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Memoria e competenze scolastiche - Pepi-Maltese, Sintesi del corso di Psicologia Dei Processi Di Apprendimento E Motivazione

Dopo un inquadramento sui modelli di memoria,gli appunti affrontano gli aspetti della "working memory" (memoria di servizio) e le sue relazioni con i disturbi di apprendimento (in particolare le turbe nella lettura).

Tipologia: Sintesi del corso

2013/2014

In vendita dal 10/01/2014

merrylu
merrylu 🇮🇹

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Scarica Memoria e competenze scolastiche - Pepi-Maltese e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Dei Processi Di Apprendimento E Motivazione solo su Docsity! 1 MEMORIA E COMPETENZE SCOLASTICHE Capitolo 1: PERCORSI TEMATICI Vi sono vari costrutti che mettono in evidenza i diversi aspetti della memoria. EBBINGHAUS nel suo modello associativo studia la memoria come capacità pura, non inquinata dal patrimonio conoscitivo ed esperienziale. Egli applica il metodo sperimentale anche allo studio delle funzioni mentali superiori e individua quelle leggi che regolano la permanenza del materiale in memoria utilizzando sillabe senza senso, per evitare che le parole venissero ricordate basandosi sul loro significato. Utilizzando il metodo del riapprendimento di sillabe senza senso, notò che non si memorizzavano singoli elementi ma sequenze ordinate di termini appartenenti ad una serie, per cui minore è la distanza tra i vari termini e maggiore è la forza dell’associazione, maggiore è quindi il ricordo. Il modello associativo, quindi, si caratterizzava per il fatto di delineare relazioni associative tra le informazioni in memoria capaci di orientare, in tempi successivi, il ricordo. Egli, per definire la curva della dimenticanza, riuscì ad apprendere circa 1200 serie, ciascuna composta da 13 sillabe: ogni serie veniva letta fino a quando era in grado di recitarla a memoria per due volte di seguito senza alcuna esitazione; poi, dopo una pausa di 15 secondi doveva riapprendere una nuova serie, fino ad apprendere 8 serie per ogni singola seduta di apprendimento. Dopo un certo intervallo di tempo, egli riapprendeva lo stesso materiale fino ad arrivare a 8 serie con il metodo dell’apprendimento originale. Attraverso la curva della dimenticanza, dimostrò che si perde il 40% del materiale dopo soli 19 minuti; il 66% dopo 8-9 ore; il 75% dopo 6 giorni; 80% dopo 31 giorni. Dall’andamento temporale dell’oblio rilevato da Ebbinghaus, si evince dunque che esso è molto più veloce all’inizio e la sua velocità rallenta con il tempo. Nella curva si nota che c’è una caduta notevole subito dopo l’apprendimento e quindi una stabilizzazione che perdura con il passare dei giorni. A Ebbinghaus fu rivolta un’interessante critica da Piéron: egli, infatti, riteneva che la causa della caduta immediata della curva fosse imputabile all’effetto inibitorio esercitato da interferenze determinate da ulteriori esercizi su materiale simile a quello impiegato. DALLA TRACCIA ALLO SCHEMA Gli studi sulla memoria risentirono dell’influenza esercitata dalla scuola gestaltica, che a tal proposito introduce il concetto di traccia: KATONA fece una distinzione tra tracce individuali, corrispondenti agli stimoli specifici, e tracce strutturali, che riguardano l’insieme del compito, inteso come un tutto organizzato. I sistemi di tracce mnemoniche, detti gestalten biofisiologiche, risultano più stabili rispetto alle tracce individuali: quindi, la struttura globale del compito influenza l’apprendimento e il ricordo. 2 BARTLETT analizza la variabilità delle risposte individuali e indaga la memoria come un processo strettamente correlato con la percezione e l’immaginazione, avente un legame con le componenti affettive e motivazionali della personalità, per cui la memoria non può essere pensata come isolata dagli altri processi. Egli sostiene che i ricordi siano prodotti attivati dal soggetto e servono ad adattarsi alle richieste dell’esperienza, permeata da forti valenze affettivo-emotive. Inoltre, introduce il concetto di schema definito come un’organizzazione attiva delle reazioni o delle esperienze passate che si suppone agiscano in qualsiasi risposta organica appropriata; in pratica lo schema è un’organizzazione di conoscenze, serve per costruire significati e funziona come un filtro che regola e orienta l’esperienza. Quindi, il ricordo non si configura più come una rieccitazione di tracce