggetto 2. Contiene un alto grado di ambiguità rispetto alle percezioni 3. Trasforma l’evento nell’unicità di un particolare ( frammentato) 4. Prevede valori notizia piuttosto soggettivi, basati più sullo stile che sull’avvenimento. Il focus della fotografia non è mai sull’avvenimento ma su aspetti laterali ( alluvione: famiglia di bianchi sta bene e quelli di colore in fila per l’assistenza, denuncia sociale, non drammaticità dell’alluvione.) Esiste un paradosso nella fotografia giornalistica: essa autentica il reale attraverso la soggettività, le foto esistono soltanto in quanto il fotografo le cattura: sono un aspetto del fatto che alla fine coincide con il fatto, il particolare ne dà tutto il senso, la soggettività presente anche nella notizia, nel giornalismo è più accentuata, essa è la sostanza stessa della notizia. Fotografie e giornali Studiamo l’immagine fotografica come viene impiegata nei giornali. Trattiamo dunque aspetti tecnici della notizia che si possono riassumere in 3 grandi ordini di problemi: 1. Rapporto con il contesto 2. Modelli di impaginazione 3. Manipolazione e falsificazione Il primo punto riguarda fondamentalmente due questioni: l’uso delle didascalie e il racconto fotografico: nei suoi anni d’oro il fotogiornalismo ebbe l’ambizione di fotografie tanto fedeli e significative da rendere superflui i testi scritti. Tale questione è stata resa irrilevante anche dalla tv che aveva sancito la superiorità dell’immagine della parola, l’immagine che parla da sola è divenuta un modello del giornalismo aristocratico. Le fotografie parlavano da sole, giocando sulla forza evocativa dell’immagine. Il racconto fotografico è anch’esso una scoperta dell’epoca d’oro. A cui si fa coincidere l’origine a M. Bourke White, fu uno dei mezzi fondamentali mezzi di comunicazione destinato a restare tale per almeno una trentina d’anni. Il photo essay, a confronto del racconto giornalistico, aveva come idea quella di rendere l’immagine partecipe dell’umanità dei suoi personaggi e delle loro storie. Il fotoreporter cercava di entrare nell’intimità del rapporto tra personaggio e luogo, personaggio ed evento, il risultato è un racconto che tende verso la tradizione cinematografica. I modelli di impaginazione si riflettono sui due aspetti del contesto, essi possono presentare sotto forma di una pausa e di un flusso. Nel primo caso l’immagine fotografica viene valorizzata nel suo particolare, nel suo frammento del reale, pausa che si contrappone al flusso di immagini televisive, e in questo impiego si chiede alla fotografia di esprimere tutta la sua forza e di comunicare tutta la sua immediatezza. A valorizzare questo impiego sono soprattutto i quotidiani americani e inglesi d’Élite. Per queste immagini si preferiscono soggetti che intrattengono una interrelazione con il lettore: gente, in particolare bambini, per la loro spontanea naturalezza. Gente in movimento apparendo come nella vita. Nell’impaginazione secondo il modello del flusso le immagini sono rimpicciolite, pubblicate in piccole dimensioni, all’interno di un articolo, nell’intento di riprodurre o rievocare l’idea del racconto fotografico. Nella stampa italiana il modello si è diffuso un po’ su tutti i grandi periodici, anche per restituire al lettore l’idea di una continuità di immagini a cui la televisione l’ha abituato. Nel primo caso (pausa) la fotografia è stampata in grandi dimensioni, per valorizzarne sia il contenuto specifico sia la qualità tecnica, trasformandola nella rappresentazione realistica o simbolica del significato di un evento. Spesso riprendono immagini lanciate dalle tv e che hanno esercitato un forte interesse nel pubblico, comunicandone la risonanza. Nel secondo caso (flusso), le foto servono ad illustrare una notizia e a renderla più vivida e attraente, a prescindere dalla loro qualità. Con la pausa il giornale è alternativo alla tv, con il flusso il giornale diventa mimetico. per manipolazione delle fotografie si intende un trattamento che alteri l’immagine, modificandone il significato. Tale manipolazione