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Concetti fondamentali e lineamenti di diritto privato, Sintesi del corso di Istituzioni di Diritto Privato

Sintesi personale per l'esame di Diritto Privato basata su istituzioni di diritto privato

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 18/03/2015

gcm.chinellato
gcm.chinellato 🇮🇹

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Scarica Concetti fondamentali e lineamenti di diritto privato e più Sintesi del corso in PDF di Istituzioni di Diritto Privato solo su Docsity! CAPITOLO 1 - CONCETTI FONDAMENTALI Concetto di diritto. Il diritto può essere inteso come un insieme di norme necessarie per convivere pacificamente nelle società umane, stabilendo regole e sanzioni per chi non le rispetta. Per norma si intende un enunciato linguistico composto dalla prescrizione del comportamento e dalla sanzione, più alta è la sanzione, più alto è il timore di infrangere la regola. Oltre al diritto esistono altri insiemi di regole (la morale, la religione), ma tra tutti il diritto è il più importante insieme di regole perché è l’unico che può imporre con la forza legittima il rispetto delle sue norme; mentre gli altri sistemi normativi, pur prevedendo sanzioni, non possono mai utilizzare la forza per costringere il trasgressore a rispettare la norma. Diritto e giustizia. Il diritto è associato alla giustizia dalle regole giuridiche, ma il diritto non corrisponde alla giustizia. Il diritto infatti esprime la giustizia nel tempo, una norma è giusta quando è ritenuta giusta in un determinato periodo storico e contesto, ma non è mai universalmente giusta. Il diritto è lo specchio della società, è una produzione storica e cambia nel corso della storia. Quando si parla di diritto è quindi necessario declinarlo in termini di di spazio e tempo (si parla di storia del diritto per indicare il diritto passato, diritto positivo per indicare il diritto vigente). Diritto pubblico e diritto privato. Il diritto privato studia i rapporti fra i cittadini di un medesimo ordinamento. Si tratta di rapporti orizzontali, posti cioè su un piano simmetrico, tra soggetti al medesimo livello. Il diritto pubblico studia invece i rapporti verticali, tra entità poste su livelli diversi, poste cioè su un piano asimmetrico (come il cittadino e lo Stato). Nel caso in cui si tratta di rapporti in cui si scambiano valori economicamente rilevanti si parla di diritto privato patrimoniale, se non si scambiano valori economicamente rilevanti si parla di diritto privato non patrimoniale. Autonomia privata. La caratteristica tipica dei rapporti orizzontali è l’autonomia privata: i soggetti coinvolti nel rapporto determinano con la loro volontà l’esistenza stessa del rapporto, vi è la necessità del contributo di tutti i soggetti coinvolti affinché possa crearsi il rapporto che, una volta creato, ha un’efficacia vincolante eguale a quella posseduta dalla norma. Conseguenza dell’autonomia privata è l’esistenza di norme che la possono regolare o limitare (norme imperative) e norme che invece si applicano automaticamente nella prassi degli affari (norme dispositive), e per questo permettono alle parti di non dettarle ogni volta, agevolando l’autonomia privata, a meno che non intendano introdurre una regola diversa da esse. Studiare il diritto privato significa quindi studiare le precondizioni e le modalità di esercizio dell’autonomia privata. Il Codice Civile. Il Codice Civile, dal punto di vista formale, è una legge ordinaria: esso venne approvato nel 1942 ed è ancora oggi in vigore. Fu un prodotto legislativo in larga misura originale che tiene però conto dell’esperienza francese e di quella tedesca, senza però uniformarsi né all’una né all’altra. Esso segna inoltre l’unificazione del diritto civile e del diritto comunitario e la conseguente scomparsa del diritto di commercio il cui contenuto venne per lo più trasfuso nel libro V, dando luogo a quel fenomeno detto commercializzazione del diritto civile. E’ composto da 6 libri, preceduti dalle Disposizioni Preliminari, dette Preleggi: il libro I, delle persone e della famiglia, il libro II, delle successioni, il libro III, della proprietà, il libro IV, delle obbligazioni, il libro V, del lavoro, il libro VI, della tutela dei diritti. L’idea che sta alla base del C.C. del 1942 è quella di raccogliere in un unico atto normativo tutta la disciplina dei rapporti privati. Tuttavia, questa pretesa è stata attaccata lungo 3 direttrici fondamentali: la Costituzione, la legislazione speciale di fronte interna e la legislazione speciale di fronte comunitaria. • Alcuni principi della Costituzione, creata dopo l’approvazione del Codice, sono destinati ad avere un impatti diretto sui rapporti privati, sia in termini di principi fondamentali (diritti inviolabili della persona e eguaglianza giuridica), sia di altri articoli che riguardano matrimonio, famiglia, filiazione. La Costituzione quindi, essendo gerarchicamente più importante del Codice, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme del Codice o ha dato un’interpretazione diversa di esse. • Nel corso degli anni ’70 inoltre vennero emanate numerose leggi speciali che si richiamano ai principi costituzionali, discostandosi dal codice civile. In un solo caso esse hanno trovato posto nel codice, attraverso la tecnica della novellazione, e hanno sostituito quelle contenute nella versione originale del codice (si tratta della riforma del diritto di famiglia); ma in tutti gli altri casi esse hanno trovato posto al di fuori del codice civile, introducendo regole fortemente divaricate rispetto al codice. • Nel corso degli anni ’80 a seguito del moltiplicarsi di direttive comunitarie soprattutto in materia bancaria e societaria, il codice ha subito un altro scossone ma, al contrario degli anni ’70 in cui vi era una radicale sfiducia nell’autonomia privata che si concretizzata nella tutela del soggetto economicamente più debole, negli anni ’80 e ’90 l’obiettivo fu quello di potenziare la funzione del consumatore, essenziale per il buon andamento del mercato. La legislazione degli anni ’80 quindi è più vicina al codice con cui condivide una fiducia nei confronti dell’autonomia privata e del mercato. PAGE 19 Le fonti del diritto. Tra le norme di un sistema giuridico, vi sono alcune norme che stabiliscono i modi attraverso cui è possibile dare vita a nuove norme, chiamate norme di secondo grado o metafore. Esse spiegano quali sono le fonti del diritto, ossia chi o che cosa può creare nuove norme. Questo argomento è affrontato nell’art. 1 delle Preleggi, secondo cui sono fonti del diritto 1) le leggi 2) i regolamenti 3) le norme corporative 4) gli usi. In realtà questo articolo è disapplicato (risale all’approvazione del codice del 1942) ma non è mai stato sostituito: le fonti del diritto sono 6 e sono poste in una scala gerarchica. Questo significa che le norme di un sistema giuridico hanno forza normativa diversa: la legge della fonte superiore prevale su quella della fonte inferiore e la legge della fonte inferiore non può abrogare una legge della fonte superiore. In caso di conflitto (antinomia) tra due norme dello stesso livello, prevale il principio di specialità (la legge specifica prevale su quella generale) e il principio cronologico (prevale la legge più recente). 1. La Costituzione: la Costituzione italiana del 1948 non si limita solo a definire i rapporti tra i poteri dello Stato e a porre limiti all’esercizio della potestà pubblica, ma contiene anche una tavola di valori che vincola tutti i soggetti presenti nell’ordinamento giuridico, e si estende quindi anche all’ambito dei rapporti tra privati. Caratteristica fondamentale della costituzione è la rigidità, le sue disposizioni non possono essere abrogate o modificate se non attraverso un procedimento di revisione costituzionale (procedimento aggravato). Inoltre qualsiasi legge di rango inferiore alla costituzione deve essere approvata dalla Corte Costituzionale, la quale giudica la costituzionalità o meno della legge (nel secondo caso la legge verrà dichiarata incostituzionale e cancellata). Hanno lo stesso valore della costituzione le leggi costituzionali e i trattati europei. 