Scarica Riassunto caso e sentenza ABC contro Irlanda e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Pubblico Comparato solo su Docsity! CASO ABC CONTRO IRLANDA DEL 2010 La Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza A, B, and C contro Irlanda del 16 dicembre 2010, è intervenuta in materia di pratiche abortive La sentenza decide i ricorsi presentati da tre donne, le quali, per motivi diversi erano state costrette a recarsi all’estero per procedere all’interruzione volontaria della gravidanza affrontando una procedura economicamente costosa oltre che psicologicamente faticosa. L’Irlanda è uno di quei paesi in cui l'interruzione volontaria di gravidanza è oggetto di una proibizione quasi assoluta (sono esclusi dalla punibilità solo gli aborti effettuati per salvare la vita alla gestante), che coinvolge sia la donna sia i sanitari che la assistono. La normativa vigente tuttavia non punisce il fatto di recarsi all'estero per sottoporsi a pratica abortiva, nel rispetto delle leggi localmente vigenti. il quadro normativo irlandese: In Irlanda, la materia riceve diretta regolamentazione in Costituzione; l’art. 40, c. 3 della Costituzione irlandese dispone che lo Stato riconosce il diritto alla vita del feto e, avendo riguardo anche al diritto alla vita della madre, si impegna ad adottare delle normative che rispettino tale diritto e per quanto possibile, lo tutelino. Da tale disposizione è possibile ricavare il principio in virtù del quale al feto è riconosciuta una tutela quasi assoluta, il cui unico limite è rappresentato da un rischio reale per la vita della donna, accertato da apposita dichiarazione medica. La formulazione attuale della disposizione costituzionale è il risultato di alcune modifiche avvenute mediante referendum. La prima, nel 1983, ammetteva la deroga al divieto assoluto di aborto nel caso in cui la vita della madre fosse in pericolo; la seconda, nel 1992, consentiva la possibilità di recarsi all’estero per abortire e di ricevere e diffondere informazioni al riguardo. Nel 2002, invece, fu indetto un referendum, sul Twenty-fifth Amendment of the Constitution (Protection of Human Life in Pregnancy) Bill 2001. La proposta di origine governativa, la cui approvazione avrebbe riservato la disciplina della materia ad una legge costituzionale modificabile solo mediante referendum, fu invece bocciata dagli elettori. La riforma, pur lasciando invariata la possibilità di recarsi all’estero e ricevere-diffondere informazioni al riguardo, avrebbe reso molto più severa e restrittiva la disciplina. I forti limiti della normativa irlandese, oltre a determinare la “migrazione” in Gran Bretagna e il venir meno dell’assistenza sanitaria irlandese, avevano causato una interferenza sproporzionata nella loro vita privata. La controversia A, B e C contro Irlanda trae origine dai ricorsi di tre donne. In tutti e tre i casi, le ricorrenti sostengono che le restrizioni in tema di pratica abortiva previste in Irlanda le hanno obbligate ad intraprendere una procedura inutilmente dispendiosa, complicata e traumatica, ovvero recarsi in Gran Bretagna per sottoporsi ad aborto, senza sostegno medico adeguato da parte di sanitari irlandesi, con ciò subendo un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nella loro vita privata e per questo, tutte e tre le ricorrenti, lamentavano una violazione dell’art.8 della CEDU, anche se sulla base di motivazioni differenti. Tutte le ricorrenti, come detto, lamentano una violazione dell'art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), tuttavia mentre le prime due ricorrenti ritengono che la lesione fosse dovuta alle restrizioni in materia di aborto vigenti in Irlanda nell’accesso alle pratiche abortive, le quali permettono l’interruzione di gravidanza solo di fronte ad un reale pericolo per la vita della gestante e non anche di pericolo per la salute fisica e psichica della donna; invece, la terza ricorrente ravvisava la lesione dell’art. 8 nell’assenza di adeguate strutture sanitarie e sociali atte a garantire l'effettivo godimento del diritto ad accedere alle pratiche abortive, nel caso di pericolo per la vita della donna. Accanto alla violazione dell’art. 8, le ricorrenti lamentavano anche la violazione degli articoli 3 (trattamento inumano o degradante) ,13 (diritto a un ricorso effettivo), 14 (divieto di discriminazione) della CEDU; la terza ricorrente ritiene che ci sia stata anche una violazione dell'art. 2 (diritto alla vita), in quanto la scarsità di informazioni disponibili in Irlanda avrebbe messo a rischio la vita di gestante e nascituro