può avvenire in fase di stampa o in fase di impaginazione, sia chimicamente che elettronicamente. La possibilità di manipolazione sono infinite; esiste anzi una sorta di glossario della falsificazione fotografica in cui ricorrono verbi come ritoccare, scontornare, ritagliare, inquadrare, cancellare e oggi, con le nuove tecnologie, una fotografia può essere letta in migliaia di punti, codificata e ricostruita da una memoria elettronica. Per cui nel fotogiornalismo è opportuno distinguere non solo tra realtà dell’oggetto fotografato e stile consapevole del fotografo, bensì tra l’intenzione del fotografo e il trattamento dell’immagine. Per falsificazione invece si intende un intervento artificiale che modifichi intenzionalmente il soggetto che deve essere fotografato. La storia del fotogiornalismo è affollata di episodi di falsificazione del soggetto: numerose immagini belliche sono frutto di ricostruzioni. Una forma elegante di falsificazione fotografica, ma altrettanto fuorviante, sono le cosiddette photo opportunities (photo ops), in cui si programmano e predispongono situazioni che condizionino la 2. La narrazione del reporter, l’efficacia della narrazione è affidata alla capacità di aderire alla tipologia dell’evento , sia attraverso la lingua con cui si esprime, sia attraverso il suono e il tono della voce. La sfida del giornalismo radiofonico è di restituire la nitidezza dei fatti senza perdere l’aura che caratterizza l’ascolto della radio. Uno dei problemi tecnici di base è l’adattamento dei testi giornalistici ai tempi radiofonici, 20-40 secondi per le notizie e 2-4 minuti per i servizi. Ciò comporta l’impiego di una lingua al tempo stesso sintetica e plastica. Ma sul piano delle tecniche del linguaggio giornalistico, restano valide gli elementi di base ( lead, struttura, punto di vista esterno, punto di vista interno). Effetto televisione La supremazia dell’immagine obbliga a un ripensamento del rapporto con il pubblico, in quanto l’immediatezza porta a ridurre, se non ad annullare, la tradizionale distanza mediata dal giornalista fra pubblica e notizia. I messaggi prodotti dal giornalismo televisivo o sfruttano i poteri iconici delle immagini o perdono consistenza, questo potere agisce anche a prescindere dall’intenzione e dalla consapevolezza del giornalista. Il quale, se ne è consapevole riesce a maneggiarlo altrimenti lo subisce. Un altro aspetto ambiguo fra tv e pubblico è determinato dal fatto che la tv non è semplicemente qualcosa che si guarda ma è qualcosa in cui si appare. Il pubblico si trova sia dietro che davanti l’apparecchio. In tale chiave la televisione ha metabolizzato un’osmosi fra generi diversi e in particolare fra informazione e spettacolo. La paleotelevisione aveva più che altro una funzione pedagogica-autoritaria, che ha perso ogni capacità di presa un pubblico educato, così facendo la neotelevisione, seguendo il modello dei teleshow americani, offrono programmi fiction del vero, in cui finalmente entrava in scena, come protagonista, il pubblico, questa punta a un coinvolgimento empatico. Bisogna parlare anche degli interessi di natura commerciale che sostengono e controllano i palinsesti di proprietà pubblica, le produzioni televisive comprese quelle giornalistiche. Poiché la televisione richiede degli alti investimenti è uno dei medium più esposti alle pressioni finanziarie e al controllo dell’audience ( share e indici di gradimento). L’obbiettivo di sponsor e inserzioni servono ad attirare un’audience compatibile con gli interessi che gestiscono. Tuttavia per quanto gli interessi commerciali e pubblicitari possano rivelarsi come un limite di giornalisti e autori, questi contribuiscono in maniera determinante a rendere operante l’impresa televisiva. Alla notizia televisiva si possono attribuire due caratteri fondamentali: 1. Supremazia delle immagini rispetto al parlato, le immagini sono il linguaggio specifico con cui il giornalista televisivo si confronta per trasmettere le informazioni. Tuttavia vi è chi critica chi usa solo immagini come mera illustrazione dei testi scritti( wallpapers, carta da parati). La visualizzazione imposta dalla tv rende necessaria quella che possiamo chiamare messa in scena che determinano la notiziabilità di un evento. Messa in scena nel senso che le immagini devono essere selezionare e montate in modo che l’intero complesso dei dati notiziabili e dei significati dell’evento siano comunicabili attraverso le immagini. 