2. Regolamenti europei: le istituzioni dell’UE possono creare diritto, applicabile a tutti i cittadini dell’Unione Europea, sottomesso solo alla Costituzione. 3. Leggi ordinarie, decreti legge, decreti legislativi: la legge conserva una posizione di grande rilievo per il suo legame con il parlamento, che rappresenta lo strumento di esercizio della sovranità popolare 4. Leggi regionali: la costituzione elenca alcune materie che appartengono alla competenza legislativa dello Stato, altre oggetto di legislazione concorrente in merito alle quali le regioni hanno competenza legislativa ma la cui determinazione spetta alla legislazione dello stato, altre la cui potestà legislativa spetta in via esclusiva alle regioni. 5. Regolamenti governativi: si tratta di atti normativi posti in essere dal governo o da altre autorità (regioni, provincie, comuni) che possono disciplinare in modo più dettagliato materie che sono già state oggetto di legge (regolamenti governativi di esecuzione) o materie che non sono state oggetto di legge (regolamenti governativi indipendenti). 6. Usi: sono l’unica fonte non scritta e consistono nella ripetizione continua di comportamenti percepiti giuridicamente come un dovere. L’interpretazione della legge (art. 12). I caratteri di una norma giuridica sono l’astrattezza, secondo cui tutte le situazioni concrete che ricadono in quella norma sono assoggettate a quella norma; e la generalità, secondo cui la norma si applica a tutti i cittadini dell’ordinamento, indistintamente. Da questo vantaggio nasce però il problema dell’individuazione della norma generale e astratta a cui va riferita una particolare situazione concreta, questo procedimento si chiama interpretazione della norma. Vi sono 3 modi di interpretare una norma in relazione al soggetto che svolge l’attività interpretativa: • interpretazione legislativa: emanazione di una legge attraverso la quale il legislatore chiarisce il significato di una norma difficilmente interpretabile • interpretazione dottrinale: è l’interpretazione dei principali studiosi del diritto riguardo una norma. • interpretazione giudiziale: è l’interpretazione dei giudici, che è subito funzionale all’applicazione in quanto solo i giudici sono chiamati a risolvere controversie. L’attività interpretativa del giudice è soggetta all’art. 12 delle Preleggi, che spiega in modo chiaro come il giudice deve interpretare la legge. Nell’articolo vengono codificati due criteri interpretativi: • criterio letterale: la norma va ricostruita attribuendo alle parole i loro significati propri e leggendola nel suo insieme valutando la connessione delle parole. • criterio dell’intenzione del legislatore o teologico: nel caso in cui il criterio letterale fosse insufficiente per interpretare la norma, l’interprete deve capire quali erano gli scopi che voleva raggiungere il parlamento quando ha adottato quella norma. • criterio sistematico: deriva dal criterio dell’intenzione, e si riferisce al fatto che l’interprete nello stabilire il significato di una norma valuta la coerenza di questa sua scelta con il significati delle altre norme del medesimo sistema giuridico. • criterio delle conseguenze: il significato di una norma viene deciso sulla base della prevedibilità o meno delle conseguenze economiche o sociali derivanti da quella interpretazione. Il giudice capisce che la sua interpretazione è giusta quando può fare un’opera di sussunzione, osservando se la situazione che sta analizzando rientra in quella norma. Completezza del diritto. PAGE 19 I rapporti giuridici si estinguono per prescrizione, infatti il mancato esercizio del diritto per un certo periodo di tempo, causa l’estinzione di esso. Non tutti i diritti si prescrivono, sono imprescindibili gli status, i diritti indisponibili quali i diritti della persona, il diritto di proprietà, la qualità di erede. I rapporti giuridici si estinguono per decadenza, infatti l’inerzia del titolare del diritto protratta per un certo periodo di tempo, causa l’estinzione di esso. La decadenza può essere prevista dalla legge (decadenza legale), fissata dal giudice su istanza della parte interessata (decadenza giudiziale), espressa dall’autonomia dei privati (decadenza convenzionale). La pubblicità. Al fine di garantire la conoscibilità a tutti gli interessati della certezza delle situazioni giuridiche, l’ordinamento prevede che tali atti o fatti giuridici siano iscritti in pubblici registri. E’ questa la pubblicità legale, distinta in pubblicità dichiarativa, pubblicità notizia, pubblicità costitutiva. • pubblicità notizia: ha la sola funzione di rendere un certo atto conoscibile, ed è fonte di un obbligo la cui omissione determina una sanzione pecuniaria. • pubblicità dichiarativa: ha la funzione di rendere un atto opponibile ai terzi; la sua omissione impedisce che il fatto produca effetti giuridici nei confronti di tali soggetti. Una particolare forma di pubblicità dichiarativa riguardante i beni immobili è costituita dalla trascrizione, che serve per risolvere i conflitti fra i più aventi casacche abbiano acquistato da un comune dante causa. La regola dispone che gli atti soggetti a trascrizione e non trascritti tempestivamente non possono essere fatti valere verso chi ha tempestivamente trascritto il suo acquisto. • pubblicità costitutiva: è quella pubblicità indispensabile per rendere valido l’atto giuridico, ad esempio in materia di ipoteca, che costituisce mediante l’iscrizione nei registri immobiliari di un apposito titolo. CAPITOLO 5 - I SOGGETTI LA PERSONA I soggetti, la capacità giuridica (art. 1). I soggetti di diritto sono i destinatari degli effetti giuridici nonché i protagonisti dei rapporti giuridici. Si dividono in persone fisiche, ossia tutti gli umani, e persone giuridiche, ossia entità caratterizzate dall’aggregarsi di più persone fisiche (società, associazioni…) in vista del raggiungimento di un determinato scopo. Una persona fisica è un soggetto di diritto in quanto è munita della capacità giuridica, che viene acquistata al momento del primo respiro dalla nascita. Il principio di capacità giuridica è il presupposto dell’eguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge (art. 3). Il comma 2 riconosce diritti anche al concepito e al nascituro, ossia la capacità di succedere e di ricevere per donazione, ma nel caso del nascituro si tratta di un’aspettativa di diritto. Vi sono comunque dei limiti alla capacità giuridica, in questi casi eccezionali si parla di capacità giuridica speciale, che può essere collegata per esempio all’età o alla salute. Essa si perde solo a seguito della morte della persona fisica, o in seguito a situazioni di morte presunta che può essere dichiarata dal tribunale dopo 10 anni dalla scomparsa (se chi è stato dichiarato morto ritorna, avrà diritto a recuperare la sua precedente posizione sia dal punto di vista patrimoniale sia personale). Domicilio, residenza, dimora. Il domicilio è il luogo in cui si svolgono gli affari e gli interessi di una persona. La residenza è il luogo dove la persona vive, ossia dove ha fissato la propria dimora attuale. La dimora è il luogo dove la persona si trova, anche temporaneamente, ossia dove ha fissato momentaneamente la sua residenza. La capacità di agire (art. 2). Solo chi ha raggiunto una sufficiente maturità potrà, non solo essere titolare di diritti, ma anche validamente disporne ed esercitarli. Secondo il nostro ordinamento la capacità di agire si acquista con maggiore età che è fissata a 18 anni. Con i 18 anni si ottiene la legittimazione, mentre i minori di età versano in uno stato di incapacità legale, e i loro atti sono invalidi. Dato che i minori compiono ordinariamente atti giuridici (es. acquisto di un libro) si ricorre a una finzione in base alla quale si ritiene che essi agiscono in qualità di rappresentanti volontari dei genitori. Nel caso dell’emancipazione, ossia il matrimonio di un minore, il soggetto può essere autorizzato a compiere atti di ordinaria amministrazione