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La pedagogia di Maria Montessori tra teoria e azione, Sintesi del corso di Pedagogia Sperimentale

Riassunto completo del testo di C. Tornar

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

In vendita dal 01/10/2015

niglietta1.
niglietta1. 🇮🇹

4.3

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46 documenti

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Scarica La pedagogia di Maria Montessori tra teoria e azione e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia Sperimentale solo su Docsity! LA PEDAGOGIA DI MARIA MONTESSORI – TRA TEORIA E AZIONE L’attività in campo pedagogico di Maria Montessori ha profonde radici culturali scientifiche, che vanno dalla psichiatria , all’antropologia, all’embriologia. Il vero oggetto della sua indagine è la FORMAZIONE DELL’UOMO, a partire dall’infanzia e per tutte le fasi dello sviluppo, in modo da sviluppare le potenzialità insite in tutti i periodi evolutivi dello sviluppo umano. Ella ha sviluppato il suo modello educativo basandosi su un’interazione continua tra teoria e azione, in modo che quest’ultima donasse dati osservativi alla prima e la prima fornisse poi indicazioni alla seconda. PARTE PRIMA: STORIA DI UN PERCORSO INTELLETTUALE 1. I primi impegni tra scienza, femminismo e infanzia “degenerata”: L’attività scientifica di Maria Montessori ricopre un arco temporale piuttosto ampio, circa un cinquantennio. Ella si laurea in Medicina nel 1896, ma i suoi interessi spaziarono dall’antropologia alla psichiatria, dalla embriologia alla pedagogia sperimentale. Ella inoltre si impegnò moltissimo nel battersi per la rivendicazione di diritti sociali per la donna e per l’infanzia, per il riconoscimento del diritto all’educazione e all’istruzione dei ritardati psichici, nella lotta contro lo svantaggio socioculturale derivante dalla miseria e per il problema della pace e il suo rapporto con l’educazione. Molte sue scelte furono decisamente contrarie alle convenzioni sociali dell’epoca, a partire dalla sua formazione: interessata alla matematica intraprese gli studi secondari superiori presso un Istituto tecnico, per poi decidere di iscriversi alla Facoltà di Medicina. Non potendovi però accedere direttamente per questioni burocratiche (e incontrando ostacoli anche da parte della famiglia) fu costretta a frequentare prima il primo biennio della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, per poi trasferirsi al terzo anno di Medicina. Riesce a laurearsi con una tesi in Psichiatria nel 1896, quando le donne medico erano ancora pochissime e ancor meno erano quelle che realmente esercitavano la professione dopo aver conseguito il titolo. Scelse poi di dedicarsi in particolare alla psichiatria, campo che più di altri era considerato poco adatto alle donne. Nel frattempo si interessa molto anche alla questione femminista, aderendo al movimento di emancipazione della donna e partecipando come delegata italiana al Congresso di Berlino e a quello di Londra. Ella si batté in particolare per l’eguaglianza delle condizioni lavorative e salariali di uomini e donne e per denunciare lo sfruttamento minorile nel mondo del lavoro, nonché per il diritto al voto politico per le donne. L’anno successivo alla laurea la Montessori inizia a lavorare come assistente presso la Clinica psichiatrica dell’Università di Roma, collaborando con i luminari Sciamanna, De Sanctis e Sergi. Il lavoro presso la Clinica la porta a interessarsi dei bambini con ritardi, o FRENASTENICI, che spesso venivano ricoverati nei manicomi poiché considerati irrecuperabili, quando invece, secondo la dottoressa, avrebbero potuto essere trattati con adeguati interventi pedagogici. La Montessori decise di esporre le sue teorie al riguardo in occasione del Primo Congresso Pedagogico che si tenne a Torino nel 1898, durante il quale propose di istituire per questi bambini classi aggiunte presso le scuole elementari, formando adeguatamente anche i loro insegnanti, e creare per i casi più gravi Istituti medico-pedagogici. L’intervento suscitò molti consensi e l’approvazione delle sue proposte. Proprio a seguito del successo riscontrato durante il Congresso, la Montessori ricevette l’incarico dal Ministro della pubblica istruzione del tempo di tenere dei Corsi sulla pedagogia emendativa presso le scuole normali di Roma. 1 I tempi erano maturi per la costruzione di una SCUOLA MAGISTRALE ORTOFRENICA PER LA FORMAZIONE DI MAESTRI AI NUOVI METODI DI EDUCAZIONE DEI BAMBINI FRENASTENICI, che venne creata nel 1900 a Roma, e che la Montessori contribuì a dirigere per due anni, creando una annessa classe sperimentale nella quale lei stessa si impegnò nell’attività didattica, mettendo a punto tecniche e materiali sempre più adatti alle esigenze di quei soggetti. I primi contributi scientifici innovativi nel campo dell’educazione e del recupero del minorato psichico risalivano agli studi di ITARD e dell’allievo SEGUIN, che divennero importanti riferimenti all’interno del percorso intellettuale di Maria Montessori. Nel suo caso più famoso, quello del “ragazzo selvaggio dell’Aveyron”, Itard aveva creato una terapia basata sul convincimento che l’inferiorità del ragazzo dipendeva esclusivamente dalle condizioni ambientali in cui questi era cresciuto, e che fosse quindi possibile strutturare tecniche riabilitative, basate soprattutto sull’educazione sensoriale, capaci di garantire un recupero delle abilità carenti. Effettivamente grazie ad una educazione sistematica dei sensi, con attività sensoriali e motorie realizzate secondo specifiche progressioni (da discriminazioni massime a minime, esercitando prima un senso, poi più insieme. Secondo Seguin gli esercizi sensoriali devono seguire questa progressione: tatto, vista, udito, gusto, olfatto), Itard riuscì a far sì che il ragazzo recuperasse almeno in parte alcune capacità mentali. Nonostante i successi però né le teorie di Itard né quelle di Séguin furono prese davvero seriamente in considerazione dal mondo dell’educazione, a causa dei pregiudizi nei confronti dei bambini “anormali”, considerati spesso irrecuperabili. La Montessori invece si ispirò alle metodologie di Itard e Séguin nella sua azione educativa a favore dei soggetti disabili, convinta delle opportunità offerte dagli interventi educativi adeguati nel recupero dei soggetti con ritardo mentale. Ella rimase incuriosita in particolare dalla proposta di Séguin di applicare il suo metodo speciale anche ai bambini normali. Ella