Scarica Riassunto Introduzione alla psicologia sociale - Gattino Miglietta Converso e più Dispense in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! RIASSUNTO “INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE” 1. PSICOLOGIA SOCIALE La psicologia sociale è la disciplina che connette la sfera individuale e la sfera sociale, centrale nella disciplina è la relazione dell'individuo con gli altri soggetti. La vita sociale del soggetto è caratterizzata non solo dalla presenza dell'altro, ma anche dal fatto che con l'altro si entra necessariamente in relazione; gli esseri umani infatti comunicano, ascoltano, si fanno delle proprie impressioni ed opinioni, le cambiano ect .. La vita degli esseri umani si svolge entro un contesto che ha caratteristiche fisiche, sociali e culturali. Il CONTESTO è l'ambiente fisico entro il quale si svolgono le azioni delle persone ma è anche l'ambiente “sociale”, in quanto alla sua definizione partecipano anche altri individui. Il contesto quindi non è un fondale asettico e neutrale bensì ha carattere culturale, intendendo con ciò tutte le conoscenze, credenze, convinzioni, comportamenti che sono stati coltivati e tramandati di generazione in generazione. La psicologia sociale è la scienza che studia le interazioni umane e le relazioni interpersonali a livello di individui, gruppi, istituzioni, nonché le varie tematiche evidenziate dalle situazioni sociali, come l'influenza sociale, l'attrazione sociale, la comunicazione, la coesione e il cambiamento, che sono alla base delle dinamiche che regolano la vita dei gruppi, delle organizzazione e delle istituzioni sociali. In altre parole, la psicologia è quella scienza che si occupa di studiare la quotidianità delle persone, a partire da come si percepisce la realtà. Realtà che non è oggettivamente data ma viene costruita dall'individuo che in essa agisce. Nel mondo sociale gli individui fanno parte di gruppi che possono essere ascritti o acquisiti 1. 1. ascritti es. la razza, nazionalità, il genere .. ; → 2. acquisiti es. amici, gruppi sportivi, colleghi di lavoro .. ; → La psicologia sociale si occupa di studiare e comprendere la relazione che connette il singolo individuo al contesto civile e alla società nel suo complesso. L'oggetto di studio non è relativo ad una attività mentale che sta dentro gli individui ma bensì a degli individui che sono dotati di un'attività mentale. Quello che interessa è quindi l'insieme del loro essere, rappresentato dalla loro unità somatopsichica e dalle loro caratteristiche sociali e culturali che li rendono “persone”. Le aree di ricerca della psicologia sociale hanno applicazione in ambiti sociali: • studio delle relazioni intergruppo • studio dei comportamenti aggressivi o altruistici • l'ambito educativo • la psicologia ha un suo specifico campo di applicazione anche nelle tematiche che riguardano la salute • il mondo dei media e della comunicazione (in particolare gli studi condotti sulla persuasione) • psicologia del lavoro e delle organizzazioni facilità è perchè si tratta di fatti che accadono più frequentemente (anche se la facilità e l'immediatezza possono dipendere anche da altri fattori come ad es le fonti da cui attingiamo .. ) Ultimo caso è quello in cui la scarsa disponibilità di esempi relativi a una specifica categoria di giudizio è legata a una scarsa attenzione della persona verso quel tema specifico. Alcune ricerche hanno dimostrato che l'EU.DISP viene applicata anche in riferimento al sé. EURISTICA DELL'ANCORAGGIO E DELL'ACCOMODAMENTO questo tipo di euristiche entrano in gioco quando le persone→ devono emettere dei giudizi in una situazione di incertezza, per cui si “ancorano” a un punto i riferimento stabile, sulla base del quale vengono compiuti degli aggiustamenti che poi conducono alla decisione finale. Alcune ricerche empiriche hanno dimostrato che le persone tendono spesso ad assumere i propri standard come punto di ancoraggio, lo standard spesso è fornito da dettagli irrilevanti. EURISTICA DELLA SIMULAZIONE gli individui sono in grado di immaginare