e, affiancato da un curatore (il coniuge maggiorenne o un genitore) per quelli di straordinaria amministrazione. Può essere inoltre autorizzato dal giudice a svolgere attività imprenditoriale e in questo caso possiede tutti i diritti di un maggiore di età. Vi sono casi in cui la persona fisica, sebbene maggiorenne, è in condizioni tali da essere inidonea alla cura dei propri interessi: la persona è detta incapace, e l’incapacità può essere assoluta se la patologia psico-fisica è grave da compromettere qualsiasi possibilità di valutare l’atto (interdizione), o relativa, ovvero una forma meno grave che mantiene una residua capacità di agire (inabilitazione). L’interdetto non possiede la capacità di agire in modo assoluto, di lui si cura il “tutore” che lo sostituisce negli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. Si parla di interdetto giudiziale se l’interdizione è causa di una malattia psico- PAGE 19 fisica, interdetto legale se l’interdizione è causa di una punizione dell’ordinamento giuridico che priva il soggetto di compiere atti di natura patrimoniale. L’inabilitato è invece colui che non può compiere alcuni atti di ordinaria amministrazione (ossia atti che non hanno una significativa ricaduta sulla sfera privata e patrimoniale) e atti di straordinaria amministrazione. Viene affiancato dalla figura del “curatore” per gli atti che non può compiere: il codice stabiliva gli elenchi degli atti che devono essere compiuti dal curatore, ma questa figura è stata sostituita nel 2004 con l’amministratore di sostegno (art. 404), dato che le leggi del codice erano troppo rigide e non permettevano di fare una valutazione caso per caso. L’amministratore affianca l’inabilitato e alcuni atti potranno essere compiuti solo in suo consenso. Può accadere infine che il soggetto capace d’agire, sia temporaneamente incapace di intendere e di volere (per esempio sotto effetto dell’alcool), in questo caso si parla di incapacità naturale che, a differenza dell’interdizione e dell’inabilitazione che vengono ricondotte a una disposizione di legge, è transitoria e mai dichiarata. Se l’incapace compie un atti unilaterale (che non coinvolge altri soggetti) che risulta sfavorevole a sé stesso, il giudice potrà proteggere il soggetto se viene dimostrato che l’atto è pregiudizievole. Se l’incapace compie un atto che coinvolge altri soggetti, il giudice potrà proteggere il soggetto se viene dimostrato che l’altra parte si è resa conto dell’incapacità naturale e ne ha approfittato a suo favore. GLI ENTI DI FATTO Gli enti di fatto. Un ente giuridico si forma quando più soggetti si mettono assieme per uno scopo comune e ulteriore ai fini propri di ciascun soggetto, formando un’organizzazione stabile tale da essere considerata autonoma e individuabile giuridicamente. A seconda dello scopo, si parla di enti pubblici in riferimento a organizzazioni con obiettivi di interesse pubblico, enti privati in riferimento a organizzazioni con obiettivi di interesse privato. Si parla di enti dotati di personalità giuridica riguardo quegli enti dotati di autonomia patrimoniale perfetta, ossia che possiedono un patrimonio autonomo che viene esclusivamente utilizzato per gli atti di natura patrimoniale compiuti dall’ente; enti privi di personalità giuridica riguardo quegli enti dotati di autonomia patrimoniale imperfetta, ossia che possiedono un patrimonio autonomo che può essere affiancato negli atti di natura patrimoniale dal patrimonio proprio dei soci dell’ente. Un’ulteriore distinzione può essere fatta tra gli enti a scopo di lucro (profit), ossia enti in cui viene svolta attività lucrativa (redistribuzione degli utili tra i soci); e enti non profit, in cui la ricchezza non viene distribuita ai soci ma viene reinvestita o data a altri soggetti. L’attribuzione della personalità giuridica. Tali enti fino al 2000 l'acquistavano con il riconoscimento da parte dello Stato, chiamato a effettuare una valutazione in merito alla meritevolezza degli scopi e all’adeguatezza delle risorse in rapporto a quegli scopi (ciò non valeva per le società di capitali per cui il conferimento della personalità giuridica era conseguente all’iscrizione nel registro delle imprese). Ora le associazioni, le fondazioni e i comitati acquistano la personalità giuridica seguendo la procedura che prevede l'iscrizione di detti enti presso un registro tenuto presso la prefettura che, comunque, lascia al prefetto pur sempre la possibilità di effettuare una valutazione discrezionale sulla opportunità di procedere all’iscrizione. Le associazioni. L’associazione è un’organizzazione stabile formata da una pluralità di persone (almeno 2) aventi uno scopo non lucrativo. Le associazioni riconosciute possiedono un’autonomia patrimoniale perfetta; sono costituite attraverso un atto pubblico e uno statuto che viene stabilito dalla legge e permette all’associazione di essere iscritta nel registro delle persone giuridiche. L’atto costitutivo contiene gli elementi necessari per l’identificazione dell’ente, mentre lo statuto determina la composizione dell’organo amministrativo e le modalità di nomina dei componenti. Il funzionamento di un’associazione necessita di almeno due organi, l’assemblea, ossia un organo collegiale con funzione deliberante (tra i suoi compiti spiccano l’approvazione del bilancio e la nomina degli amministratori); e gli amministratori, ossia i soggetti a cui è demandata la gestione e la rappresentanza dell’ente. Le associazioni si estinguono quando lo scopo sia stato raggiunto o impossibile da raggiungere, o per cause indicate nell’atto costitutivo. All’estinzione fa seguito la liquidazione del patrimonio e, se rimangono beni, la devoluzione. Le associazioni non riconosciute possiedono un’autonomia patrimoniale imperfetta e per questo possiedono maggiore autonomia (tutti i partiti politici e i sindacati sono associazioni non riconosciute) e una maggiore libertà derivante dal non dovere venire a contatto con la pubblica amministrazione a seguito del riconoscimento della personalità giuridica. Sono costituite in seguito a un atto costitutivo senza una forma particolare, in genere affiancato da uno statuto. Per quando riguarda gli organi,si ritiene che anche le associazioni non riconosciute non possono fare a meno di un’assemblea o di amministratori. Hanno anch’esse un patrimonio, detto fondo comune, costituito dai contributi degli associati e degli acquisti dell’associazione. Sono riconosciute giuridicamente per tramite del loro presidente o direttore. Le fondazioni. Sono enti dotati di autonomia patrimoniale perfetta creati da un soggetto detto fondatore il quale destina un patrimonio (denaro o bene) al raggiungimento di uno scopo non di lucro. Nascono da un atto di fondazione in cui si individua lo PAGE 19 scopo da raggiungere e si configura la struttura organizzativa dell’ente, e un atto di dotazione in cui si apprestano i mezzi patrimoniali necessari. A differenza delle associazioni, nelle fondazioni prevale l’elemento patrimoniale su quello personale, che diventa l’elemento centrale della fondazione, vincolato al raggiungimento dello scopo. La gestione del patrimonio e la realizzazione dello scopo sono affidate agli amministratori, che agiscono in piena autonomia rispetto al fondatore sulla base delle direttive contenute nell’atto costitutivo. Le modalità di estinzione, liquidazione e devoluzione sono in larga parte uguali a quelle previste per le associazioni. I comitati. Sono enti dotati di autonomia patrimoniale imperfetta in cui gruppi di persone si mettono assieme per raccogliere fondi destinati al raggiungimento di uno scopo annunciato in via preventiva (sulle risorse raccolte presso il pubblico esiste un vincolo di destinazione). I componenti dei comitati, detti promotori e gestori, rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte e, anche nel caso del comitato, è possibile dare corso alla devoluzione dei fondi residui. I DIRITTI DELLA PERSONA I diritti della persona. Sono diritti assoluti che si riferiscono alla nostra essenza di essere umano e proteggono la nostra sfera