2. Supremazia dell’esperienza rispetto all’informazione, il giornalismo televisivo per esprimere il suo potenziale quando riesce a trasformare in esperienza l oggetto della notizia. La televisione valorizza una delle procedure del giornalismo più dense di notiziabilità, ovvero la regola per cui le idee si comunicano attraverso i fatti e i fatti attraverso i personaggi. Se la televisione di fronte a un evento riesce a condensarlo in un fatto che si presti alla narrazione, raccontandolo trasformandolo nell’esperienza soggetti di persone, allora otterrà audience, la gente starà in poltrona a guardarlo. Vediamo ora le indicazioni tecniche riassumibili nei seguenti punti: 1. Il genere più consono al giornalismoTV è la storia o la features, 2. Il modo più efficace è quella di tradurla in azione, 3. La notiziabilità televisiva valorizza al massimo lo human interest, ( evento= esperienza soggettive) 4. La notiziabilità televisiva valorizza anche il valore della conflittualità, come elemento proprio dell’azione. L’azione ha importanza per il fatto che la tipicità dell’immagine televisiva è il movimento, dunque si tende a ridurre a minimo i momenti di staticità. In merito all’human interest consente al telespettatore di riconoscersi nell’esperienza televisiva, dunque di apparire, invece la conflittualità si presta alla narrazione schematica di numerosi eventi. La conclusione è che la televisione così come il fotogiornalismo si presenta sotto due aspetti: riproduzione (evento indiretta, simultaneo) e ricostruzione ( evento oggetto di una rielaborazione). Nel caso della televisione si può dire che ricostruzione e riproduzione sono imposte sia dalla cultura stessa di questa tecnologia che dai mezzi tecnici di cui si avvale. Naturalmente deve continuare a esistere una sostanziale differenza fra giornalismo e spettacolo, offuscato sa un linguaggio specifico. A parte questi elementi entrano in gioco anche le delibere scelte dei giornalisti per quanto riguarda le immagini dei servizi. Ci interessa il modo in cui i mezzi tecnici della tv interferiscono con il linguaggio giornalistico. Per un servizio televisivo sono disponibili i seguenti elementi di natura tecnica: 1. Montaggio di inquadrature dal vivo; 2. Montaggio di inquadrature da repertorio; 3. Voce fuori campo; 4. Standbite, porzioni di dichiarazioni di un personaggio; 5. Sand up, collegamenti in diretta con il giornalista sul luogo dell’evento; 6. Reader, informazioni lette dal conduttore senza supporto di immagini; gli elementi linguistici che condizionano la costruzione della notizia televisiva sono sostanzialmente 3: 1. La presenza irrinunciabile dell’immagine; 2. Breve durata del servizio che richiede l’impiego di tecniche di scrittura avanzata; 3. Conduzioni di fruizione in cui il pubblico televisivo entra in contatto con la notizia. Per quanto riguarda la scrittura questa deve fondamentalmente essere breve ma completa, chiara e lineare.: caratteristica peculiare della tv, medium dell’uomo medio che può trovarsi in condizioni d’ascolto non sempre ottimali. Come per un testo giornalistico, anche nel caso delle notizie televisive è fondamentale l'assemblaggio dei diversi segmenti che compongono la notizia e che possono rispecchiarla. I materiali sono vari e complessi; tuttavia, vengono assemblati secondo una struttura che non è diversa da quella di base: lead, esposizione, focus, conclusione, eventualmente il riepilogo e la sequenza delle informazioni. Un problema particolare per quanto riguarda il lead e costituito dal fatto che la maggior parte dei servizi vengono introdotti dal conduttore. La sua breve presentazione della notizia (non più di 20 secondi) è detta lead-in, ed è tendenzialmente impostato su un particolare della notizia. Per far girare la macchina dei notiziari è necessaria una struttura organizzativa più articolata di quella che produce la stampa quotidiana. Le principali figure sono: - direttore – che ha le stesse responsabilità e poteri del direttore di un quotidiano - producer – seleziona le notizie, ne controlla il trattamento, coordina l’organizzazione per raccoglierle e diffonderle - reporter – raccoglie le notizie sul luogo dell’evento, da cronista, inviato o corrispon- dente all’estero Una questione particolare riguarda i programmi che sfruttano l’informazione ai fini dell’intrattenimento, come accade con alcuni talk-show, notiziari come striscia la notizia e le iene, le invasioni barbariche. Questi sono una delle forme in cui si esprime la cosiddetta neotelevisione, dove l’oggetto del programma sono le interazioni che si stabiliscono fra i diversi personaggi invitati in studio, l’evento, il problema o la prospettiva di cui si discute. Tuttavia se si pensa a striscia la notizia o alle iene questi sono programmi che in realtà svolgono un ruolo di denuncia sociale che vengono mascherati da tutto un apparato, ma ciò non toglie che il telespettatore riceva delle notizie. Si può affermare che non si debba usare alcun artificio né si possa ricorrere ad alcun trucco che abbiano lo scopo di rendere credibili ricostruzioni di fatti che nella realtà non sono mai accaduti. La ricostruzione è tuttavia ammessa se il telespettatore è avvertito che ciò che sta guardando non è la realtà e se si basa su elementi fattuali documentati da ricerche storiche o da atti ufficiali. Il rischio dell’infotainment è che anche ciò che costituisce informazione sia ricevuto come intrattenimento. Da un lato è quindi necessario tirare una linea di confine che comunque distingua; dall’altro si richiede una certa flessibilità per apprezzare la funzione di programmi spuri, che impieghino modalità giornalistiche. Bisogna riconoscere però all’espansione dell’infotainment di aver portato a galla, mediante la potenza di un medium di massa, questioni che giacevano sui fondali del giornalismo e che nell’economia della comunicazione attraverso la stampa potevano apparire meno pressanti. Capitolo. 9 La deontologia Il termine deontologia deriva dal greco e deon significa bisogno e necessità, quindi dovere e convenienza, coniato per definire la scienza di ciò che conviene, affinchè le azioni umane possano conseguire i piaceri ed evitare i dolori. Il criterio di questa scienza si basa sulla massima felicità per il maggior numero di individui, si cercò di stabile una tavola completa dei moventi dell’azione da servire come guida per ogni futura legislazione. Questo concetto venne sviluppato dal punto filosofico e giuridico fino alla moderna definizione di deontologia, insieme dei doveri che riguarda una categoria di persone. La deontologia riguarda norme positive, l’etica riguarda invece principi ideali, la prima prevede sanzioni sociale, la seconda sanzioni morale. La ragione per cui si parla di deontologia e principi etici concerne il nostro interesse per gli aspetti che orientano e disciplinano la condotta dei giornalisti e riflettono la funzione attribuita ai giornali nella formazione di un’opinione pubblica democratica; contemporaneamente la deontologia è connessa al linguaggio giornalistico. La deontologia concorre a definire la struttura del linguaggio giornalistico e a precisare le possibilità dei singoli elementi di questo linguaggio. Il principio giuridico prevalso nella legislazione è stato quello del diritto di cronaca (diritto di informare) che discendeva da una concezione della libertà di stampa come diritto di chi la esercita piuttosto che della comunità sociale che ne fruisce. Quindi alla libertà di stampa non corrisponde un diritto dei cittadini a essere informati, il quale non viene citato nell’art.21, primi due commi affermano la libertà della stampa, postulandone la tutela costituzionale, come un diritto attivo