degli scenari ipotetici→ entro i quali gli eventi possono svolgersi, o avrebbero potuto svolgersi, in modi diversi. Questo ragionamento controfattuale corrisponde all'euristica della simulazione. Non sempre, il ragionamento controfattuale è collegato ad eventi con conseguenze negative e alle emozioni ad essi riferite. Esso viene utilizzato anche nei casi in cui ci felicitiamo per l'andamento positivo di alcuni fatti: uno scampato pericolo, un successo inatteso sul lavoro .. possiamo quindi dire che gli effetti che il ragionamento 4. controfattuale esercita sulle emozioni è diverso a seconda dello scenario che viene ipotizzato. Una conseguenza dell'euristica della simulazione riguarda il fatto che il suo impiego aiuta ad individuare i punti deboli dell'azione condotta,e quindi consente alle persone di modificare in futuro, per quanto possibile, il proprio comportamento per evitarne gli esiti negativi. LA CATEGORIZZAZIONE SOCIALE Il sistema cognitivo umano, per poter gestire il gran numero di stimoli a cui è costantemente sottoposto, effettua necessariamente un processo di semplificazione e riduzione. Il processo cognitivo alla base di questa attività è la categorizzazione che applicata alle categorie sociali prende il nome di categorizzazione sociale. La categorizzazione sociale consente la riduzione della complessità della conoscenza sociale, riducendo gli stimoli in categorie basate su somiglianze e differenze possiamo affrontarli in modo efficiente. Le categorie sociali sono funzionali alla categorizzazione delle persone poiché anche gli individui costituiscono particolari stimoli che devono essere classificati in categorie quali ad es. l'etnia, il sesso, l'occupazione, la religione la nazionalità .. le categorie sociali (come anche quelle artificiali e naturali) contengono un prototipo e un nucleo (cioè l'essenza sottostante della categoria). La presenza di un nucleo in una categoria sociale porta ad inferire delle qualità profonde sulla base dell'aspetto superficiale, attraverso teorie ingenue che hanno la funzione di rendere coerente la categoria. Si può intuire quindi che il nucleo della categoria corrisponde ad uno stereotipo. Una funzione importante della categorizzazione sociale è quella di aiutarci ad orientarci all'interno della realtà sociale. STEREOTIPI E PREGIUDIZI Lo stereotipo ci porta ad inferire qualità profonde sulla base di elementi superficiali, e il quadro che ne deriva è la rappresentazione che noi abbiamo di una determinata categoria sociale. 5. Le prime ricerche su questo argomento avvennero negli Stati Uniti verso la fine degli anni Venti e dimostrarono che gli stereotipi rappresentano delle vere e proprie strutture valutative che influenzano l'accettazione o il rifiuto dei gruppi. Di fatto vi è una sorta di equivalenza tra stereotipo e pregiudizio, e da questi studi, allo stereotipo venne attribuito un significato sostanzialmente negativo. All'incirca negli stessi anni Arcuri interpreta lo stereotipo come una sorta di “patologia del pensiero”. Lo stereotipo viene considerato come un concetto o una categoria che viene impiegata dalle persone per raggruppare altri inddividui sulla base del principio del minimo sforzo, ovvero riducendo il più possibile la fatica cognitiva. È necessario poi la distinzione tra stereotipi e stereotipi sociali Il semplice fatto che uno stereotipo si riferisca ad un oggetto sociale non basta per poterlo definire sociale → si può parlare di stereotipo sociale solo quando questi vengono “condivisi”dalla grande maggioranza di persone all'interno di un gruppo sociale o delle entità sociali, dato che la loro condivisione implica un efficace processo di diffusione. Le funzioni principali dello stereotipo sono fondamentalmente tre: 1. lo stereotipo come credenza legittimante particolari eventi, azioni e sentimenti. Attraverso questo procedimento si ascrivono delle caratteristiche stabili alle persone (anche a noi stessi) agli avvenimenti, agli oggetti con cui si viene in contatto, e così facendo, si stabilisce quali sono gli elementi costanti