iniziò quindi a mettere a punto il suo METODO MEDICO-PEDAGOGICO, che si snoda attraverso una serie di fasi: • EDUCAZIONE IGENICA: Ha come scopo immediato quello di sviluppare la sensibilità e richiamare l’attenzione del soggetto sull’ambiente esterno. Prevede l’utilizzo di tecniche quali bagni, frizioni, massaggi… e mira anche a sviluppare la capacità di controllo degli sfinteri. • EDUCAZIONE MUSCOLARE: Ha come obiettivo quello di intervenire su quei problemi di coordinazione dell’attività muscolare spesso presenti nei bambini con insufficienze mentali (iperattività, atonia…), attraverso esercizi volti a far produrre movimenti progressivamente più complessi. L’insegnamento del movimento ruota intorno a due regole generali: la prima, prevede che i movimenti d’insieme precedano quelli parziali (o particolari); la seconda che il movimento complesso venga analizzato nei suoi tempi successivi e che se ne perfezioni isolatamente ogni dettaglio. • EDUCAZIONE SENSORIALE: Finalizzata a stimolare abilità che si pongono come punto di partenza per l’acquisizione di ulteriori competenze, come l’associazione e la discriminazione di colori, forme, superfici, suoni, sapori… • LETTURA E SCRITTURA: Tali abilità vengono apprese nell’ultima fase dell’intervento attraverso la manipolazione e discriminazione di lettere mobili d’alfabeto e rappresentano la punta più avanzata delle abilità cognitive conseguite. 2. La Pedagogia scientifica e la trasformazione della scuola: 2 Stati Uniti o da Gentile e Lombardo-Radice in Italia), per poi presentarsi con toni decisamente mitigati in una fase immediatamente successiva. All’interno della letteratura più recente vi è stata invece una vera rivalutazione dell’opera della pedagogista operata soprattutto nelle valutazioni più recenti grazie all’avanzamento della ricerca didattica e alla maggior sensibilità verso i problemi affrontati dalla pedagogia montessoriana. PARTE SECONDA: LE PREMESSE DEL METODO 4. Il modello educativo: presupposti teorici e scelte operative: La Montessori non amava definire “metodo” la sua proposta educativa, preferiva espressioni come “aiuto” alla normale espansione della vita, oppure “sviluppo delle potenzialità umane”. Esso tuttavia poteva essere definito tale, poiché basato su un insieme coerente di tecniche, procedure e materiali, nonché obiettivi ben individuabili. I diversi metodi si distinguono per TEORIA di riferimento, e SCELTE compiute in relazione agli obiettivi. In relazione a questi due fattori come si pone il modello educativo montessoriano? Primo importante presupposto del suo modello è la fiducia nella EDUCABILITA’ DELL’INDIVIDUO, concetto centrale della PEDAGOGIA SCIENTIFICA, concepita come scienza capace di fornire gli strumenti per raggiungere questo obiettivo. Dire che un soggetto è educabile significa credere nella possibilità di un intervento modificatore anche in presenza di deficit di abilità e competenze. La pedagogia scientifica, partendo dall’osservazione del soggetto da educare, deve saper realizzare interventi modificatori delle situazioni (pedagogia scientifica=scienza della “trasformazione”, ped. Sperimentale). Da tutto ciò deriva l’importanza attribuita dalla Montessori all’ambiente d’apprendimento, alle istanze d’individualizzazione, a procedure improntate ai principi di razionalizzazione e facilitazione dell’apprendimento… Un altro importante riferimento della Montessori risiede nella concezione dell’infanzia. Montessori si riferirà ai risultati dell’attività osservativa da lei condotta in termini di “scoperta” di un nuovo bambino e di rivelazione di “segrete” (perché non ancora comprese e riconosciute dall’adulto) potenzialità. La Montessori rivendica la diversità del bambino rispetto all’adulto, una diversità che si manifesta nei tempi, nelle modalità, nei ritmi di apprendimento, ma anche in grandi risorse ed energie costruttive. Il bambino che la studiosa ha modo di osservare è un soggetto attivo, che sviluppa le proprie abilità attraverso il lavoro. Ciò di cui ha bisogno è la libertà di muoversi e di agire; la possibilità di seguire i suoi ritmi biologici; di apprendere attraverso l’attività seguendo i propri bisogni all’interno di un ambiente ordinato e organizzato. Importantissima è poi l’idea dell’ESPERIENZA SENSO-MOTORIA COME BASE DELL’APPRENDIMENTO: nel suo modello educativo la Montessori non ha solo riconosciuto l’importanza di una conoscenza a partire dai sensi, ma ha anche definito in modo scientifico le modalità di valorizzazione dell’esperienza sensoriale. Un’adeguata educazione sensoriale è necessaria nell’infanzia, così come nell’adolescenza e nell’età adulta, poiché è dall’esperienza sensoriale che derivano i processi di astrazione e generalizzazione. La Montessori non ha trascurato poi lo SVILUPPO MOTORIO, considerato strettamente connesso a quello intellettivo. Per lei mente e attività sono due parti dello stesso ciclo, per questo non vanno separate (come spesso viene invece fatto). Fondamentale è invece il legame tra attività manipolatoria e attività intellettiva individuando nella MANO LA PROIEZIONE PIÙ DIRETTA DELL’ATTIVITÀ MENTALE. Per il bambino la mano è la prima e insostituibile “finestra” sulle idee e i simboli, poiché gli consente di conoscere la realtà attraverso l’esperienza. Da tutto ciò deriva 5 l’attenzione posta dalla Montessori alla proposizione di attività basate sulla manipolazione e sul movimento. Il modello educativo montessoriano è improntato ad un approccio essenzialmente OLISTICO all’educazione: i processi affettivi, cognitivi e motori sono strettamente interconnessi, e l’educazione deve tener conto di ciò, in particolare nell’organizzazione dell’ambiente d’apprendimento. Fondamentale poi è la stretta interazione tra scuola e famiglia. Essendo infatti entrambi ambienti privilegiati nell’educazione del bambino , dovrebbero essere portatori di atteggiamenti educativi in grado di esprimere una sintonia di intenti e di stili. Uno dei principi fondamentali alla base del metodo Montessori è: il RISPETTO PER LA LIBERTÀ DEL SOGGETTO CHE APPRENDE. La libertà è allo stesso tempo OBIETTIVO e CONDIZIONE affinché il processo educativo possa realizzarsi. Ella denuncia le prassi autoritarie e dogmatiche tipiche dei sistemi educativi del tempo, sostenendo che è necessario eliminare dagli ambienti di vita del bambino tutti gli “ostacoli” al suo sviluppo organico e spirituale. Non si tratta solo di barriere fisiche, ma anche psicologiche, ad es. quelle costituite da 2 particolari