di chi informa, manifestando il proprio pensiero. L’art. 21 è stato oggetto di interpretazioni contrapposte, sviluppate dalla scuola individualista e da quella funzionalista. Per l’interpretazione individualista, la libertà di informare è una sottospecie della libertà di manifestazione del pensiero, e solo in questo senso l’informazione può godere delle garanzie costituzionali essa concerne quindi un diritto soggettivo assoluto e non presuppone un valore o un’utilità sociale di questo diritto. Il principale effetto di questa interpretazione è di garantire la massima tutela ai giornalisti. L’interpretazione funzionalista pone l’accento sui diritti del fruitore di info, il comune cittadino, che gode di un diritto passivo ad essere individualista ha dato la sua impronta alla legislazione soprattutto quando è stato istituito l’Ordine dei Giornalisti (legge 03/02/1963, n.69). Il principio che la informato. L’indirizzo legge proclama è la libertà di informazione, cioè il diritto alla cronaca, ma il concetto cardine è l’indipendenza del giornalista, sempre e comunque nel rispetto dei limiti ( quali segretezza professionale) citati in costituzione. Il diritto di cronaca in questo senso fu un tempo considerato una prerogativa soggettiva che consentiva al giornalista di violare la sfera privata delle persone. Già nel 59 il ministro di Grazia e giustizia aveva proposto di inserire un articolo che prevedeva una responsabilità sociale, proposta non accolta, poiché a soli 20anni dalla caduta del periodo fascista ne si diede una lettura negativa nel senso che essa potesse favorire il controllo sulla libertà di stampa, in base ai criteri di pubblica utilità. In realtà la proposta voleva promuovere e stabilire le condizioni perché alla libertà di stampa corrispondesse un diritto dei cittadini a essere informati. La legge che ha istituito l’Ordine rispecchia fedelmente la diffidenza della categoria nei confronti di qualsiasi limite al diritto di cronaca. Conseguenza di ciò è stata la rinuncia a dotare il neonato ordine professionale di un codice deontologico, sebbene la legge preveda sanzioni a carico degli iscritti (artt. 48 e 51). Ma a tali norme non corrisponde una definizione dei comportamenti che possono oltrepassare i limiti del diritto di cronaca per garantire la correttezza e la completezza dell’info ai cittadini. Opposte a quelle della legislazione italiana sono le basi del codice etico dell’American Society of Professional Journalists e le dichiarazioni dei principi dell’American Society of Newspaper Editors, nel primo documento si spiega che gli standard della pratica giornalistica devono attenersi al principio di responsabilità e che il diritto del pubblico a conoscere gli eventi di importanza e interessi generali è la missione essenziale del giornalista, nel secondo documento invece si afferma che la libertà di stampa appartiene al popolo e deve essere difesa dalle usurpazioni, siano esse private o pubbliche. Nel caso italiano, la mancanza di un codice deontologico e la prevalenza del diritto di cronaca hanno aperto un vuoto normativo che la giurisprudenza ha tentato di colmare ogni volta che la libertà di informazione riconosciuta ai giornalisti è entrata in conflitto con altri diritti, individuali o collettivi, in particolare a tutela dell’identità e integrità della persona. Nella sentenza della Corte costituzionale n.94 del 1977 si dice che i grandi mezzi di diffusione del pensiero, compresi i giornali, possano essere considerati servizi oggettivamente pubblici o comunque di pubblico interesse. Nella sentenza della Corte di cassazione, in sede civile, del 18/12/1984 vengono fissate le condizioni in base alle quali una notizia può essere pubblicata anche se danneggia la reputazione di una persona: deve essere vera e completa, non può essere una mezza verità, può anche essere putativa purché riferita al termine di un serio lavoro di verifica, deve sussisterne l’utilità sociale, l’esposizione deve essere improntata a leale chiarezza e a una forma civile. Il pronunciamento del 18/12/1984 