dell'ambiente sociale. L'interesse della psicologia per l'attribuzione causale trae le sue origini dalla psicologia ingenua di Heider essa costituisce una→ formalizzazione del processo grazie al quale un osservatore inesperto (psicologo ingenuo) arriva a dare un significato agli eventi e alle azioni altrui. La psicologia del senso comune (o ingenua) viene intesa da Heider come quell'insieme di conoscenze sui rapporti interpersonali, spesso non esplicitate, che gli individui impiegano per costruire ed orientare le proprie azioni, e giungere in tal modo a una rappresentazione ordinata del mondo sociale. All'interno della psicologia del senso comune particolarmente rilevante è l'analisi ingenua dell'azione, la quale muove dall'osservazione che ogni azione conduce ad un risultato, e che questo può essere determinato da forze personali o da forze ambientali. Seconda Heider quindi è fondamentale individuare il locus di causalità si tratta cioè di decidere se l'origine dell'azione sta→ nell'individuo che ha prodotto l'azione, allora si parla di locus interno o forze personali, o se la motivazione sta al di fuori dell'individuo allora si parla di locus esterno o di forze ambientali. All'interno di questi due ordini di causalità vi è poi un'ulteriore 8. specificazione, che distingue tra fattori transitori e fattori permanenti. → le persone tendono a ricercare soprattutto questi ultimi poiché permettono di padroneggiare meglio il mondo sociale rendendolo maggiormente governabile. Le variabili che sono alla base delle diverse azioni degli individui (forze personali in cui entrano in gioco abilità, motivazione e responsabilità personale e le forze ambientali – materiali e sociali) sono legate tra loro da un legame di tipo “aggiuntivo” ciò significa→ che l'effetto dell'azione può derivare sia dalle sole forze personali, sia delle solo forze ambientali, o ancora, da entrambe. Nell'ultimo caso le due forze possono essere sinergiche tra loro e quindi facilitare l'azione oppure possono essere opposte tra loro e quindi ostacolare l'azione. Con Weiner nel 1995 lo schema dell'attribuzione causale viene modificato tramite l'aggiunta di una nuova dimensione dell'attribuzione causale che è la stabilità (stabile o instabile) che si divide a sua volta in una stabilità/instabilità controllabile, e quindi che dipende dall'individuo e una stabilità/instabilità incontrollabile quindi che non dipende dall'individuo. es. una persona perde il treno perché • è disabile causa interna, stabile, incontrollabile→ • si ferma a comprare il giornale causa interna, instabile,→ controllabile. Seligman arricchisce ulteriormente lo schema di attribuzione causale introducendo un'ulteriore specificazione, la globalità (globale/specifica). La causa è globale quando agisce anche su altri eventi oltre quello spiegato, mentre è specifica quando la causa riguarda solo quel determinato evento. SELFSERVING BIAS La realtà è molto più complessa e meno lineare, e non sempre si è in grado di stabilire correttamente la causa all'origine di un particolare evento, per cui siamo portati a commettere degli errori di attribuzione. 9. I principali di questi errori sono: 1. i selfserving bias 2. l'errore fondamentale di attribuzione 3. la discrepanza attore/osservatore 4. l'errore definitivo di attribuzione 1. la distorsione per cui le persone tendono ad attribuire i successi a cause interne e gli insuccessi a cause esterne prende il nome di selfserving bias (attribuzione al servizio di sé) il motivo risiede nelle motivazioni e nei desideri dell'individuo, vale a dire l'autovalorizzazione che rappresenta una forte→ motivazione ad avere una elevata considerazione di sé e salvaguardare la propria autostima. 2. L'errore fondamentale di attribuzione consiste nella tendenza a sovrastimare il ruolo dei tratti personali e a sottovalutare quello dei fattori ambientali. In questo caso quindi l'attore viene recepito come l'elemento saliente rispetto alla situazione. Questa distorsione non è meramente cognitiva e priva di legami con il contesto sociale, ma piuttosto una distorsione favorita dalla condivisione di norma culturali in cui predomina una visione individualistica della persona. 