stili educativi: il primo, che realizza attraverso comportamenti di tipo impositivo, che bloccano quei comportamenti esplorativi dei bambini necessari per lo sviluppo; il secondo che riguarda invece un’offerta sovrabbondante , indifferenziata e causale di stimoli, che non facilita il bambino. Entrambi questi opposti stili si rivelano quindi deleteri per lo sviluppo della psiche infantile. Ciò che bisogna fare, secondo la Montessori, è lasciare libera l’attività spontanea del bambino, non reprimerla o dominarla, e offrirgli ambienti educativi adatti alle sue esigenze di sviluppo cognitivo e affettivo-relazionale. Lasciare libero il bambino non significa infatti lasciarlo allo sbaraglio, a se stesso, ma rispettarlo, lui e la sua attività. Tutto ciò è possibile ricorrendo a un INSEGNAMENTO INDIRETTO e a una ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DELL’AMBIENTE D’APPRENDIMENTO. L’insegnamento è un’attività intenzionale il cui fine è il conseguimento da parte dell’allievo di determinati traguardi. Tanto più questi ultimi sono chiari, tanto più è semplice delineare le tecniche e le strategie adeguate al loro raggiungimento. Il traguardo finale del metodo Montessori è ben delineato già nel suo motto, “aiutami a fare da solo”: PROMUOVERE LA CONQUISTA DELL’AUTONOMIA DA PARTE DEL BAMBINO. L’esigenza di conquista di autonomia viene provata da ogni bambino fin dalla nascita e perfezionata solo nel corso del suo sviluppo. Senza dubbio si tratta di un obiettivo molto complesso, costituito da una varietà di abilità e competenze, che devono innanzitutto essere bene delineate, e di cui deve essere promossa poi la graduale acquisizione. Conquistare l’autonomia significa per il bambino: saper coordinare i propri movimenti in funzione di certi obiettivi (afferrare oggetti, vestirsi da solo..), acquisire abilità sociali che gli permettano di interagire efficacemente con coetanei e adulti, entrare in possesso di abilità come la lettura e la scrittura, e molte altre abilità ancora. Le attività offerte, l’organizzazione ad esse data, le procedure didattiche utilizzate, devono essere improntate al conseguimento di obiettivi in direzione di quelli che abbiamo appena tracciato. I primi passi dell’acquisizione di competenze nel bambino avvengono attraverso l’esperienza sensoriale e motoria, strettamente coordinate tra loro. Rispetto alla prima l’ambiente dispone di una serie di materiali finalizzati proprio allo sviluppo sensoriale. Per quanto concerne l’attività motoria, M. afferma che l’educazione muscolare da lei proposta è altamente innovativa rispetto all’educazione del tempo, e nel suo metodo espone l’esigenza di una vera e propria INIZIAZIONE DEL MOVIMENTO. Imparando a muoversi il bambino 6 impara progressivamente a disciplinare le proprie azioni e comportamenti sociali, a disporre di sé e delle proprie forze (“disciplina attiva”). I movimenti del bambino, una volta diretti verso uno scopo definito, diventano ordinati e il bambino è attivo e calmo. Nelle sue teorie inoltre la Montessori evidenzia la strettissima interdipendenza che esiste tra i diversi stadi dello sviluppo dall’infanzia fino all’adolescenza. Da ciò deriva l’esigenza di costruire una teoria dei piani d’istruzione, diversa da quella dei sistemi tradizionali, in cui sono presenti fratture nel passaggio da un ordine scolastico all’altro. I piani d’istruzione individuati dalla Montessori (scuola infanzia, elementare, secondaria e università), sono invece strettamente integrati, per cui ognuno costituisce la continuazione dell’altro. La Montessori si può quindi considerare antesignana del principio della CONTINUITA’ EDUCATIVA, avendo studiato non solo una continuità verticale tra i vari ordini scolastici, ma anche orizzontale tra studenti di età e classi diverse di uno stesso ordine scolastico, liberi di circolare da una classe all’altra. Abbiamo già sottolineato come per la Montessori l’ambiente sia fondamentale. Per lei non è sufficiente eliminare le barriere ma si tratta di organizzare le situazioni di stimolo più adatte, in modo che l’attività del bambino non sia solo consentita ma incoraggiata, dove egli sia libero ma al tempo stesso protagonista del proprio apprendimento. Quindi il suo ambiente è un ambiente d’apprendimento. Per dirla con Gagné, se l’ambiente può essere definito come l’insieme delle condizioni esterne al soggetto che apprende, e che ne influenzano le manifestazioni, è necessario, in un’ottica montessoriana, che tali condizioni siano organizzate in maniera da permettere la realizzazione delle potenzialità insite in ogni soggetto, evitando di produrre comportamenti di tipo disadattivo (le “deviazioni”). 5. La forza vitale del bambino: La Montessori ha contribuito a definire un NUOVO PROFILO PSICOLOGICO DEL BAMBINO. Secondo la Montessori infatti il bambino è competenze molto maggiori di quanto l’adulto normalmente pensi. Si tratta di un soggetto attivo, disponibile ad impegnarsi, capace, se adeguatamente sostenuto e motivato, di imprese lavorative eccezionali. Secondo la Montessori il bambino ha una mente diversa da quella dell’adulto, e lo sviluppo infantile si evolve secondo stadi cui corrispondono cambiamenti significativi nelle sue capacità, attraversando periodi “critici” in cui è particolarmente disponibile a certe acquisizioni. Alla base della sua concezione dello sviluppo infantile c’è l’attività di OSSERVAZIONE continua dei bambini condotta nelle sue scuole. Osservando il dato concreto la Montessori ricavava indicazioni per una interpretazione dell’azione e per la costruzione di una teoria (metodo induttivo). Fu in tal modo che la Montessori ebbe modo di realizzare che: i bambini manifestavano l’esigenza di mettere a posto da soli il materiale usato (e furono così lasciati liberi di farlo); manifestavano il desiderio di scegliere da soli il materiale oggetto di attività (e gli venne concesso); tendevano a ripetere l’esercizio con grande concentrazione, tanto da diventare insensibili a qualsiasi altro tipo di stimolo esterno (il che esprimeva il loro desiderio di autoperfezionamento); la loro motivazione non era determinata da fattori estrinseci, quali premi o castighi, che vennero perciò aboliti; i bambini si dedicavano al gioco solo se non c’era altro di meglio da fare (il che la portò a considerare il gioco un’attività “inferiore” nella vita infantile). Ribadendo che la psicologia del bambino è differente da quella dell’adulto, la Montessori spiega lo sviluppo infantile come processo in grado di