personale, sia dal punto di vista dell’integrità psicofisica, sia della personalità morale. Sono tutelati in modo molto forte dall’ordinamento giuridico, infatti prevedono sanzioni penali. Caratteristiche fondamentali sono: • inviolabilità: sono diritti fondamentali protetti dalle massime fonti del diritto, come la Costituzione, che pone la dignità umana come valore cardine di tutto l’ordinamento. Il valore della dignità umana nella Cost. viene espresso sia riconoscendo i diritti inviolabili dell’uomo sia promuovendo lo svolgimento della personalità di ogni individuo come singolo e nelle società e impegnando il legislatore a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano il pieno sviluppo della persona umana. Non solo la Cost., ma anche le grandi carte internazionali come la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea contiene un’elenco dei diversi profili di emersione della protezione della dignità umana. • indisponibilità: gli attributi della personalità, essendo elementi costitutivi della sfera individuale, non possono distaccarsi da essa (sono quindi anche intrasmissibili e irrinunciabili). Tuttavia beni come l’immagine, il nome possono assumere valore patrimoniale nella misura in cui diventano oggetto di uno scambio negoziale. • imprescrittibilità: non possono essere soggetti a prescrizione. • categoria aperta: la dottrina più recente si basa su una teoria monistica dei diritti della persona, secondo cui essi sono riconducibili a un unico diritto dal contenuto indefinito ma in grado di offrire una tutela generale della sfera individuale. I diritti della persona previsti dalle norme sarebbero momenti emergenti di questa tutela più ampia, che è quindi aperta alle istanze che continuamente emergono nella realtà sociale. Spesso accade che questi diritti si trovino in conflitto l’uno con l’altro, per esempio il diritto alla riservatezza con il diritto alla libertà di stampa, e quindi richiedendo un bilanciamento: viene così individuato un punto di mediazione tra esigenze di tutela dei diritti della persona del singolo e necessità sociali, ossia si applica il principio solidaristico. Diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica. L’art. 5 del Codice disciplina gli atti di disposizioni del nostro corpo, vietandoli quando provocano una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano contrari alla legge, al buon costume e all’ordine pubblico. Questa logica del Codice è stata superata dalla Costituzione nell’art. 32 in cui viene riconosciuta la tutela alla salute salute come fondamentale diritto dell’individuo, sostituendo la tutela all’integrità fisica. Inoltre, alla prospettiva del codice secondo cui il corpo è considerato un oggetto su cui la persona esercita un potere di disposizione, si è riconosciuto nell’art. 2 della Costituzione la libertà di disporre del proprio corpo come diritto inviolabile. Tale libertà presenta un aspetto attivo, che riguarda la libertà della persona di autodeterminarsi nel disporre del proprio corpo (è il caso dei trapianti d’organo); e un aspetto negativo, che riguarda il principio per cui nessuno può essere obbligato a sottoporsi a un trattamento medio- chirurgico, se non nei casi previsti dalla legge. Diritto all’identità personale. Il diritto all’identità personale è il diritto a una rappresentazione fedele di sé, della propria immagine, della propria identità sessuale, delle proprie convinzioni etiche, politiche, religiose; è il diritto a non vedersi attribuite falsamente azioni o affermazioni che alterino i caratteri essenziali della nostra personalità. Esso trova espressione in primo luogo nel diritto al nome, visto come mezzo di individuazione nella comunità pubblica e come segno riassuntivo della personalità individuale; e nel diritto allo pseudonimo, purché esso abbia acquistato l’importanza del nome. Il Codice predispone alla protezione del nome due distinte azioni: l’azione di reclamo, con cui il soggetto può reagire a una contestazione da parte di terzi del diritto all’uso del proprio nome, e l’azione di usurpazione, con cui il soggetto si oppone all’uso pregiudizievole che altri faccia del proprio nome. Conseguenze della violazione di questo diritto sono il risarcimento del danno, l’inibitoria, e la resa pubblica della notizia della sentenza. Il diritto all’identità sessuale prevede, oltre al fatto di essere riconosciuti nell’ordinamento in senso conforme al proprio sesso, la possibilità del cambiamento da parte del soggetto dei caratteri sessuali in seguito a un trattamento medico- chirurgico, a cui segue la modifica dell’attribuzione del sesso negli atti dello stato civile. PAGE 19 I diritti reali. I diritti reali sono i diritti sulla cosa (res), a contenuto patrimoniale, infatti hanno come oggetto i beni che hanno a che fare con valori economici (ricchezza). Le loro caratteristiche sono: • disponibilità: il titolare può spogliarsi da essi (eccezione, se il titolare è proprietario di un bene artistico di pregio, deve informare lo Stato prima di venderlo e lo Stato ha il diritto di comprarlo). • immediatezza: il titolare non ha bisogno della mediazione o del consenso di qualcuno. • esclusività: la facoltà di godimento del diritto è attribuita esclusivamente al titolare. • diritto di seguito: il diritto reale costituisce una relazione tra il titolare e il bene che rimane immutata se dovesse cambiare il titolare. • categoria chiusa: i diritti reali sono solo quelli elencati nel codice. Visto che i diritti reali si dividono in diritti su cosa propria, ossia il diritto di proprietà, e diritti su cosa altrui, ossia quei diritti che limitano il diritto di proprietà, non avrebbe senso creare nuovi limiti al diritto di proprietà perché crearne altri significa creare limitazioni alla circolazione della ricchezza. IL DIRITTO DI PROPRIETA’ Il diritto di proprietà. L’art. 832 afferma che il proprietario ha il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico. Godere della cosa significa poterne usufruire materialmente (nel godere rientra anche la possibilità di appropriarsi dei frutti della cosa); disporre significa poterne usufruire giuridicamente, ossia implica il poter creare negozi giuridici aventi come oggetto la cosa (venderla, donarla, ecc.). Il sintagma in modo pieno ed esclusivo implica che il titolare può utilizzare il bene nel modo che ritiene più opportuno e senza aver bisogno della cooperazione di altri. Una caratteristica del diritto di proprietà è la sua perpetuità, ossia non tollera limiti di durata, ed è anche imprescrittibile. Proprietà fondiaria e proprietà edilizia. Il Codice disciplina la proprietà fondiaria e la proprietà edilizia: la prima, ossia la proprietà del suolo, si estende anche al sottosuolo e allo spazio sovrastante; il proprietario tuttavia non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano ad una profondità o ad un’altezza tali da non ostacolare i suoi interessi; il proprietario potrà chiudere il fondo in qualunque tempo ma egli non potrà impedire l’accesso a chi vi entri per l’esercizio della caccia, negli altri casi è sempre necessario il suo consenso. La seconda, ossia la proprietà degli edifici urbani, regola l’urbanizzazione del territorio attraverso i piani regolatori generali, attraverso cui i Comuni individuano nel loro territorio aree aventi caratteristiche diverse e, in seguito alla zoonizzazioni, stabiliscono quali siano le aree edificabili; al rilascio di un permesso di costruire è subordinata la facoltà di edificare dietro al pagamento di un contributo per coprire i costi di urbanizzazione. Proprietà pubblica. La proprietà si distingue in ragione del soggetto che ne è titolare, e quindi può essere anche pubblica. Lo Stato inoltre ha l’autorità di poter acquisire la proprietà di beni appartenenti a privati in vista del soddisfacimento di un interesso collettivo. Tali operazioni sono: • Espropriazione: il diritto di proprietà viene trasferito per una causa di pubblico interesse da un soggetto privato a un soggetto pubblico, dietro pagamento di un indennizzo corrispondente circa al valore di mercato del