3. L'effetto della differenza attoreosservatore si tratta di una tendenza sistematica che induce a spiegare il comportamento L'oggettivazione si caratterizza inoltre per altri due aspetti: la personificazione e la figurazione. La personificazione è quel processo per cui eventi, idee e teorie scientifiche vengono associate a una personalità particolarmente rilevante, che diventa in tal modo simbolo dell'oggetto sociale in questione (es. Freud con la psicoanalisi, Mussolini per il fascismo .. ). la figurazione invece fa riferimento a quel processo attraverso cui concetti complessi vengono sostituiti da immagini – si tratta cioè di una semplificazione di nozioni astratte per mezzo di metafore e “figure mentali”. Le rappresentazioni sociali hanno infine una duplice funzione • stabilire un ordine che permetta agli individui di orientarsi e controllare il proprio ambiente • facilitare la comunicazione tra i membri di una comunità, fornendo un codice per designare e classificare differenti aspetti del proprio mondo e della propria storia individuale e di gruppo. 12. 4. LA CONOSENZA DI SE' Il Sé può essere considerato come la capacità riflessiva delle persone di considerarsi come oggetto di attenzione e riflessione in modo da: • COMPRENDERE le proprie emozioni, motivazioni e i propri comportamenti • REGOLARE emozioni e componenti secondo i propri scopi e le proprie aspirazioni. William James (psicologo statunitense) ha gettato le basi per lo studio della disciplina del sé. A lui si deve in particolare la distinzione tra IO CONOSCENTE (IO) e IO CONOSCIUTO (ME) che, insieme, formano l'identità di un individuo. James inoltre articola il Sé in diversi ambiti di conoscenza, che variano in base al legame con l'esperienza diretta che ognuno ha di se stesso: 1. SE' MATERIALE 2. SE' SPIRITUALE 3. SE' SOCIALE 4. SE' COLLETTIVO 5. SE' CULTURALE Il Sé ha natura dinamica e si evolve nel corso dell'esistenza in relazione al variare delle esperienze personali, al valore delle situazioni di vita e circostanze sociali. Complessità e dinamicità non impediscono di sviluppare conoscenze e valutazioni accurate sul Sé, e di percepire coerenza tra ciò che fanno e che pensano di essere. CARATTERISTICHE DEL SE' Il Sé è contemporaneamente oggetto e soggetto dell'esperienza, la sua fonte quanto il suo fine ultimo. Si possono individuare tre caratteristiche fondamentali del Sé: 1. AUTOCONSAPEVOLEZZA è riferita alla sensazione che si→ prova ogni volta che si pensa a se stessi. 13. 2. CONTINUITA' ovvero la sensazione che le persone prova ad→ essere sempre le stesse nonostante il trascorrere del tempo e il crescere dell'esperienza. 3. DISTINZIONE IO/ME strettamente connessa→ all'autoconsapevolezza, è appunto la capacità di distinguere tra IO/ME. È un'importante capacità dell'uomo di confrontarsi con se stesso, oltre che con gli altri, e di formare un Sé ideale, cioè quel genere di Sé che si vorrebbe essere agli occhi del mondo. Le fonti dal quale il Sé si sviluppa possono provenire sia dal contesto sociale sia dall'individuo stesso, che osserva e valuta il proprio comportamento. LA COSTRUZIONE SOCIALE DEL SENSO DEL SÉ L'IO sociale (parte del Me) nasce dall'interazione sociale. Ogni essere umano quindi, possiede tante IO SOCIALI quante sono le persone e i gruppi con cui entra in una relazione significativa. Il Sé non è innato, ma si costruisce nel corso delle relazioni sociali: gli altri costituiscono una sorta di specchio sociale in cui si riflette l'immagine che una persona ha di se stessa. Osservando il Sé riflesso le persone arrivano a definire il proprio Sé. e speranze radicate nell'individuo. Il Sé possibile orienta il comportamento degli individui in modo che la persona agirà in modo da realizzare i Sé auspicati e allontanare quelli indesiderati. LA COERENZA DEL SÉ Il Sé è composto da una molteplicità di informazioni ma ciò non impedisce all'individuo di ricostruire una coerenza tra le proprie azioni e ciò che pensano di essere. La coerenza del Sé si ottiene attraverso tre fasi: 1. ACCESSIBILITA' DELLE INFORMAZIONI (vengono attivate le informazioni in linea con il ruolo e il contesto). 