autorealizzarsi ed evolversi secondo linee direttive predeterminate: il bambino cresce perché la vita 7 Maria Montessori pervenne alla definizione di 4 piani di sviluppo, cui fece corrispondere altrettanti piani dell’educazione. Partendo dalla nascita fino ai 24 anni, individuò 4 fasce, ognuna dell’arco di 6 anni, definendo così un itinerario dello sviluppo da lei poi definito “ritmo costruttivo della vita”. Il suo modello era fortemente critico rispetto alla concezione tradizionale dello sviluppo, considerato lineare e con andamento crescente. La Montessori prevede invece uno sviluppo che procede per tappe, ognuna avente una fase di crescita, un apice e una di decrescita (secondo uno schema piramidale). Analizziamo ora le singole tappe: ♥ L’INFANZIA (0-6 anni). Il piano di sviluppo corrispondente al periodo dell’infanzia viene suddiviso in due sottopiani di 3 anni ciascuno. Dalla nascita ai tre anni il bambino attraversa una fase psico-embrionale nella quale si realizza lo sviluppo inconscio di funzioni fondamentali. Il successivo periodo dai 3-6 anni vede una vera e propria rinascita perché egli mostra di essere impegnato a esercitare un’attività cosciente sull’ambiente: non è un’attività ludica ma un attività finalizzata al suo sviluppo (bambino come “lavoratore cosciente”). ♥ LA FANCIULLEZZA. Il secondo piano di sviluppo (6-12anni) si presenta con caratteristiche diverse. Mentre sino a questa età il bambino si preoccupava solo di stabilire rapporti fra gli oggetti, cioè di ordinare e assorbire il mondo esteriore attraverso i sensi, si manifesta ora una fase caratterizzata dal passaggio “dal piano sensoriale al piano astratto”. Non c’è limite alle possibilità esplorative del bambino. È guidato da una fame di cultura, dall’esigenza di conoscere e comprendere. M. quindi enfatizza l’importanza di una educazione dilatatrice, un’educazione cioè attraverso la conoscenza e un esperienza del mondo il più vasta possibile. La risposta ai bisogni e alle aspirazioni dei bambini che attraversa questo secondo periodo è una educazione cosmica che miri a far germogliare nel fanciullo i semi della scienza stimolandone l’interesse e l’immaginazione. ♥ L’ADOLESCENZA. L’adolescente (12-18anni) è definito dalla Montessori un neonato sociale perché in lui è in gioco la creazione dell’adulto e la sua capacità di diventare membro di una società. E’ l’età dei dubbi, esitazioni, emozioni violente, dello scoramento, dove qualvolta si manifesta anche una riduzione della capacità intellettuali. Quindi la proposta di un periodo di istruzione secondaria in grado di prevedere esperienze di lavoro produttivo tese al rafforzamento dell’autostima e del concetto di sé. ♥ LA MATURITA’ (18-24anni) è la fase in cui l’individuo, ormai formato, può potenziare la propria indipendenza e cercare le direzioni per un pieno sviluppo delle sue aspirazioni. La risposta del sistema d’istruzione universitaria dovrebbe consentire la realizzazione di tale aspirazioni prima fra tutte l’indipendenza economica e l’inserimento effettivo nell’attività lavorativa. Tutto ciò va a ribadire l’importanza, secondo la Montessori, di FORNIRE RISPOSTE EDUCATIVE DIFFERENZIATE IN RELAZIONE ALLE DIVERSE ESIGENZE MANIFESTATE NEI SINGOLI PERIODI DI SVILUPPO. PARTE TERZA: IL METODO IN AZIONE 6. L’ambiente d’apprendimento: L’ambiente organizzato cui fa riferimento la Montessori è un SISTEMA nel quale interagiscono in maniera equilibrata 3 fondamentali variabili: ♥ IL SOGGETTO CHE APPRENDE: con i suoi particolari bisogni di sviluppo e motivazioni. ♥ I MATERIALI SCIENTIFICI: che permettono di creare situazioni-stimolo. ♥ L’INSEGNANTE: che vi esercita un’intensa attività di organizzazione e di mediazione delle interazioni del bambino con l’ambiente stesso. 10 Esso rappresenta una sorta di ecosistema educativo, in cui il soggetto occupa un posto centrale. L’ambiente d’apprendimento pensato dalla Montessori che sia possibile organizzare uno spazio ottimale nel quale il soggetto è messo davanti ad esperienze significative per la costruzione delle proprie competenze cognitive e affettivo relazionali. Per questo tutto al suo interno, persino requisiti fisici come l’arredamento, o la disposizione dei materiali, corrisponde a precisi obiettivi educativi. L’ambiente d’apprendimento, a prescindere dalle specificità che lo caratterizzano a seconda del grado di sviluppo dei soggetti per cui è organizzato, deve rispettare una serie di requisiti generali: ♥ Un’organizzazione rispondente a precisi requisiti di razionalizzazione e facilitazione dell’apprendimento. ♥ La presenza di materiali scientifici relative a esigenze di apprendimento diversificate. ♥ La possibilità per i soggetti di scegliere l’attività. ♥ La possibilità da parte di chi interagisce con l’ambiente di esercitare un autocontrollo delle proprie prestazioni. ♥ La presenza d un piccolo numero di regole base, definite e condivise dal gruppo. ♥ La presenza di un insegnante in grado di organizzare l’ambiente e di mediare le interazioni del soggetto con l’ambiente stesso. Ciò che più colpisce chi entra in una Casa dei Bambini è l’arredamento speciale, a scala ridotta , formato da mobili leggeri e proporzionati al bambino. Un ambiente a misura di bambino. Lo scopo dell’ambiente d’apprendimento nella Casa dei Bambini è quello di fornire risposte funzionali a quelli che Montessori ritiene essere bisogni fondamentali del bambino dai tre ai sei anni: ♥ L’ordine e l’orientamento ♥ L’indipendenza ♥ L’esercizio sensoriale e motorio Al suo interno i materiali sono disposti su mensole a vista e sono disponibili per un uso immediato sulla base di una scelta autonoma da parte dei bambini. L’ambiente per i bambini di questa fascia d’età deve rappresentare una sorta di ponte tra la casa e il mondo esterno (per questo vi sono elementi dell’arredamento che richiamano quelli di una abitazione). Le lezioni sono state abolite e sostituite con l’attività spontanea del bambino stesso attraverso l’uso di materiali d’apprendimento, ordinati secondo criteri di difficoltà progressiva, grazie ai quali il bambino può sviluppare le proprie competenze L’ambiente d’apprendimento è inoltre diviso in aree, ognuna dedicata a specifiche attività: ♥ Attività di vita pratica (posta al centro, mentre lungo le pareti vi sono gli scaffali con i materiali ordinati). ♥ Area sensoriale. ♥ Area del linguaggio. ♥ Area della matematica. ♥ Area dell’educazione cosmica. Durante i primi giorni di scuola l’ambiente è totalmente arredato, ma mancano