bene. • Requisizione: il diritto di proprietà viene trasferito, per casi di emergenza o di grave necessità, da un soggetto privato a un soggetto pubblico, dietro pagamento di un indennizzo, e temporaneamente. I modi di acquisto della proprietà. Acquisto a titolo derivativo: trasferimento del diritto di proprietà dal precedente titolare al nuovo titolare (sono principalmente il contratto e la successione per causa di morte). Acquisto a titolo originario: acquisto del diritto di proprietà senza il trasferimento da un soggetto a un altro soggetto. I principali modi di acquisto a titolo originario sono: • occupazione: se una cosa mobile non appartiene a nessuno, o perché non è mai appartenuta a qualcuno o perché è stata volutamente abbandonata. • invenzione: se il bene è stato smarrito e non è stato possibile identificare il proprietario dopo un anno dal momento in cui il bene è stato consegnato al Comune. • tesoro: se una cosa mobile di pregio non appartenente a nessuno è stata trovata nel sottosuolo del proprio fondo. Se la cosa è stata scoperta nel fondo altrui, si divide la proprietà tra lo scopritore e il proprietario del fondo. • accessione: se il bene si crea indipendentemente dalla volontà del proprietario sopra o sotto il suo suolo (piantagione, costruzione, opera). • usucapione: se un soggetto utilizza un bene di cui non è il titolare per un tempo tale da far presumere all’ordinamento giuridico che il vero titolare si sia disinteressato di esso, egli diventa il nuovo proprietario del bene. PAGE 19 I limiti al diritto di proprietà. I limiti sono funzionali alla tutela di un altro interesse privato o collettivo, limitando così il diritto di proprietà del titolare. I limiti principali sono: • atti emulativi: il proprietario non può compiere atti aventi come unica e sola utilità quella di nuocere o recare molestia ad altri. • rapporti di vicinato: il Codice fissa in un minimo di tre metri la distanza tra costruzioni, salvo che i regolamenti locali non prevedevano una distanza maggiore. Il proprietario di un fondo può chiedere la comunione forzosa del muro sul confine, a patto che paghi la metà del suo valore e di quello del suolo su cui è costruito. • immissioni: il proprietario di un fondo non può impedire immissioni di fumo e calore o rumori derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità e se non mettono a repentaglio la fruibilità del fondo stesso. La norma prevede il contemperamento delle esigenze della produzione, che prevarranno tutte le volte in cui si tratti di un’attività produttiva di rilevanza economico-sociale, e della priorità d’uso, in quanto un’attività con una certa utilità avrà la prevalenza sugli interessi di un privato. Le azioni a difesa della proprietà. Le azioni a difesa della proprietà sono dette azioni petitorie, e sono 4: • rivendicazione: viene esercitata dal proprietario con lo scopo di ottenere la restituzione del bene che gli è stato sottratto indebitamente da un altro soggetto. Per fare ciò egli dovrà dimostrare il suo titolo di proprietà, un’operazione difficile in quanto dovrà risalire a un acquisto a titolo originario o dimostrare di avere egli acquistato a titolo originario (visto che ogni acquisto a titolo derivativo potrebbe essere viziato, ossia posto in essere da un soggetto che non era legittimato a disporre quel bene). La rivendicazione è imprescrittibile. • azione negatoria: viene esercitata dal proprietario per contestare la titolarità del diritto da parte di terzi, ossia per negare un pretesa su un proprio bene. Il proprietario dispone di un’azione di mero accertamento volta a far accertare con la sentenza il suo diritto. • azione di regolamento di confini: viene esercitata dal proprietario di un fondo come mero accertamento per dimostrare il confine con il fondo del vicino. • azione di apposizione di termini: a differenza dell'azione di regolamento di confine, presuppone la certezza del confine. Essa è funzionale a far apporre o a ristabilire i simboli del confine tra due fondi, nel caso di mancanza o di irriconoscibilità. I DIRITTI REALI SU COSA ALTRUI (DIRITTI REALI MINORI) Diritti reali di godimento. Tali diritti permettono di trarre godimento dall’uso della cosa altrui, ma non incidono sul suo potere di disposizione, che appartiene al proprietario. Essi sono: • diritto di superficie: si costituisce quando il proprietario di un fondo scorpora dal suo diritto la facoltà di edificare e la cede a un terzo (superficiario) che diventa proprietario della costruzione (proprietà superficiaria), nonostante si trovi su un fondo non suo e quindi va contro il principio dell’accessione secondo cui qualsiasi cosa che si trova su un fondo appartiene al proprietario di esso. Questo diritto si può costituire per contratto o per usucapione, può essere perpetuo o a termine, e si estingue per sperimento del suolo, per consolidazione (quando il superficiario diventa proprietario del fondo), per scadenza del termine. • diritto di enfiteusi: si costituisce quando il proprietario di un fondo cede al titolare (enfiteuta) il diritto di godere del fondo e di fare propri i frutti, i tesori, le accessioni, a patto che egli migliori il fondo e paghi al proprietario un canone periodico. L’enfiteuta ha inoltre il diritto di affrancazione, ossia di acquistare la proprietà del fondo pagando una somma pari a 15 volte il suo canone. Il proprietario invece ha il diritto di devoluzione, ossia di liberare il fondo dall’enfiteusi se l’enfiteuta non rispetti gli obblighi. • diritto di usufrutto: si costituisce quando il proprietario di una cosa, detto nudo proprietario, cede all’usufruttuario il diritto di godere della cosa (non di disporne), rispettandone la destinazione economica. Si costituisce per legge (es. l’usufrutto dei genitori sui beni dei figli), per contratto o tramite acquisto derivativo, quando il proprietario cede la sua proprietà e ne diventa usufruttuario, spesso per ottenere vantaggi fiscali. Tutte le spese ordinarie (come le tasse) riguardanti il bene sono a carico dell’usufruttuario. • diritto di uso e abitazione: l’uso consiste nel potere di servirsi della cosa nei limiti dati dal soddisfacimento degli interessi propri e della propria famiglia; se la cosa è un bene immobile, il diritto prende il nome di diritto di abitazione. • diritto di servitù prediale: la servitù prediale consiste nel peso (limitazione di facoltà) imposto sopra un fondo (fondo servente) per l'utilità di un altro fondo (fondo dominante) appartenente a diverso proprietario. Le servitù si distinguono in affermative o negative a seconda che attribuiscono al proprietario del fondo dominante il potere di fare, per esempio la servitù di passaggio, o il potere di vietare, per esempio la servitù di non sopraelevazione. E’ bene precisare che la servitù non si traduce mai in un fare a carico del proprietario del fondo servente. Si costituiscono per contratto (servitù volontarie) o per legge (servitù coattive). Diritti reali di garanzia. PAGE 19 I diritti reali di garanzia costituiscono delle eccezioni agli articoli 2740 e 2741 del codice, secondo cui in un rapporto obbligatorio, il debitore risponde in caso di inadempimento con tutti i beni presenti e futuri e tutti i suoi creditori sono considerati allo stesso livello (par condicio creditorum). Può accadere infatti che uno dei creditori possa ottenere un privilegio rispetto agli altri creditori su uno specifico bene, sui cui possiede un pegno o un’ipoteca: il creditore potrà far vendere quel bene e coprire il suo credito attraverso il ricavato. E’ da precisare che esistono alcuni accordi diversi che si possono stabilire tra creditore e debitore che prendono il nome di patto commissorio, vietato dalla legge, che prevede che in caso di inadempimento del debitore, il creditore si tiene il bene; patto marciano, ammesso dalla legge, che prevede che in caso di inadempimento del debitore, il creditore si tiene il bene e, nel caso in cui il bene abbia un valore superiore al credito, restituisca al debitore la differenza; fideiussione, secondo cui un terzo soggetto, detto