venne ironicamente definito dai giornalisti la «sentenza decalogo» perché conteneva concetti di difficile traduzione sul piano concreto, come quello di oggettività . In realtà la Cassazione cercava di esplicitare il principio della continenza, ma venne considerata un’ingerenza: «L’affermazione di un diritto di tutela preventivo della magistratura sulla stampa». Il diritto di cronaca, implicito nella formulazione dell’art.2, gode di un preciso riferimento tecnico negli articoli 50-54 del codice penale che rendi esenti da punizioni chi commette reato, ma violi le norme per un proprio diritto, il diritto di cronaca. L’interpretazione corretta del diritto di cronaca deve fare riferimento a due tipi di risorse normative: un complesso quadro legislativo e una serie di documenti di autodisciplina. Ne fanno parte la legge sulla stampa, che contiene disposizioni di carattere amministrativo, ma anche un’importa norma deontologica che stabilisce il dovere di rettifica nei confronti di soggetti offesi da articoli lesivi della dignità o contrari alla verità. Il reato di diffamazione riveste una posizione di particolare rilievo nel corpus delle norme deontologiche del giornalismo. Una sentenza del ’99 della Cassazione ha stabilito il principio di estraneità del giornalista rispetto ai fatti oggetto di notizia, se l’opinione dell’intervistato è riportata tra virgolette. In altri casi il giornalista è vincolato da disposizioni che riguardano ogni cittadino: è reato procacciarsi notizie che concernono segreti di Stato o di cui è vietata la divulgazione, carpire info in maniera fraudolenta, rivelare documenti segreti; anche il giornalista deve rispettare il diritto di ognuno all’identità personale e il diritto d’autore. Un caso a sé è il segreto professionale, secondo il quale i giornalisti non hanno il diritto di rivelare i nomi delle persone da cui hanno preso la notizia di carattere fiduciario, ma il magistrato può comunque in casi gravi far rivelare la fonte. I documenti di autodisciplina formano un corpus di regole deontologiche che ha preso forma dentro le redazioni di alcune grandi aziende editoriali. I testi più completi sono il Codice di autodisciplina del Sole-24 Ore (1987) e il Patto sui diritti e doveri dei giornalisti de La Repubblica (1990). Il primo testo ispirato al codice di autodisciplina del wall street journal, stabiliva che i giornalisti non accetteranno né direttamente né indirettamente: l’impossibilità di stabilire norme irrinunciabili di fronte all’esigenza di diffondere informazioni. Il criterio dell’essenzialità dell’informazione è un criterio relativo. Fondamentale è la distinzione tra privati cittadini e persone pubbliche: si stabilisce una stretta relazione tra notorietà e notiziabilità, da cui discende che la sfera privata delle persone pubbliche possa essere violata solo se le notizie hanno un rilievo sul loro ruolo sociale o sulla loro vita pubblica. In questo principio sono esplicate le due principali funzioni attribuite alla stampa in una democrazia: - la diffusione di notizie che contribuiscano a formare l’opinione pubblica; - il controllo e la critica dei diversi poteri istituzionali e privati. L’osservanza di obblighi e divieti sulla privacy è ribadita puntualmente in altri articoli: 1. art.8 tutela della dignità di persone coinvolte in fatti di violenza; 2. art.10 vieta la pubblicazione dei dati clinici di una persona malata. Si identificano comunque delle deroghe, nell’osservanza della legge e dei limiti imposti, se è per il perseguimento dell’essenzialità dell’informazione. Le norme del Codice intervengono indirettamente anche sul trattamento delle fonti. All’art.2 si afferma che i giornalisti devono rendere nota la loro identità e la professione, ma è prevista una deroga in due casi: 1. se la dichiarazione di identità comporta dei rischi per l’incolumità del giornalista o se 2. renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa. In pratica se il giornalista valuta che celare la propria identità sia il solo modo per acquisire una notizia, è legittimato