isolate (come pensava la scuola gestaltica) ma come una costruzione immaginativa risultante dalla relazione del nostro atteggiamento verso un’intera massa di reazioni passate organizzate, apparendo in forma di immagine sensoriale o forma verbale. Per cui egli ammette il carattere costruttivo del ricordo e il suo legame con le componenti affettive e motivazionali della personalità. La prospettiva di Bartlett è stata oggetto di successive revisioni: per ex. Piaget propose una nuova interpretazione dello schema definita come un’organizzazione attiva dell’esperienza passata e come un meccanismo di adattamento, capace di adattarsi ad ogni specifica situazione e di rinforzarsi e generalizzarsi, nel corso della ripetizione, definendosi come un processo dinamico in cui il ricordo può riorganizzarsi nel corso della crescita, con lo sviluppo degli schemi operatori. NEISSER introduce il concetto di validità ecologica che da importanza all’azione degli elementi contestuali all’interno dei processi mnestici: secondo tale costrutto, le immagini mnestiche e le percezioni si costruiscono ex novo ad ogni occasione in cui si presentano. Inoltre introduce il concetto di schemi anticipatori che si configura come parte dell’intero ciclo percettivo, essendo interna al percettore e modificabile per effetto dell’esperienza: egli ritiene che la memoria, come la percezione, non consista di un semplice magazzino di dati che si associano tra loro ma si concretizza in un processo di sintesi di tracce passate per ricostruire il ricordo. QUANTI SISTEMI DI MEMORIA? SPIERLING avanzò l’ipotesi che esistono diversi magazzini dell’informazione e che solo una quantità finita di item memorizzati (definibile span di memoria limitata) può essere rievocata: tutto ciò che viene percepito viene conservato per un periodo di tempo molto breve, al termine del quale se il materiale non viene ricodificato per mezzo della ripetizione o dell’attenzione prolungata, è probabile che venga perduto. Questo sistema temporaneo di ritenzione corrisponderebbe al registro sensoriale visivo o icona che ha la funzione di trattenere provvisoriamente l’input sensoriale proveniente dall’esterno, anche dopo la cessazione della stimolazione fisica. All’interno del registro sensoriale, TURVEY distingue tra memoria ecoica, deputata alla conservazione dell’informazione sensoriale acustica e memoria iconica, deputata alla conservazione dell’input sensoriale visivo: questi sistemi di memoria, visiva e uditiva, rappresentano i primi stadi di ciò che viene generalmente chiamata memoria sensoriale. 5 2. variabili relative al compito riguardano la conoscenza di variabili capaci di influenzare la difficoltà di un compito di memoria 3. variabili relative alla strategia riguardano la conoscenza dei possibili modi per agevolare il lavoro della memoria, cioè le strategie di immagazzinamento e recupero delle informazioni; quando un soggetto non riesce ad utilizzare in modo spontaneo una strategia di memoria, Flavell parla di deficienza di produzione. Capitolo 2: ANALISI EVOLUTIVA DELLO SPAN DI MEMORIA Il termine SPAN rappresenta la capacità della memoria immediata di ricevere e trasmettere quantità di unità soggettive, cioè di informazioni. MILLER avanzò l’ipotesi del ciclo fonologico (deputato al mantenimento del materiale verbale) in base al quale lo span di memoria immediata dipende dalla velocità di ripasso, equivalente al numero degli elementi che possono essere pronunciati in 2 secondi: quindi, il numero di item che si possono rievocare sarà in funzione del tempo necessario per articolarli. Egli, infatti, nel suo articolo “Il magico numero 7 più o meno due” aveva rilevato che lo SPAN è determinato dal numero dei raggruppamenti (che sono generalmente 7) piuttosto che dal numero di elementi. Tuttavia, esistono delle strategie che permettono di migliorarlo, consentendo di ricordare sequenze più lunghe; per cui, i fattori che facilitano il ricordo sono: - presentazione uditiva degli stimoli - raggruppamento degli item (a tal proposito, Ryan osservò che il primo e l’ultimo item vengono ricordati meglio rispetto agli elementi centrali e che il raggruppamento a 3 item è quello che consente una migliore prestazione mnestica) - inserimento di una pausa tra un raggruppamento e l’altro - traduzione dei numeri in lettere, cioè sequenze pronunciabili (per ex. la sequenza 3-5-12- 1 corrisponde alla parola CENA) Ulteriori studi hanno confermato gli effetti