fideiussore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui estendendo il suo patrimonio a garanzia del creditore. Il pegno. Il pegno riguarda i beni mobili, le universalità di beni mobili, diritti aventi oggetto beni mobili; si costituisce mediante contratto reale, che prevede che il creditore abbia il possesso del bene su cui ha il pegno (la consegna del bene consente di rendere pubblica la costituzione del pegno). Se si da in pegno un bene fungibile, il possesso si trasforma in diritto di proprietà (pegno irregolare), in quanto potrà sostituire il bene con beni dello stesso tipo. L’ipoteca. L’ipoteca riguarda beni immobili, beni mobili registrati, diritti reali immobiliari; si costituisce mediante l’iscrizione della garanzia nei pubblici registri (pubblicità costitutiva). Essa può nascere per semplice contratto tra debitore e creditore (ipoteca volontaria); può essere prevista dalla legge (ipoteca legale), per esempio chi vende un bene immobile ha l’ipoteca sul bene che ha venduto a garanzia del pagamento del bene da parte del debitore; può essere costituita in seguito a sentenza (ipoteca giudiziale). Il debitore, per liberarsi dall’ipoteca, ha tre possibilità: pagare il creditore ipotecario; rilasciare il bene; liberare il bene dall’ipoteca. Questa ultima operazione si chiama purgazione dell’ipoteca, e prevede che un terzo acquirente proponga al creditore ipotecario una somma pari al prezzo di acquisto del bene. Se il creditore non si candidi per comprarlo ad un prezzo superiore di almeno il 10%, la procedura potrà andare a buon fine, generando l'estinzione dell’ipoteca. Se un bene possiede più ipoteche, il primo a soddisfarsi sul bene ipotecato sarà il creditore di primo grado, ossia colui che ha iscritto per primo l’ipoteca. L’ipoteca dura 20 anni, successivamente si estingue a meno che non venga rinnovata. LA COMUNIONE Si parla di comunione in riferimento al fatto che più soggetti possono essere titolari di uno stesso diritto reale: comunione pro diviso nel caso in cui ciascuno dei comunisti è proprietario di una parte individuata della cosa; comunione pro indiviso (di cui si occupa il codice) nel caso in cui ciascuno dei comunisti è proprietario dell’intero bene. Il codice riconosce a ciascun comunista il diritto di disporre di una quota ideale del bene, in genere la stessa per ogni comunista, e di godere dell’intero bene purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri comunisti di farne uso. I frutti e le spese del bene sono ripartiti in misura proporzionale alle rispettive quote. Le decisioni riguardanti l’amministrazione della cosa si attuano in seguito al consenso della maggioranza, mentre è necessario il consenso di tutti per gli atti di alienazione e per gli atti di costituzione di diritti reali sul bene. IL POSSESSO Il possesso. Il possesso è il potere di fatto che si esercita sulla cosa, corrisponde all’esercizio del diritto reale. Si distingue in possesso legittimo, nel caso in cui il possesso corrisponde a una situazione di diritto, ossia quando il possessore è anche proprietario; e possesso illegittimo, nel caso in cui il possesso non corrisponde a una situazione di diritto. Dal possesso si distingue la detenzione, che corrisponde alla materiale disponibilità di un bene del quale mi è stato concesso l’utilizzo dal proprietario (possesso e detenzione si distinguono in ragione di ciò, che mentre i poteri di detenzione derivano da un titolo, i poteri di possesso derivano dal fatto di essere in concreto esercitati). Il possesso si può acquistare a titolo originario, attraverso la materiale apprensione della cosa, o a titolo derivativo, attraverso la consegna della cosa. Possesso e buona fede. A riguardo del possesso illegittimo, si distinguono possessori in buona fede, ovvero coloro che possiedono la cosa credendo di essere proprietari e titolari del diritto; possessori in mala fede, ovvero coloro che sanno di non avere titolo per possedere la cosa. La buona fede si presume, ossia l’ordinamento giuridico tende a fidarsi che il possesso sia di buona fede e che il possessore abbia un titolo giuridico, altrimenti il possessore legittimo avrebbe reagito (ma anche perché si tende a favorire la circolazione dei beni rispetto alla tutela della proprietà). Regola sulla restituzione dei frutti. PAGE 19 • correttezza: sia il debitore sia il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza, ossia deve attuarsi un rapporto di collaborazione. Ciò non accade nel caso della mora del creditore. Mora del creditore. Si costituisce quando il creditore non mette il debitore nelle condizioni di poter adempiere, rifiutando in modo ingiustificato la prestazione. Si costituisce attraverso 2 passaggi: l’offerta, ossia il momento in cui il debitore costituisce in mora il creditore e, se il creditore rifiuta l’offerta fattagli dalla legge, si passa al deposito, attraverso cui il debitore può liberarsi dall’obbligazione. Gli effetti della mora sul creditore sono: il rischio che la prestazione diventi impossibile per causa non imputabile al debitore sarà a suo carico; il debitore non dovrà più pagare gli interessi corrispettivi e moratori; il creditore dovrà risarcire i danni derivanti dalla sua mora. Altri modi di estinzione dell’obbligazione. Si distinguono modi satisfatori (compensazione e confusione) e modi non satisfatori (novazione, remissione del debito, impossibilità per cause non imputabili al debitore), a seconda che l’interesse del creditore sia soddisfatto o meno. • novazione oggettiva: le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione, diversa per l’oggetto. • prestazione in luogo dell’adempimento: mutamento del modo in cui viene adempita la prestazione, a cui segue l’immediata estinzione. • remissione del debito: il creditore comunica al debitore la rinuncia del credito. • compensazione: le due parti sono obbligate una verso l’altra. Ciò causa l’estinzione dell’obbligazione con debito minore. • confusione: debitore e creditore si riuniscono nella stessa persona. • impossibilità per cause non imputabili al debitore: se diventa impossibile eseguire la prestazione, l’obbligazione si estingue; se diventa possibile in parte, andrà eseguita solo la parte che è ancora possibile. Inadempimento della prestazione. L’inadempimento imputabile corrisponde a un adempimento non esatto, totalmente o parzialmente. Esso comporta due conseguenza a carico del debitore: il risarcimento del danno (responsabilità contrattuale) e, dall’altro lato, l’ottenimento attraverso l’esecuzione forzata di ciò che avrebbe ottenuto se la prestazione fosse stata adempiuta (responsabilità patrimoniale, i beni del debitore costituiscono la garanzia patrimoniale generica), a meno che il debitore non dimostri che l’inadempimento sia dipeso da impossibilità per cause a lui non imputabili. Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale: • il debitore deve risarcire sia la perdita subita (danno emergente) sia il mancato guadagno (lucro cessante), cioè l’impoverimento patrimoniale e il mancato aumento patrimoniale del creditore. • Il danno risarcibile è limitato a quello che sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. • il danno è limitato ai danni che potevano prevedersi quando è sorta l’obbligazione. • il danno può essere diminuito per concorso di colpa del creditore (se il creditore ha contribuito a cagionare il danno o se il creditore avrebbe potuto evitare ulteriori danni usano l’ordinaria diligenza). • se il danno riguarda dolo o colpa grave, sono nulle le clausole di esonero dalla responsabilità. Per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale: • azione surrogatoria: se il debitore è titolare di altri diritti di credito, il creditore gli si può sostituire, presupposta l’inerzia del debitore su tali diritti. • azione revocatoria: è l'azione che permette al creditore di far dichiarare inefficaci gli atti di disposizione che il debitore abbia compiuto in pregiudizio delle sue ragioni. • sequestro conservativo: si può chiedere sui beni mobili ed immobili del debitore, quando il creditore ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. • esecuzione