a farlo. L’unica vera norma assoluta è il divieto di ritrarre persone con manette ai polsi, e anche il divieto di riprendere e riprodurre foto di detenuti senza il loro consenso resta subordinato a rilevanti motivi di interesse pubblici. Queste due ultime norme sono scaturite dalle polemiche create dalle cronache giudiziarie di Mani Pulite, soprattutto attorno alle violazioni del principio della presunzione di innocenza. I diritti dei minori sono tutelati da uno specifico documento, la Carta di Treviso (1990), aggiornata dal Vademecum del ’95 in cui vengono rafforzati i punti chiave, in particolare la tutela dell’anonimato del minore e l’impegno ad evitare la presenza di minori in trasmissioni televisive che possano ledere la loro dignità o turbare la loro privacy, a prescindere dal consenso dei genitori. I poteri del direttore Un quotidiano è un prodotto collettivo con i caratteri dell’impresa, la responsabilità di questa organizzazione spetta al direttore, una figura istituzionale bifronte: da un lato è per legge un giornalista, garante dei diritti della redazione nei confronti della proprietà, dall’altro interpreta gli interessi dell’editore, dal quale riceve un mandato di fiducia. I poteri del direttore sono stabiliti dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico (stipulato dalla FIEG, e la FNSI). Subito dopo la nomina, il direttore è tenuto a presentare il proprio programma all’assemblea dei redattori. Ma è una formalità: i poteri riconosciuti al direttore gli conferiscono il ruolo di un monarca. L’art.32 del contratto prevede la «clausola di coscienza», valida per tutti i giornalisti, non per solo quelli politici: «Nel caso di sostanziale cambiamento dell’indirizzo politico del giornale […] il giornalista potrà chiedere la risoluzione del rapporto con diritto alle indennità di licenziamento. Uguale diritto spetta al giornalista al quale, per fatti che comportino la responsabilità dell’editore, su sua creata un evidente incompatibilità con la sua dignità. Ma come si conciliano i poteri assoluti del direttore-monarca col diritto di ogni giornalista alla libertà di info e di critica? Due norme, contenute negli artt.9 e 34, limitano i poteri del direttore e tutelano l’autonomia del giornalista. La prima norma vieta di modificare un articolo firmato senza il consenso di chi lo ha scritto. In realtà la norma non toglie al direttore il potere di intervenire su un pezzo, però i giornalisti hanno la facoltà, quando ciò si verifichi, di ritirare la firma (disciplina del diritto d’autore). La norma è importante: significa che l’autore di un pezzo ha diritto al rispetto della sua interpretazione dei fatti. Il contratto di lavoro inoltre attribuisce al Comitato di redazione (organismo sindacale dei giornalisti di una testata, costituito da 3 membri eletti dall’assemblea di redazione) la facoltà di pronunciarsi su questioni che riguardano la valutazione delle notizie e la completezza delle informazioni. Se una notizia è soppressa, se un titolo è cambiato, il Comitato di redazione ha facoltà di intervenire, ma la direzione non è tenuta a soddisfarne le richieste. L’esercizio della libertà di informazione e di critica di una notizia da parte di un redattore è comunque regolata da una vertenza sindacale. La carta dei doveri Il lavoro giornalistico è segnato da una lunga serie di norme che insieme costituiscono un corpus di carattere deontologico, colmando il vuoto aperto dalla legge sull’ordinamento della professione, anche se si presentano sparpagliate in vari testi. Il documento centrale è la Carta dei doveri dei giornalisti italiani (08/07/1993) che comprende tutti gli ambiti dell’attività giornalistica che possono originare conflitti deontologici. La Carta, divisa in tre parti, Premessa, Principi e Doveri, tende ad enunciare principi e a proporre orientamenti anche nella parte riservata ai doveri, perciò contiene in sé una genericità che può consentire diverse interpretazioni. L’aspetto più significativo della Carta è la sua aderenza alla concezione della libertà di