2. PRESSIONI VERSO LA COERENZA (vengono ricordate informazioni che sostengono la coerenza del Sé). 3. ATTRIBUZIONI SITUAZIONALI (comportamento incoerente dovuto ad influenze esterne). Lo stile attribuzionale spiegare il proprio comportamento→ attribuendolo alla situazione consente di mantenere una coerenza del Sé anche in presenza di comportamenti apparentemente incoerenti. Quando si verificano delle discrepanze tra le proprie cognizioni e un particolare comportamento, gli individui provano una spiacevole stato di tensione emotiva e di disagio che cercano di eliminare, o quanto meno, di attenuare attraverso diverse forme di RIORGANIZZAZIONE COGNITIVA. 16. Questa è la base della teoria della DISSONANZA COGNITIVA (Festinger). Secondo questa teoria due elementi sono in relazione dissonante quando hanno qualcosa in comune che li lega, rendendoli attinenti e reciprocamente significativi, ma non sono tra loro coerenti (So che fare esercizio fisico fa bene, ma non lo faccio; So che fumare fa male, ma fumo ugualmente.) LA PERCEZIONE DI SÉ Il modo in cui le persone percepiscono loro stesse è in stretta relazione con il grado di stima che esse nutrono nei loro confronti. Le persone nel corso della loro esistenza, sviluppano un VALORE AFFETTIVO ( percezione autovalutativa) che definiamo → autostima. L'autostima rappresenta il lato affettivo, ciò che noi proviamo per noi stessi, la valutazione positiva o negativa che attribuiamo a noi stessi. In psicologia sociale si distingue tra autostima globale → riferita all'attaccamento che ogni persona ha con se stessa autovalutazioni → giudizio sulle proprie caratteristiche specifiche autoapprezzamento → sentimenti che un individuo prova verso se stesso in un momento dato tratto, l'autostima può essere intesa in quanto tratto,e quindi come durevole e globale e quindi come durevole e globale (il grado di autostima che ho per me in generale) o in quanto stato, cioè temporanea e specifica (la stima che ho per me stesso in questo dato momento). Le minacce al benessere del sé possono avere molteplici origini, che vanno dal dover far fronte a fallimenti e incongruenze che possono essersi verificati nella nostra vita, agli stress quotidiani e ripetuti nel tempo. I fallimenti e gli insuccessi ci pongono davanti a feedback negativi che minacciano l'opinione che abbiamo di noi stessi; le incoerenze, sono ugualmente una minaccia per il Sé, in quanto sono informazioni 17. che pur provenendo dal contesto contraddicono l'idea che l'individuo ha di se stesso. Quando il Sé è minacciato, le conseguenze colpiscono sia la sfera emotiva degli individui, quanto quella fisica. Il modo in cui reagiamo alle minacce del Sé è legato al grado di controllo che riteniamo di poter esercitare sulla situazione in corso; la capacità di reagire agli eventi sarà fortemente limitata quando la persona avrà avuto ripetute esperienza di mancanza di controllo questo può dar luogo al cosidetto sentimento dell'IMPOTENZA APPRESA cioè la convinzione di non poter intervenire in nessun modo per controllare l'evento o per modificarlo, così da poter ridurre i danni sul Sé. Di fronte ad una minaccia per il proprio Sé siamo comunque portati a reagire, vi sono due principali modalità di reazione: • la gestione delle emozioni negative legate ad un evento (reazione focalizzata sull'emozione) es. di questo tipo di strategia: la fuga, non ci si sente all'altezza della situazione la svalutazione dell'importanza dell'evento negativo l'autoespressione, il semplice parlare dei sentimenti prodotti da feedback o eventi negativi. sé. • ESEMPLARITA' si vuole essere d'esempio per gli altri, → suscitando sentimenti di emulazione. L'AUTOMONITORAGGIO descrive la capacità che l'individuo ha di adattarsi alle situazioni, focalizzando la propria attenzione sul contesto, orientando di conseguenza il proprio comportamento. Chi ha automonitoraggio elevato presta