della frequenza della parola: infatti, lo span di memoria è maggiore se le parole ad alta frequenza d’uso si trovano nella prima parte della lista da ricordare. Gli studi di HULME condotti in soggetti anglofoni rinforzarono tale ipotesi: lo span di memoria risultava inferiore per le parole italiane rispetto a quelle inglesi. Tuttavia, esso poteva subire un notevole miglioramento attraverso l’apprendimento delle traduzioni in lingua madre: infatti, Hulme notò che le parole italiane non familiari ai soggetti di lingua inglese non avevano una rappresentazione nella memoria a lungo termine, in quanto non si capiva il significato, per cui veniva difficile loro fare un’associazione. Di conseguenza, Hulme sostenne che lo span di memoria a breve termine sia suddiviso in 2 componenti: - una componente misurata dalla funzione span di parola/velocità di parola che dipende dalla velocità con la quale il materiale può essere espresso; - una componente misurata dalla funzione velocità di parola/richiamo che dipende dall’uso di meccanismi di memoria a lungo termine connessi alle rappresentazioni della forma fonologica delle parole che stanno per essere richiamate. Vi sono delle differenze evolutive per quanto riguarda queste due componenti dello span di memoria: ad ex. i bambini più piccoli sono caratterizzati da velocità di parola più 6 rallentate e questo spiega perché possono richiamare le parole molto più lentamente di quanto non facciano soggetti più grandi. Tuttavia, alcuni incrementi dello span di memoria con l’età possono essere spiegati nell’uso (accessibilità) delle rappresentazioni della memoria a lungo termine. I limiti dello span di memoria si possono spiegare con il modello di decadimento della traccia in base al quale lo span di memoria è determinato dalla velocità di articolazione, mentre la dimenticanza è determinata dal decadimento: cioè la quantità di materiale verbale che un soggetto può richiamare dipende dalla quantità che può essere pronunciata in un intervallo da uno a due secondi, dopodichè il materiale decade dal magazzino fonologico. Ulteriori studi dimostrano che con l’aumento dell’età, gli individui hanno bisogno di un minor tempo per eseguire i processi cognitivi, per cui corrisponde una riduzione del tempo di elaborazione: per spiegare l’aumento dello span di memoria con l’età, è stata proposta un’ipotesi alternativa a quella della velocità di articolazione e cioè l’ipotesi del tempo d’identificazione secondo cui gli aumenti dello span di memoria con l’età sono direttamente correlati all’aumentata codifica fonologica (cioè con l’identificazione degli item): in pratica, per richiamare una lista di item essi devono essere identificati e ricordati, ma visto che un bambino possiede una più lenta capacità di identificazione, risulterà meno bravo a ricordarli. Il concetto di SPAN di memoria è strettamente correlato alla WORKING MEMORY, modo nuovo e originale di concepire la memoria a breve termine. Capitolo 4 : WORKING MEMORY E COMPETENZE SCOLASTICHE La working memory, e in particolare il ciclo fonologico, svolge un ruolo rilevante nell’acquisizione del vocabolario, nella comprensione del linguaggio e nell’apprendimento della lettura. Secondo DANEMAN l’atto della lettura comporta da parte del soggetto l’individuazione del significato delle parole e delle frasi incontrate consecutivamente in un testo scritto: quindi la LETTURA consiste nella risoluzione di un problema. In particolare, la lettura consiste nella capacità del soggetto di immagazzinare temporaneamente informazioni mentre sta per elaborare altre nuove informazioni. Negli ultimi decenni i ricercatori hanno cercato di individuare i fattori critici implicati nei disturbi di lettura: un ruolo altamente predittivo è stato attribuito alla MEMORIA FONOLOGICA A BREVE TERMINE relata alla CONSAPEVOLEZZA FONOLOGICA  che indica l’abilità di mettere in rima, di dividere le parole in sillabe, di sintetizzare una parola a partire dai singoli suoni. Infatti, alcuni studi sostengono che il bambino che già possiede un livello di base di consapevolezza fonologica sia facilitato nell’apprendimento della lettura. Inoltre, si pensa che un DEFICIT nello sviluppo della LETTURA sia dipendente da un disturbo specifico di memoria o un disturbo della consapevolezza fonologica, per cui se l’apprendimento della lettura determina un incremento della consapevolezza fonologica e dello span di memoria, quest’ultime a loro volta comportano un miglioramento della performance in lettura. Tuttavia per Baddeley, consapevolezza fonologica e memoria sono abilità distinte: egli ha attribuito alla memoria fonologica un ruolo cruciale nell’apprendimento a lungo termine delle regole di corrispondenza grafema-fonema, per cui il soggetto di età evolutiva via via diventa più capace di immagazzinare contemporaneamente l’insieme dei fonemi costituenti la parola e di accedere ad un uso consapevole del sistema alfabetico e del vocabolario. Tali studi rafforzano l’ipotesi che il magazzino fonologico a breve termine svolga un ruolo rilevante nell’acquisizione del vocabolario di bambini piccoli. 