in forma generica: attinente alle obbligazioni pecuniarie e consistente nel pignoramento dei beni del debitore con conseguente loro liquidazione. • esecuzione in forma specifica: attinente alle obbligazioni di consegnare, di fare e di non fare e consistente nel conseguimento coatto di quanto dedotto in prestazione. Mora del debitore. La mora del debitore è il rimedio che utilizza il creditore in seguito al ritardo del debitore nell’inadempimento, per indurre il debitore a non ritardare oltre. In questo caso, il creditore può costituirlo in mora mediante una intimazione per iscritto. L’intimazione non sarà necessaria se il debito derivi da fatto illecito, il debitore abbia dichiarato per iscritto di non voler eseguire la prestazione, il termine sia scaduto e la prestazione doveva eseguirsi a domicilio del creditore. Se l’impossibilità per cause non imputabili al debitore si verifica quando egli è in mora, il debitore non sarà comunque liberato dall’obbligazione, a meno che non dimostri che anche se avesse adempiuto in tempo, il bene sarebbe ugualmente perito. PAGE 19 Il debitore costituito in mora dovrà corrispondere gli interessi moratori e gli eventuali danni derivanti dal ritardo nell’inadempimento. CAPITOLO 7 - IL CONTRATTO Il contratto è un atto di autoregolamentazione di interessi privati, caratterizzato da un accordo di due o più parti per costituire, modificare, estinguere un rapporto obbligatorio (avente quindi natura patrimoniale). Si tratta quindi di una forma di negozio giuridico. La disciplina del contratto è estesa anche agli atti unilaterali (che a differenza dei contratti prevedono la dichiarazione di volontà di una sola parte) tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Autonomia contrattuale. La manifestazione dell’autonomia privata nei contratti prende il nome di autonomia contrattuale, e si riferisce alle libertà che i soggetti hanno nei rapporti contrattuali: • libertà di stipulare o meno il contratto. • libertà di determinare il contenuto del contratto. • libertà di utilizzare i modelli della legge (contratti tipici) o di inventare un modello contrattuale (contratti atipici). Ci sono comunque dei casi in cui l’autonomia contrattuale va incontro a limiti: • obblighi legali a contrarre (per es. quando il soggetto svolge un pubblico servizio o è un monopolista) • limiti del contenuto (sia in senso negativo, per es. la clausola che fissa il tasso di interesse usurario; sia in senso positivo, attraverso norme imperative che fissano in parte il contenuto del contratto). • obblighi a utilizzare per alcune situazioni i contratti tipici (per es. per i contratti relativi agli status familiari). Classificazioni dei contratti. Contratti bilaterali e plurilaterali: rispettivamente tra 2 soggetti i primi, tra più di due soggetti i secondi. Contratti a titolo oneroso (o a prestazioni corrispettive): il contratto genera obblighi e diritti a carico di entrambe la parti. Contratti a titolo gratuito o unilaterali: le prestazioni sono a carico solo di una parte. Contratti commutativi: contratti in cui vantaggi e svantaggi possono essere previsti e calcolati fin dal momento della conclusione del contratto. Contratti aleatori: contratti in cui vantaggi e svantaggi sono incerti. La conclusione del contratto. L’accordo. Poiché il contratto è l’accordo tra due o più parti, esso si concluderà nel momento in cui si verificherà una corrispondenza tra le manifestazioni di volontà delle parti. Da quel momento, il contratto sarà concluso e potrà creare effetti giuridici. Vi sono varie modalità di accordo: • accordo orale immediato. • proposta e accettazione: si tratta di dichiarazioni prenegoziali di volontà che non possiedono ancora un’efficacia vincolante. La proposta deve essere completa, ossia deve contenere tutti gli elementi necessari alla conclusione del contratto; e l’accettazione deve essere conforme alla proposta: il contratto è concluso quando il proponente viene a conoscenza dell’accettazione dell’oblato (l’accettazione si intende conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del proponente). L’oblato può formulare una proposta differente, in questo caso si parla di controproposta, che potrà essere accettata o meno dall’altra parte. La proposta può essere inoltre revocata prima della conclusione del contratto, l’accettazione può essere revocata ma la revoca deve giungere a conoscenza dell’altra parte prima dell’accettazione stessa. • proposta irrevocabile: il proponente può dichiarare la proposta irrevocabile per un certo periodo di tempo, l’accettazione sarà efficace solo se avverrà entro quel periodo di tempo (il proponente non potrà revocare la proposta). • proposta e esecuzione: il contratto è concluso nel momento in cui ha avuto inizio l’esecuzione, senza l’accettazione dell’oblato. • contrattazione standard: nessuna possibilità di contrattazione, l’oblato può esclusivamente accettare o rifiutare la proposta. • offerta al pubblico: la proposta contiene gli elementi essenziali del contratto ed è rivolta a un pubblico indeterminato. • contratti reali: contratti che richiedono, oltre al consenso della parte, la consegna di una cosa determinata. Condizioni generali del contratto. Sono le condizioni contrattuali predisposte in modo uniforme da uno dei contraenti e destinate a valere per tutti i contratti che verranno conclusi con i consumatori. Tali condizioni sono efficaci nei confronti dell’altro contraente anche se non sono conosciute, purchè siano conoscibili (ordinaria diligenza del consumatore). È ovvio che il consenso è necessario. Il consumatore tuttavia viene tutelato grazie alle clausole vessatorie, ossia le clausole che determinano grandi svantaggi PAGE 19 per il consumatore: occorre che esse siano approvate specificatamente per iscritto e separatamente dal contratto, altrimenti sono dichiarate nulle. La trattativa. La conclusione del contratto può essere preceduta da una fase di trattative, durante le quali il contratto non è concluso e non è per forza concludibile. Nonostante ciò, grava sulle parti una responsabilità precontrattuale, disciplinata dagli art. 1337-1338 i quali, rispettivamente, prevedono: • l’utilizzo della buona fede di entrambe le parti durante la trattativa: nel caso in cui il recesso di una parte preveda un interesse negativo nell’altra parte, ossia una perdita, colui che recede è tenuto al risarcimento del danno. • il risarcimento del danno di una parte nel caso in cui sia a conoscenza dell’invalidità del contratto ma lo porti comunque a conclusione. • durante la trattativa, può accadere che le parti trovino dei punti su cui vi è un’intesa, che intendono cristallizzare. Questi accordi sono detti minuta o puntuazione, e colui che, dopo averle sottoscritte, abbandona la trattativa, incorrerà in responsabilità precontrattuale. Il contratto preliminare. E’ il contratto con cui le parti si obbligano, in un momento successivo, a stipulare un contratto definitivo. Nel preliminare viene individuato il contenuto del futuro contratto. Se una parte, dopo aver sottoscritto il preliminare, non sottoscrive il definitivo, l’altra parte può ottenere una sentenza che fa luogo del contratto definitivo, ossia esprime gli stessi effetti che avrebbe espresso il contratto definitivo. Ci può essere un’incomprensione nel codice: prevale la trascrizione o il preliminare, nel caso in cui si riferissero allo stesso bene immobiliare? Vi è la possibilità, per chi sottoscrive il contratto preliminare, di procedere direttamente con la trascrizione, anche prima del contratto definitivo (il preliminare ha quindi effetto prenotativo). E’ necessario distinguere il contratto preliminare dal contratto normativo, che prevede la dichiarazione del contenuto del contratto tra due parti nel caso concludessero un contratto nel futuro, e dal patto di prelazione, in cui una parte si obbliga a preferire un’altra parte nel caso in cui decida di stipulare un contratto nel futuro. A differenza del preliminare, in questi casi le parti non sono obbligate a concludere il contratto. L’oggetto del contratto. È lo scopo