oggetti e materiali. Essi vengono introdotti dalla maestra giorno per giorno, insegnandone collettivamente l’uso. Rispettando il principio di continuità educativa montessoriano, l’ambiente della scuola elementare presenta una strettissima continuità con la Casa dei bambini, ma deve ovviamente rispondere a esigenze di apprendimento diverse. Ci sono 2 zone comunicanti: la prima ospita le sezioni del primo ciclo ed ha molti materiali presenti nella Casa dei 11 bambini (proprio per richiamare il principio di continuità).; la seconda è per le sezioni del secondo ciclo, ma i bambini possono circolare liberamente da una ambiente all’altro. Anche qui si cerca di favorire l’interazione tra bambini di età diverse, in modo che i più piccoli siano spinti ad imitare i più grandi, e quest’ultimi ad aiutare i primi. Le attività all’interno della scuola elementare sono diversificate ma strettamente interdipendenti e costituiscono il curricolo di “educazione cosmica”: le scienze, le arti, la geografia, la storia e il linguaggio, e altri argomenti, vengono presentati dall’insegnante attraverso la “grande lezione”, una presentazione stimolante atta a destare l’interesse e la fantasia del bimbo. I bambini lavorano (i genere in piccoli gruppi) poi su appositi materiali e il tutto termina con i bambini che a turno comunicano i prodotti della loro attività attraverso “conferenze” ricolte ai compagni. Le uscite fuori dalla classe costituiscono un elemento centrale dell’organizzazione degli apprendimenti. Nella scuola secondaria l’ambiente di apprendimento rispetta sempre i principi generali dei vari piani dell’educazione. Esso però deve rispondere alle accresciute esigenze sociali, di indipendenza, di valorizzazione dell’autostima, che contraddistinguono tale periodo evolutivo. Lo caratterizza una particolare attenzione all’organizzazione sociale dello studio e del lavoro: l’ambiente è altamente socializzante, organizzato in modo da far circolare le idee e stimolare la collaborazione tra studenti. Per quanto concerne le attività in essa svolte, ponendosi come “scuola di esperienza sociale” dove lo studente possa prendere contatto con la realtà in cui vive anche nei suoi aspetti economici, si parlerà di lavoro produttivo in senso pieno, che proietta la scuola all’esterno, nel territorio in cui è collocata. Le attività culturali ruotano intorno a tre assi: Attività auto espressive: importanza attribuita all’educazione musicale, linguistica, con attenzione alla capacità interpretativa di testi, Attività volte a fornire all’adolescente una solida educazione morale, in campo matematico e in quello delle lingue. Ambito dell’ istruzione generale che cercherà di mettere l’adolescente in stretto rapporto con la realtà. Nello studio fasi teoriche si alternano sempre a fasi applicative. Il più delle volte gli studenti sottoscrivono accordi (“contratti”) con gli insegnanti, impegnandosi a svolgere determinate attività entro un certo periodo. Abbiamo già sottolineato l’importanza ricoperta dall’attività motoria all’interno del modello educativo elaborato. L’iniziazione e l’educazione al movimento giocano un ruolo molto importante nel metodo, anche attraverso una serie di esercizi di attività pratica che riguardano: la cura dell’ambiente, la cura della persona, le interazioni sociali. Ovviamente alcune sono più semplici di altre ci sono quelle di tipo ripartivo (come mantenere l’ordine nell’ambiente), alle quali si dedicano soprattutto i bambini più piccoli, rispetto a quelle costruttive (cucire, tagliare , incollare ecc), cui si dedicano quelli più competenti. Ci sono poi anche attività di tipo esplorativo. Tutte queste attività sono finalizzate al raffinamento psico-motorio. 7. I materiali: I materiali costituiscono una delle componenti fondamentali dell’ambiente d’apprendimento montessoriano. Quest’ultimo deve offrire al bambino i mezzi per la sua “autoeducazione”, ma tali mezzi non possono essere scelti a caso. Essi devono essere il risultato di uno studio sperimentale, cioè costruiti in funzione di specifici obiettivi d’apprendimento e validati sulla base delle osservazioni condotte sulle risposte dei soggetti agli 12 a come guidare ad utilizzare il materiale, facilitare e chiarire ogni lavoro, impedire perdite di energia… Obiettivo prioritario dell’insegnante è la normalizzazione della classe, che si realizza quando gli allievi scoprono il piacere e la concentrazione nelle attività, processi che si manifestano allorché essi trovano nell’ambiente le risposte adatte ai loro bisogni psicologici. In questo senso egli fa da mediatore nell’interazione bambino-ambiente, il suo principale compito attivo è quello di presentare il materiale al bambino e guidarlo al suo uso. Inoltre l’insegnante deve mettere il bambino in rapporto con “l’ordine dell’ambiente”, portando il bambino a rispettare poche ma inderogabili regole(ad es. che ogni oggetto ha un suo luogo predeterminato e lì deve tornare al termine dell’uso). La maestra deve rispettare l’attività del bambino, sapendo riconoscere il polarizzarsi dell’attenzione, intervenendo solo se necessario (ad es. in caso di spreco di energie). Per richiamare il bambino all’ordine esistono mezzi più efficaci della coercizione, come la sorveglianza e la cura costanti dell’ambiente. Impartire ordini è più semplice, ma non porta a sviluppare “disciplina interiore”. Strumento del mestiere principale della maestra montessoriana è quindi l’OSSERVAZIONE, procedura che permette all’insegnante di apprendere dal bambino stesso gli elementi da cui poi trarre decisioni didattiche. La Montessori scrive che il compito dell’insegnante è come quello di un astronomo, che deve tenere un atteggiamento di assoluto “distacco” rispetto all’oggetto dell’osservazione, senza interagire con la situazione, in modo da non alterarla e garantire una certa obiettività (procedura ecologica). L’insegnante deve quindi annotare con cura ogni passaggio del comportamento infantile: l’interazione con l’ambiente e con i materiali, i ritmi di svolgimento delle attività, i tempi di concentrazione, le modalità di relazionarsi con i compagni, i progressi nel livello d’autonomia… Ella deve prepararsi all’osservazione assumendo un atteggiamento scientifico. Molto importante era considerata poi la stesura di un diario della vita di classe. Fondamentale è anche l’ASCOLTO del bambino e dei suoi bisogni. 