molta attenzione alla situazione sociale, mentre chi ha basso monitoraggio tende ad ascoltare i segnali interni. Le persone con alto automonitoraggio tendono ad adeguarsi alle norme sociali che regolano le diverse situazioni sociali e hanno sempre un comportamento adatto al contesto privilegiando ciò che di deve fare a ciò che effettivamente desiderano. Chi ha basso automonitoraggio ha invece difficoltà a imitare il comportamento degli altri per aderguarlo alla situazione. Questi soggetti tendono a far trasparire dal loro comportamento i propri sentimenti e stati d'animo rimanendo fedeli a loro stessi nonostante il variare dei contesti. Si percepiscono persone coerenti e di saldi principi, ma la loro condotta può facilmente risultare inadeguata alla situazione. LE DIFFERENZE CULTURALI NELLA STRUTTURA DEL SÉ Il Sé si struttura diversamente in relazione agli orientamenti culturali della società in cui si sviluppa. La cultura influenza profondamente il significato che viene attribuito al contesto, e suggerisce i tratti da ritenere salienti per la costruzione del concetto di Sé. Una distinzione sostanziale che si può compiere rispetto alle variazione interculturali della struttura del Sé riguarda il suo orientamento: INDIVIDUALE o COLLETTIVO. 20. Nel collettivismo culturale le necessità del gruppo prevalgono su quelle individuali, mentre l'opposto avviene nelle situazioni di individualismo culturale. Tale distinzione può essere applicata anche sul Sé: si distingue tra Sé dipendente proprio delle società individualiste→ Sé interdipendente proprio delle società collettiviste→ La struttura del Sé risulta più stabile nei Sé orientati in senso indipendente e più fluida e mutevole nei Sé interdipendente, questa differenza si spiega poiché nelle culture collettiviste sono il ruolo e le relazioni a costruire il Sé. Importante è anche il peso che viene attribuito al Sé privato (Sé spirituale di James), nelle culture individuali questo aspetto del Sé è predominante, reale e importante, costituisce l'essenza autentica del Sé di ogni persona. Nelle culture collettivistiche, invece, il Sé è al servizio di quanto richiesto dagli scenari sociali. L'IDENTITÀ ETINICA l'identità etnica viene definita come la componente etnica dell'identità sociale. L'identità sociale è quella parte d'identità dell'individuo che gli deriva dalla consapevolezza di essere membro di un gruppo e dai sentimenti associati a questa appartenenza. L'identità etnica ha una natura dinamica, soggetta a cambiare nel corso del tempo e attraverso i contesti di vita degli individui. L'identità etnica è un aspetto dell' ACCULTURAZIONE, cioè il processo di cambiamento culturale che si verifica quando due o più gruppi entrano in contatto reciproco e, in particolare, al cambiamento che gli individui esperiscono in conseguenza all'essere membro di un gruppo sociale coinvolto nel processo di acculturazione. Esistono diverse strategie da adottare nel processo di acculturazione: • ASSIMILAZIONE è definita dal disinteresse verso il → 21. mantenimento della cultura originaria e la valorizzazione e dell'apprendimento della cultura dominante. • SEPARAZIONE (opposto all'assimilazione) le persone non→ intendono entrare in relazione con la società plurale e attribuiscono un valore centrale al mantenimento della cultura di origine e per l'interazione con gli altri gruppi. • INTEGRAZIONE sottende l'interesse per il mantenimento→ della cultura di origine e per l'interazione con gli altri gruppi culturali. • MARGINALIZZAZIONE questa strategia implica uno scarso→ interesse al mantenimento della cultura originaria e un analogo scarso interesse ad avere relazioni con altri gruppi. Il fine ultimo del processo di acculturazione è l'adattamento degli individui e dei gruppi ai nuovi contesti che si sono determinati in seguito al contatto interculturale. PROCESSO DI INFLUENZA SOCIALE All'interno del processo di influenza sociale possiamo distinguere le FONTI ATTIVE da quelle PASSIVE. Con il termine fonte passiva si fa riferimento a quel processo di influenzamento che si