7 Gli studi sulle difficoltà di comprensione del testo in età evolutiva utilizzano studi riguardanti le differenze individuali tra BUONI LETTORI (good readers) e CATTIVI LETTORI (poor readers); queste differenze riguardano: o i PROCESSI COGNITIVI (conoscenze precedenti, capacità di organizzare i contenuti letti e compiere inferenze,…) o gli ASPETTI METACOGNITIVI (consapevolezza degli scopi della lettura, conoscenza e controllo delle strategie) o le DIFFERENZE NELLA CAPACITA’ DELLA MEMORIA DI LAVORO e nella CAPACITA’ DI OPERARE UN’ANALISI SINTATTICA DEL TESTO Generalmente i cattivi lettori sono, quindi, poco consapevoli di dover cercare il senso di ciò che leggono: o si concentrano più sulla decodifica che sulla comprensione, o non usano strategie adeguate al compito o non riescono a cogliere le difficoltà di un testo o le caratteristiche che lo differenziano dagli altri o sono caratterizzati da un’insufficiente capacità di elaborazione e di immagazzinamento simultaneo dell’informazione verbale Quindi la capacità della working memory costituisce un importante predittore dell’abilità di lettura. Inoltre, alcuni studi indicano un aumento della working memory in un periodo compreso tra i 16 e i 19 anni e un suo declino graduale dopo questa età e confermano il legame tra difficoltà di lettura e working memory. Secondo altri studi vi è una relazione tra capacità di lettura e ritmo del linguaggio: maggiore sarà il ritmo del linguaggio (cioè la velocità di articolazione), maggiore sarà il n° degli elementi che potranno essere pronunciati, ripetuti e ricordati, maggiore sarà lo span di memoria: questo, infatti, potrebbe fornire la velocità di accesso all’informazione fonologica nella memoria. Per ex. con l’età si assiste ad un graduale sviluppo delle abilità della working memory e ad un progressivo aumento dello span di memoria: il ritmo del linguaggio, infatti, influenza la velocità con cui le parole possono essere decifrate e ripetute all’interno del loop articolatorio il quale, a sua volta, trattiene la sequenza degli elementi pronunciati per 2 secondi, prima che siano soggetti a decadimento passivo. Con l’età, i soggetti non riescono più ad articolare le parole velocemente, con la conseguenza che, quanto maggiore sarà la velocità di articolazione, tanto maggiore sarà il numero degli elementi che potranno essere pronunciati, ripetuti e ricordati nel tempo limite e tanto maggiore sarà lo span di memoria. Inoltre, si pensa anche che vi sia una stretta relazione tra abilità nella scrittura e working memory: si ipotizza, infatti, che i processi coinvolti nella scrittura ( quali la produzione di idee e la loro traduzione in espressioni dotate di senso ) sottopongono a tensione la working memory impoverendone le risorse. Tuttavia, da alcuni studi, risulta che il processo di scrittura coinvolga la working memory solo in operazioni di pianificazione, organizzazione e produzione del testo: infatti, per poter scrivere i soggetti di età evolutiva devono essere capaci di recuperare l’informazione dalla memoria a lungo termine per tradurla in un codice fonologico e mantenerla attiva nella memoria di lavoro mentre, al tempo stesso, si decide sul cosa e come deve essere scritto. Vi sono 4 modelli teorici che spiegano le differenze individuali nella performance mnestica: 1. IPOTESI DI ELABORAZIONE SPECIFICA formulata da DANEMAN e CARPENTER secondo la quale le diverse prestazioni dei soggetti con diverso livello di abilità in lettura ma con equivalente capacità di working memory sono spiegate facendo riferimento al livello totale di attivazione di risorse disponibili per l’elaborazione e immagazzinamento dell’informazione, in pratica le differenze individuali sono dovute al differente tipo di compito:
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