9. Le procedure: Montessori precisa con cura le procedure che l’insegnante deve utilizzare in quei brevi momenti riservati al suo intervento, fornendo un’accurata analisi comportamentale a livello di aspetti verbali e non verbali. Ad es. la procedura di presentazione dei materiali è divisa in 2 momenti: ♥ L’INIZIAZIONE: Ha lo scopo di mettere il bambino a contatto col materiale. Prevede diverse fasi: isolare l’oggetto (ad es. su un tavolo privo di altri oggetti), per attirare l’attenzione del bambino su di esso; l’insegnante esegue sul materiale le operazioni che poi dovrà fare il bambino, con enfasi e lentezza; l’insegnante impedisce l’uso errato del materiale, non nel senso di impedire gli errori, ma nel senso di impedire che venga usato per altri scopi, diversi da quelli per cui è stato creato. Rispetta l’attività del bambino se invece è finalizzata all’obiettivo. ♥ LA LEZIONE DEI 3 TEMPI: viene introdotta quando il bambino ha avuto modo di esercitarsi al materiale al quale è stato iniziato, con l’obiettivo di far apprendere le denominazioni corrispondenti alla particolare qualità sensoriale presentata dal materiale, es. la denominazione dei colori ecc. • I TEMPO: associazione della percezione sensoriale con la denominazione. L’insegnante pronuncia i nomi o gli aggettivi corrispondenti alla specifica caratteristica dell’oggetto che il bambino sta manipolando. Parlerà lentamente e con enfasi (“questo è giallo”). 15 • II TEMPO: riconoscimento dell’oggetto corrispondente al nome. L’insegnante verifica se la denominazione è stata associata all’oggetto (“qual è giallo?” e il bimbo indica). • III TEMPO: acquisizione dell’associazione. Questa volta il bambino deve pronunciare da solo la denominazione. L’insegnante gli chiederà, indicando l’oggetto “cos’è questo?”. Se l’associazione nome-oggetto sarà fissata il bambino risponderà in maniera corretta. La parte interessante di questa procedura è che la denominazione dell’oggetto è appresa a posteriori e nel momento in cui il bambino si trova a diretto contatto percettivo con esso. Inoltre, tale procedimento risponde ai criteri di razionalizzazione e facilitazione dell’intervento didattico. Ma cosa significa razionalizzare e facilitare il processo di insegnamento- apprendimento? RAZIONALIZZARE l’insegnamento-apprendimento vuol dire stabilire quale debba essere il suo traguardo e fissare quale debba essere l’ordine delle operazioni che può portare con successo al suo conseguimento. La FACILITAZIONE dell’apprendimento è un processo complementare che comporta una attenta analisi del compito d’apprendimento e del suo contenuto finalizzata a realizzare un dosaggio delle sue difficoltà. Significa quindi procedere dal semplice al complesso. Il metodo Montessori presenta numerosi es. di applicazione dei principi di razionalizzazione e facilitazione, non solo nella lezione dei 3 tempi, ma anche, ad es., negli esercizi col materiale di sviluppo, come quelli volti a sviluppare la capacità discriminativa. Secondo il principio di facilitazione si procede sempre dall’attività più semplice (maggiore contrasto) a quella più complessa (minore contrasto). Per quanto riguarda la razionalizzazione, la Montessori rispetta questo criterio ad es. nella descrizione degli esercizi di vita pratica, in cui, anticipando tecniche come la task analysis (analisi del compito) e il chaining (concatenamento) compie una vera e propria analisi dei movimenti, scomponendo l’abilità che deve essere perseguita nelle precise azioni da eseguire e individuandone anche la sequenza d’esecuzione. I principi di razionalizzazione e facilitazione sono anche alla base dell’organizzazione dell’ambiente d’apprendimento. Le attività svolte all’interno della Casa dei Bambini sono classificate intorno a 5 livelli da quelle più semplici a quelle più complesse: ♥ Primo livello: Comprende le attività più semplici di tipo motorio, riconducibili alle prime attività di vita pratica volte all’educazione del movimento, come muovere le sedie in silenzio, trasportare oggetti e camminare in punta di piedi, e attività di tipo sensoriale condotte attraverso i primi esercizi con il materiale degli incastri solidi. ♥ Secondo livello: Vengono introdotte attività che implicano un più attento controllo di abilità fini-motorie: vita pratica (alzarsi e sedersi in silenzio), camminare sul filo, esercizi sensoriali di livello maggiore (appaiamenti e contrasti..). ♥ Terzo livello: Le attività motorie vengono inserite in un contesto più ampio di vita pratica (vestirsi, spogliarsi, lavarsi ecc). si introduce il riconoscimento della gradazione degli stimoli uditivi, tattili e cromatici, il disegno, l’educazione al movimento della mano come preparazione alla scrittura. ♥ Quarto livello: Vengono introdotte attività di vita pratica che richiedono una stretta collaborazione con i compagni e che favoriscono il costruirsi dei rapporti sociali, come apparecchiare la tavola, occuparsi del giardino… ♥ Quinto livello: Accanto allo sviluppo di attività di vita pratica sempre più raffinate, come quelle riconducibili alla cura della persona, viene introdotto l’apprendimento di abilità 16 sociali (es. salutare). Viene dato ampio spazio anche alla composizione e alla lettura di parole, matematica e grammatica. Si va così dalla semplice coordinazione di movimenti fino all’apprendimento di scrittura e lettura (abilità logiche e matematiche) In un certo senso si può quindi dire che il motto più adeguato è secondo Montessori “LESS IS MORE”, la presenza di eccessi non fa che generare confusione nel bambino. Dalla strutturazione fisica, ai materiali, alle procedure didattiche, la caratteristica migliore è l’essenzialità: è necessario che l’insegnante definisca con chiarezza l’obiettivo della sua lezione, per poi individuare la tecnica che meglio di tutte le permette di giungere allo scopo. 