verifica semplicemente a causa della presenza di altre persone, con cui non si interagisce esplicitamente, ma favoriscono o inibiscono alcuni ragionamenti e comportamenti. Quando la presenza di altre persone migliora la riuscita delle nostre prestazioni e dei nostri ragionamenti è il caso del fenomeno di facilitazione sociale, noi veniamo non esplicitamente influenzati in maniera positiva. Al contrario, l'inerzia sociale è quel fenomeno che consiste nella riduzione di impegno e di motivazione quando gli individui sono impegnati in attività di gruppo o, semplicemente, sono insieme ad altre persone, rispetto a quando operano singolarmente. Una situazione in cui è molto frequente che si verifichi il fenomeno di inerzia sociale è quella relativa ai comportamenti d'aiuto. Di fronte ad un'aggressione è raro che qualcuno degli spettatori intervenga in aiuto delle vittime, e uno degli elementi alla base dell'apatia degli astanti è proprio l'influenza sociale. Molti studi hanno dimostrato che uno spettatore è molto più disposto a prestare soccorso quando si trova da solo. Alla base di quella che viene definita inibizione sociale dell'altruismo vi sono tre processi sociali: 1. l'ignoranza collettiva si verifica a causa dell'ambiguità della→ situazione d'emergenza, che per lo spettatore può costituire fonte di incertezza per come deve comportarsi. In questo caso la condotta delle altre persone testimoni dell'episodio, che magari non intervengono, influenzano il modo in cui si ci comporta. 2. La diffusione di responsabilità se il numero di persone che→ assiste all'evento è piuttosto elevato il senso di responsabilità individuale tende a diminuire, dal momento che non si ci sente responsabili ad agire. 24. 3. Paura della valutazione è un fattore particolarmente→ inibente ed entra in gioco quando lo spettatore non sa se le sue capacità sono all'altezza per aiutare in modo efficace la persona bisognosa e teme il giudizio altrui. La pressione delle fonte può essere diretta o indiretta, nel primo caso essa ricorre a messaggi che, in modo del tutto esplicito, spingono il bersaglio a mettere in atto particolari atteggiamenti. Nel secondo caso la fonte evidenzia semplicemente i vantaggi che il bersaglio potrebbe ottenere se compisse particolari azioni, senza richiedergli apertamente di adottare o non adottare quel determinato comportamento. DIVERSI LIVELLI DI INFLUENZA SOCIALE Esistono diversi livelli di influenza sociale che possono essere raggiunti. L'influenza sociale può infatti variare per intensità (livello di profondità a cui agisce), persistenza (durata nel tempo dei suoi effetti) resistenza (capacità di far fronte a tentativi di controinfluenza). • L'influenza può infatti avere delle conseguenze a un livello estremamente superficiale, definita compiacenza o acquiescenza cioè il bersaglio modifica pubblicamente la propria posizione ma non perché convinto di ciò che la fonte sostiene ma semplicemente perché si aspetta un riconoscimento sociale o evitare di incorrere in sanzioni. • Diverso è invece il caso dove il bersaglio si conforma a quanto sostenuto dalla fonte sia in pubblico che in privato, siamo quindi nel livello dell'identificazione da parte del soggetto bersaglio, che crede realmente in ciò che la fonte sostiene. • Infine vi sono situazioni in cui la fonte viene riconosciuta come particolarmente competente, abile e degna di ascolto. Il bersaglio quindi non solo è favorevole a essere influenzato ma inserisce ciò che la fonte esprime all'interno del proprio sistema di valori, credenze attuando un vero e proprio processo di interiorizzazione. questo processo è particolarmente→ persistente e dura nel tempo anche quando la fonte non c'è più. 25. L'INFLUENZA DELLA MAGGIORANZA: IL CONFORMISMO Scherif ha studiato scientificamente il fenomeno del conformismo, indagando come si sviluppano le norme in una situazione di gruppo. Sherif ha posto l'attenzione sui possibili effetti di influenzamento reciproco tra due o più persone che devono orientarsi e valutare una situazione incerta. possiamo affermare quindi che