informazione e di stampa come diritto passivo della collettività, oltre che diritto attivo dei giornalisti. La Carta è nata in una fase di alcune polemiche sull’eccessivo potere della stampa. La Carta si apre con una Premessa in cui si afferma: «Il rapporto di fiducia tra gli organi di info e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista», mentre nella parte dei Principi si ribadisce che «la responsabilità dei giornalisti verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra». Il documento di articola in 4 punti fondamentali: - diritti della persona – si vietano le discriminazioni per razza, religione, sesso, con- dizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Non si possono pubblicare notizie sulla vita privata delle persone, anche se ammesso quando di rilevante interesse pubbli- co. Si stabilisce il divieto di rendere nota o di favorire comunque l’identificazione di 3 categorie di persone: - i congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca; - le vittime di violenze sessuali; - i collaboratori dell’autorità giudiziaria e delle forze di pubblica sicurezza. C’è inoltre la parte dedicata a minori e soggetti deboli, che riprende in larga misura i contenuti della carta di Treviso, assimilando disabili e malati. - dovere di rettifica – tale punto è forse uno dei più innovativi, sembra offrire uno scudo a chi finora si è sentito inerme di fronte al potere dei giornalisti di avere co- munque l’ultima parola. Il diritto del cittadino di vedere rettificate notizie inesatte o ingiustamente lesive è dichiarato inviolabile, anche in assenza di specifica richiesta, e deve essere soddisfatto dai giornalisti sia con tempestività che con evidenza( ap- propriato rilievo). Inoltre il giornalista ha il dovere di garantire l’opportunità di replica a chi sia oggetto di accuse che ne possano danneggiare la reputazione e la dignità. - presunzione di innocenza - il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente sino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giu- dicate in un processo. In caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o un inquisito, il giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla no- tizia, anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati precedente- mente. Tale punto è difficile da applicare, in quanto gli effetti prodotti da una notizia sull’opinione pubblica non sono sempre riconducibili all’operato del giornalista che la diffonde. - incompatibilità professionali – la Carta fa proprie le norme a tutela della profes- sione varate negli statuti redazionali. Sono una serie di regole inequivocabili che mi- rano a separare la produzione e la diffusione delle notizie dagli interessi personali dei giornalisti. Si tratta di garantire l’indipendenza del giornalista affermata nella Premessa, dove si dice che la responsabilità del giornalista non può mai essere su- bordinata ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore, del governo o di altri organismi dello Stato. Le norme sull’incompatibilità vietano ai giornalisti i se- guenti comportamenti: a) subordinare le informazioni economiche o finanziarie al profitto personale o di terzi; b) scrivere articoli o notizie relative ad azioni sulle cui quotazioni si abbia un interesse diretto o indiretto; c) accettare in relazione all’attività giornalistica pagamenti, rimborsi spese, elargizioni ecc.; d) assumere incarichi e responsabilità o prestarsi per iniziative pubblicitarie in contra- sto con l’esercizio autonomo della professione, ma è consentita la partecipazione gratuita a iniziative senza fini di lucro In un altro punto che riguarda il rapporto tra informazione e pubblicità, la possibilità di separare informazione giornalistica e messaggi pubblicitari è espressa in due sintetici commi: «I cittadini hanno il diritto di ricevere un’informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli. I messaggi pubblicitari devono sempre essere distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni».
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