10. I processi: Vediamo ora quali sono i processi che si realizzano all’interno dell’ambiente d’apprendimento in risposta agli stimoli presenti. Una delle prime critiche che furono fatte al metodo era: se il bambino è libero, come si fa ad evitare che la libertà si traduca in anarchia? Sicuramente è necessario garantire la disciplina, ma quella pensata da Montessori è una disciplina ben diversa da quella intesa comunemente. Secondo la Montessori infatti la disciplina deve essere qualcosa di interiore, non il risultato costrizioni e imposizioni esterne. Un bambino silenzioso e fermo non è disciplinato, è annientato. UN BAMBINO DISCIPLINATO È AL CONTRARIO COLUI CHE È PADRONE DI SE STESSO, SA MUOVERSI NELL’AMBIENTE, PUÒ DISPORRE DI SE STESSO. Per la Montessori quindi LA DISCIPLINA DEVE ESSERE ATTIVA: è indispensabile che il bambino non associ il concetto immobilità=bene e attività=male… ma anzi sia libero di muoversi ed esprimersi nel suo ambiente, imparando a rispettarlo e a trattarlo con la dovuta cura. Libertà e disciplina devono essere strettamente connesse, l’unico limite che deve avere la libertà del bambino è l’interesse collettivo. L’educatore deve impedire al bambino di offendere e nuocere agli altri. Per questo, la prima nozione che i bambini devono imparare per poter essere davvero disciplinati e liberi nello stesso tempo, è quella del Bene e del Male. Trattandosi di una disciplina interiore è importante coinvolgere attivamente il bambino, portandolo alla riflessione sul proprio comportamento e a responsabilizzarsi rispetto ad esso. All’inizio non è semplice: nei primi momenti si crea molto disordine e i bambini sono spesso scoordinati e chiassosi. Ma la Montessori, nelle sue osservazioni, ha appreso che con il passare dei giorni, e sotto la guida amorevole dell’adulto, i bambini tendono spontaneamente all’ordine e rivelano se stessi in tutta la loro pienezza. L’attenzione è una delle precondizioni fondamentali dello stabilirsi di un atto d’apprendimento. Nelle sue opere la Montessori si riferisce spesso ad episodi di vera e propria POLARIZZAZIONE DELL’ATTENZIONE, in cui il bambino presenta uno stato di attenzione talmente concentrata da insensibile a ogni sorta di stimolo di disturbo esterno. Tale stato di attenzione intensa può protrarsi anche a lungo, fino a che il bambino cessa spontaneamente l’attività, esplicitando un profondo senso di soddisfazione e appagamento. Secondo la Montessori ciò che spinge il bambino a tale manifestazione di attività è una sorta di impulso interiore, risvegliato da esigenze di crescita del bambino, e rivelatori dei periodi sensitivi da egli attraversati. L’insegnante quindi deve prestarvi attenzione, e rispettare l’attività nella quale il bambino è concentrato, evitando di interrompere il flusso della sua attività. 17 Secondo Montessori il periodo dai 3-6 anni è cruciale per la formazione del CARATTERE, inteso come FORZA MORALE dell’individuo. Nella sua formazione i problemi principali sono quelli della volontà e dell’ubbidienza, che non emergono improvvisamente nell’adulto, ma si sviluppano già nell’infanzia, attraverso un processo lento, legato all’ambiente. Secondo la pedagogista solo lo sviluppo della volontà rende possibile l’obbedienza, dunque è necessario che il bambino sia lasciato libero di esprimere la propria volontà e assumere decisioni. Il bambino inoltre deve agire in mezzo ad altri bambini, affinché impari anche a regolare la propria volontà in base agli altri. Lo sviluppo del carattere è dato quindi sia da componenti cognitive (capacità di analizzare la realtà in modo da prendere decisioni) e sociali (adattamento alla vita d’interazione). Il vero e proprio INSEGNAMENTO MORALE, fatto di esempi o ammonizioni, è, secondo la pedagogista, inutile almeno fino ai sei anni. Fino ad allora il bambino dovrà solo lavorare all’esercizio della volontà. E’ nel periodo dai 6-12 anni che, essendosi risvegliata la coscienza, potrà ragionare sui problemi del bene e del male. Ancora di più si potrà tra i 12-18 anni, quando il ragazzo comincia anche a sviluppare ideali. La scuola elementare e secondaria possono contribuire allo sviluppo del carattere e del senso morale attraverso: educazione cosmica; ambiente interattivo; assunzioni di decisioni individuali, di gruppo e collettive; interdipendenza tra libertà e disciplina. Per Montessori la NORMALIZZAZIONE è un processo spontaneo che si verifica quando il bambino viene inserito in un ambiente “liberante”, organizzato in funzione dei suoi bisogni di sviluppo. Secondo la pedagogista infatti comportamenti come capricci, scarsa capacità attentiva, disordine.. sono delle “deviazioni”, cioè “spostamenti dalla posizione naturale”, causati da ostacoli e inadeguatezze dell’ambiente, che impediscono al bambino quelle attività funzionali allo sviluppo delle proprie competenze. Agendo su tali condizioni ambientali è possibile per il bambino tornare ad esprimere il proprio carattere naturale, fatto di autodisciplina, ordine, intensa capacità attentiva e di concentrazione… Nella pedagogia montessoriana la normalizzazione della classe è il primo obiettivo dell’insegnante. PARTE QUARTA: GLI SVILUPPI E LE PROSPETTIVE 11. Una pedagogia per l’intero arco della vita: Alla culmine della maturità intellettuale Maria Montessori decise di approfondire i propri studi riguardo alcune fasi dello sviluppo umano: la vita neonatale, il periodo adolescenziale e la maturità. Ciò le permise di completare la sua visione dello sviluppo umano, al quale si riferiva definendolo “LUNGA INFANZIA UMANA”, e di affermare l’importanza di una educazione lungo tutto l’arco della vita, ideata su misura delle specificità evolutive di ogni fase. Il primo lavoro che denota una specifica attenzione alla vita neonatale è “Il bambino in famiglia” del 1923. Contrariamente alle idee comuni su una relativa passività del bambino in questa fase dello sviluppo, Montessori afferma che la vita psichica si sviluppa a partire dalla nascita, e anche nel periodo neonatale sono insite importanti risorse e potenzialità. Si sofferma sul dramma del neonato, che alla nascita vive un profondo trauma, determinato dal distacco improvviso con la madre, e sottolinea lo sforzo che per esso comporta. Rivela come ci sia una mancanza di attenzione per questo periodo particolare limitandosi ad accertarsi che il bambino sia vivo. Dato che lo sviluppo mentale dell’uomo 20 comincia con la nascita è invece importante che sia creato un ambiente educativo adatto ad accogliere il bambino da 0-3 anni, e che vi siano figure professionali in grado di occuparsi al meglio della sua educazione (assistenti d’infanzia). Per quanto concerne l’adolescenza, la Montessori inizia ad occuparsene tra gli anni ’20 e ’30. La pedagogista si riferisce a questa fase della vita come ad una “nuova nascita”. Secondo la pedagogista si tratta infatti del “periodo più difficile della vita”, poiché caratterizzato da una vera e propria metamorfosi evolutiva, e da trasformazioni che coinvolgono tanto la vita biologica che quella psichica. L’adolescente è dominato da esigenze sociali ed etiche del tutto nuove e avverte il bisogno di rafforzare la fiducia in se stesso, di costruire una nuova identità individuale. E’ anche il periodo in cui ci si apre alla vita sociale, di fronte