pratico del contratto ossia l’insieme di ciò che le parti hanno voluto realizzare ed in particolare le prestazioni che le parti sono obbligate ad eseguire. L’oggetto può essere un bene o un diritto. L’oggetto del contratto deve essere: • Possibile: possibilità materiale dell’oggetto (esiste o esisterà in futuro) o comunque di una prestazione che si può eseguire. Una cosa però attualmente inesistente, può formare oggetto del contratto se è suscettibile di venire a esistenza (es. i frutti futuri). Possibilità giuridica: l’oggetto è possibile quando per legge forma oggetto di diritto. • Lecito: se conforme a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume. • Determinato o determinabile: oggetto ben determinato o comunque determinabile, in base ai criteri d’individuazione enunciati nel contratto stesso o altrimenti ricavabili. Le clausole accidentali. Sono gli elementi che le parti inseriscono nel contratto al fine di assicurare il soddisfacimento dei loro specifici interessi. • Condizione: le parti subordinano l’efficacia o meno del contratto al verificarsi di un avvenimento futuro e incerto (possibile e lecito). La condizione può essere sospensiva nel caso in cui gli effetti del contratto sono sospesi fino al verificarsi dell’evento; risolutiva nel caso in cui l’evento faccia terminare gli effetti. Nel caso in cui l’avverarsi della condizione dipende dalla volontà di una parte, si parla di condizione potestativa. La condizione ha effetto retroattivo, nel senso che il contratto è efficace (nel caso di condizione sospensiva) e inefficace (nel caso di condizione risolutiva) fin dalla sua stipulazione. • Termine: le parti subordinano l’efficacia o meno del contratto al verificarsi di un avvenimento futuro e certo. Il termine può essere iniziale se al suo avvenire gli effetti del contratto si producono, finale se al suo avvenire gli effetti del contratto vengono meno. La causa del contratto. La causa è la funzione del contratto, cioè la giustificazione socialmente o economicamente apprezzabile del contratto, quindi la giustificazione dello spostamento di ricchezza. E’ un elemento astratto del contratto, da differenziare dai motivi, ossia le ragioni individuali dei contraenti, irrilevanti per l’ordinamento giuridico. La causa è illecita, e provoca quindi la nullità del contratto, quando risulti contraria all’ordine pubblico, al buon costume, e a una norma imperativa. Nell’ultimo casi si parla di contratto in frode alla legge, stipulato dai contraenti spesso per aggirare una norma imperativa attraverso il collegamento o la combinazione tra più contratti. Combinazioni tra più contratti possono dare vita ai contratti misti, contratti caratterizzati dalla combinazione di più contratti tipici; oppure possono creare collegamenti negoziali, nel momento in cui due o più contratti, di per sè autonomi, vengono in realtà stipulati per raggiungere un interesse unitario. PAGE 19 2) Risoluzione per impossibilità sopravvenuta: • se si tratta di impossibilità totale, la parte liberata non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che ha già ricevuto; • se la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale. 3) Risoluzione per eccessiva onerosità: L'eccessiva onerosità si è verificata per avvenimenti straordinari e imprevedibili, per es. un fluttuamento eccessivo dei costi che ha causato un forte squilibrio tra le prestazioni. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto. Il contratto aleatorio non può essere risolto per eccessiva onerosità. CAPITOLO 9 - IL FATTO ILLECITO Il fatto illecito riguarda le interferenze a danno della sfera personale o patrimoniale di un soggetto (danneggiato), da parte di un altro soggetto (danneggiante) al di fuori di qualsiasi relazione contrattuale. Questa interferenza comporta una responsabilità extracontrattuale quando porta al risarcimento del danno (si parla, a questo proposito, di fatto illecito). La norma generale prevede che qualsiasi atto doloso o colposo che produce un danno ingiusto obbliga al risarcimento del danno. Il danno ingiusto. Ingiusto deve ritenersi il danno che abbia leso un interesse del danneggiato protetto dal diritto (diritti assoluti, diritti relativi, aspettative legittime, interessi legittimi). Inizialmente l’ordinamento prevedeva il coinvolgimento dei soli diritti soggettivi, successivamente l’area risarcibile si è espansa in quanto, per esempio, la lesione di un diritto di credito poteva essere compiuta da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio. Tuttavia un danno ingiusto può ritenersi giustificato nelle situazioni che prendono il nome di cause di giustificazione: legittima difesa, stato di necessità, esercizio di un diritto o adempimento di un dovere. Dolo e colpa. Sono i due criteri di natura soggettiva che stabiliscono la relazione tra il danneggiante e il danneggiato. Per dolo si intende la volontà precisa di danneggiare l’altro, attraverso un’azione omissiva o commissiva; per colpa si intende la produzione di un danno per un’azione compiuta con imprudenza, negligenza, imperizia (quindi può essere anche una colpa omissiva, es. non chiamare ambulanza) o per la violazione di una norma. Imputazione. La responsabilità extracontrattuale è prevista solo per i casi in cui il danneggiante sia imputabile, ossia abbia commesso il fatto nella capacità di intendere e di volere. Nel caso in cui egli non sia stato capace di intendere e di volere, si rientra nel caso della responsabilità oggettiva, ossia dovrà risarcire chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, qualora non provi di non aver potuto impedire il fatto. Altri casi di responsabilità oggettiva: • i genitori e i tutori sono responsabili dei danni cagionati in seguito al fatto illecito dei figli minori non emancipati e delle persone soggette alla loro tutela e con loro conviventi, analoga responsabilità incombe su precettori e maestri d'arte per il fatto illecito dei loro allievi e apprendisti per il periodo in cui sono sotto la loro vigilanza. • i preponenti sono responsabili per i fatti illeciti compiuti dai loro preposti nell'esercizio delle incombenze loro affidate. Danno da attività qualificate: • chi svolge una attività pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi operati deve risarcire il danno causato, salvo che provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno Danno da cose: • chi ha una o più cose in custodia è responsabile dei danni da queste cagionate, salvo che provi il caso fortuito. Danno da animali: • il proprietario di un animale o chi se ne serve e per il tempo che l'ha in uso, risponde dei danni cagionati dall'animale, anche se fuggito o smarrito, salvo che provi il caso fortuito. Danno da rovina: • il proprietario di un edificio o altra costruzione risponde dei danni cagionati dalla loro rovina, salvo che provi che questa non è dovuta a difetto di manutenzione o vizio di costruzione Il risarcimento del danno. Le regole sulla determinazione del risarcimento del danno sono le stesse per il danno da inadempimento: il risarcimento deve comprendere il danno emergente e il lucro cessante e deve essere conseguenza immediata e diretta del danno. E’ da precisare che, a differenza del risarcimento per inadempimento che era previsto solo per i danni a natura PAGE 19 patrimoniale, nel caso della responsabilità extracontrattuale il risarcimento è previsto anche per i danni a valori non patrimoniali, in quanto comportano una perdita di utilità, che però non è immediatamente valutabile in danaro (tipico danno non patrimoniale è il danno biologico, che comporta una lesione dell’integrità psico-fisica della persona umana). Quando il danno è non patrimoniale, il risarcimento deve consentire alla vittima di acquisire un’utilità tale da ristabilire il suo personale equilibrio di vita precedente al danno, e quindi finisce per arricchire (in termini di danaro) la vittima. Si parla di risarcimento del danno in forma specifica quando esso mira a attribuire al danneggiato lo stesso bene alterato dal fatto dannoso. PAGE 19
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