alla quale l’adolescente si pone come un “neonato sociale”. Montessori afferma che “deviazioni” riscontrabili nel comportamento adolescenziale, come le chiusure, le ribellioni.. sono da imputare a un ambiente inadeguato e a relazioni sbagliate con l’adulto, che cerca di subordinarlo invece consentirgli di rivelarsi così com’è. Anche qui quindi è necessario mirare ad una normalizzazione che permetta di recuperare l’autenticità del comportamento, e di valorizzare le potenzialità creative dell’adolescente. Analizzando la scuola secondaria tradizionale la Montessori muove una serie di critiche: spinge a lavorare per dovere e non per interesse, mancano collegamenti tra cultura e vita reale… E’ necessario che le agenzie formative restituiscano all’adolescente la possibilità di essere protagonista del proprio sviluppo. E’ necessario elaborare uno schema di riforma che tenga conto di 2 ordini di fattori fondamentali: le esigenze “vitali” dell’adolescente e le nuove esigenze della società in continuo mutamento. Ciò significa: ♥ Considerare le esigenze proprie del periodo adolescenziale (come costruire un’identità sociale e rafforzare la fiducia. ♥ Fornire una chiara consapevolezza della realtà sociale in cui l’ado. si trova a dover operare (economicamente…). ♥ Impartire una preparazione culturale ampia, completa, profonda in tutti. ♥ Costruire competenze trasversali che rendano gli individui in grado di operare anche in situazioni imprevedibili. Secondo la Montessori infatti la qualità essenziale dell’uomo moderno è la CAPACITA’ DI ADATTAMENTO. Montessori elaborò uno schema di riforma che denominò ERDKINDER (i fanciulli della terra) o PROGRAMMA DI LAREN (dal nome della località olandese in cui M. risiedeva), e che prevedeva che la scuola secondaria fosse “una scuola sperimentale di vita sociale”, ma anche un “centro di studio e lavoro”, una comunità autogestita dai ritmi stabiliti dai ragazzi stessi, la cui collocazione ideale fosse la campagna. All’interno di questa scuola doveva esserci una forte sinergia tra lo svolgimento di attività culturali e quelle centrate sul lavoro produttivo. Tre sono le finalità fondamentali: Fornire occasioni di auto-espressione: lasciando l’adolescente libero di decidere in tre ambiti: educazione musicale, linguistica e artistica. Soddisfare le necessità fondamentali in rapporto allo sviluppo psichico dell’adolescente: Fornire cioè quell’educazione formativa che darà basi solide al carattere: educazione morale, matematica, lingue… Fornire una istruzione generale nei tre ambiti: studio della terra ed esseri viventi (biologia, geologia, astronomia…), studio del progresso umano e della formazione di civiltà (ingegneria, meccanica, fisica, chimica..), e poi studio della storia dell’umanità. LA SCUOLA È VISTA COME UN AMBIENTE SOCIALE ORGANIZZATO SUL LAVORO E SULLA CULTURA. Il lavoro produttivo è fondamentale, e si esplica in 4 direzioni: Coltivazione e scienza della terra (fattoria). 21 Commercio e cultura economica (bottega). Uso delle macchine e cultura tecnica (museo, laboratorio). Gestione aziendale e cultura amministrativa (locanda /foresteria). Questo programma non poté però trovare realizzazione concreta a causa della guerra, tuttavia fu realizzato il cosiddetto “compromesso urbano”, con una sorta di sperimentazione urbana del progetto di Laren ad Amsterdam. In Italia ci sono state esperienze di scuole secondarie Montessori, tuttavia la maggior parte di esse si è esaurita nell’arco di pochi anni. Attualmente esistono in Italia due istituzioni secondarie ispirate alle idee di M. Montessori, una a Perugia e l’altra a Bressanone. Nonostante la pedagogia montessoriana venga sempre associata alla sola infanzia, bisogna ricordare che anche la formazione dell’adulto ricopre una certa importanza per la pedagogista. La formazione dell’uomo, dell’”Uomo Nuovo”, è l’obiettivo dell’intero processo formativo, possibile grazie al rispetto delle potenzialità e dei bisogni insiti in ciascuna fase evolutiva. Quello auspicato dalla Montessori è un uomo capace di controllare gli eventi e saperli gestire, capace di progettualità, responsabilità e autonomia, ma anche in grado di saper interagire con il bambino (e qui la Montessori chiama in causa il problema della formazione non solo degli insegnanti, ma anche dei genitori). 12. Una educazione “dilatatrice”: L’EDUCAZIONE COSMICA è una risposta ai bisogni di conoscenza e di esplorazione propri della fanciullezza. Montessori aveva avuto modo di verificare la sensibilità mostrata dai soggetti in questa fase dello sviluppo verso la cultura e l’estensione delle conoscenze in molti campi. In questa età ci si pongono molte domande sul mondo e sui meccanismi che lo governano, e l’educazione cosmica rappresenta una particolare scelta, organizzazione e presentazione dei contenuti capace di dare risposte a queste domande. Essa mira da una parte a cogliere la molteplicità delle varie interrelazioni che ci sono tra i vari campi del sapere; dall’altra corrisponde alle caratteristiche psicologiche dei soggetti a cui è rivolta la proposta formativa: offrire cioè un alimento adatto alla loro fame di conoscenza. L’obiettivo dell’educazione cosmica è duplice: portare all’acquisizione di una visione unitaria del cosmo che conduca alle varie forme di relazione, dipendenza e interdipendenza esistente tra i vari agenti cosmici; al tempo stesso garantire la comprensione della funzione che tali agenti svolgono nel pianeta. Il progetto dell’educazione cosmica matura negli anni ‘30, ma troverà traduzione negli anni del soggiorno forzato in India. Si tratta di offrire all’intelligenza affamata del fanciullo la possibilità di una esplorazione appassionata all’interno di vasti campi di conoscenza. Quindi dare al bambino una visione dell’intero universo, una visione del tutto che stimolerà la sua intelligenza. Mostrargli come ogni cosa è collegata alle altre. L’educazione cosmica quindi non è tanto una materia a sé, quanto un approccio alle discipline e ai contenuti. Essa è: ♥ Esplorazione, studio e conoscenza dell’Universo e considerato nella sua globalità e nelle forze che lo strutturano. ♥ Scoperta dei tipi di dipendenza e interdipendenza esistenti tra le diverse forze che lo compongono ♥ Consapevolezza del compito cosmico e della funzione di ogni organismo dell’Universo. ♥ Un approccio didattico in cui ogni dettaglio va riferito all’insieme, dove specializzazione e interdisciplinarietà si integrano. 22
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