Sherif ha studiato il processo di→ influenzamento in situazioni ambigue. Uno dei dati più eclatanti degli studi condotti da Sherif è che il giudizio espresso dai singoli soggetti, insieme alla norma che ciascuno di essi stabilisce, è differente da quello a cui giunge il gruppo. Nella condizione di gruppo, poi, le persone tendono a ridurre le diversità di giudizio e si orientano verso una ristrutturazione del proprio campo. Sherif afferma in generale “che quando duo o tre persone si trovano a 4. Tentativi per arrivare ad una soluzione → i soggetti cercavano di trovare una qualche giustificazione che potesse spiegare la ragione di questo forte disaccordo tra il proprio punto di vista e quello della maggioranza. Il soggetto ingenuo cercando il proprio errore non vedeva più la situazione con occhio distaccato. 5. Si entrava così nella fase successiva, l'aumento della concentrazione sull'oggetto → poiché malgrado i tentativi di arrivare ad una spiegazione, il disaccordo con la maggioranza permaneva e molte persone, anche quelle più sicure e indipendenti, iniziavano a dubitare delle proprie capacità percettive ed a essere turbate per la situazione. 6. Si entrava quindi nella fase di crescita del dubbio circa le proprie abilità percettive. 7. Infine vi era la fase del desiderio di essere d'accordo del gruppo in cui si sono registrate le maggiori differenze→ individuali. La ragione che porta questi individui a conformarsi è che essi sentono il dovere di rispettare la consegna ricevuta, ossia dichiarare esattamente ciò che vedono. Anche la sottomissione alla maggioranza è un fenomeno articolato, sotteso da bisogni e motivazioni differenti. In questo caso Asch distingue tra chi cede a causa di una deformazione della percezione , chi per una deformazione di giudizio , chi per una deformazione dinamica ( bisogno di sentirsi come gli altri). La deformazione della percezione è il tipo di cedimento meno frequente e si riscontra negli individui che sono consapevoli della pressione della maggioranza e non modificano volontariamente le loro valutazioni, al punto che sono convinti di aver risposto in base a ciò che vedevano. 28. La deformazione di giudizio è la sottomissione che si manifesta principalmente a causa di una grande indecisione e insicurezza rispetto ai propri giudizi. In questo caso cioè gli individui, data l'uniformità delle valutazioni espresse dalla maggioranza, ritengono errata la propria. Infine la deformazione dinamica è il cedimento che si manifesta quando per le persone è piuttosto irrilevante avere ragione o no; ciò che interessa è non apparire diversi dal resto del gruppo e questa preoccupazione li porta a conformarsi alla maggioranza, annullando consapevolmente le proprie valutazioni. Importante è anche la rilevanza del rapporto numerico trale parti in gioco. • Quando il rapporto è bilanciato (un soggetto ingenuo e un complice) il conformismo è praticamente inesistente; • il soggetto ingenuo diventa sensibile all'influenza del gruppo il momento in cui è solo nelle sue valutazioni contro la maggioranza. Ma, la presenza di un'altra persona che si contrappone alla maggioranza infrange l'unanimità dando prova che si possono avere ed esprimere opinioni differenti. INFLUENZA INFORMATIVA E NORMATIVA Secondo la teoria della dipendenza (H.B. Gerard) le persone che si trovano in una situazione di gruppo sono, cognitivamente e socialmente, interdipendenti tra loro e dalle regole che il gruppo difende. Gli individui infatti possono conformarsi alla maggioranza per due ordini di motivi: 1. influenza informativa 2. influenza normativa La prima è una forma di influenza sociale che induce ad accogliere 29. un'informazione che proviene da un'altra persona come un elemento di verità ed è impiegata per completare le informazioni e competenze personali insufficienti, in modo da poter essere più sicuri quando si affrontano i compiti della vita. La seconda è una forma di influenza che conduce l'individuo ad adeguarsi alle aspettative della maggioranza e conformarsi alle norme e ai comportamenti attuati dal gruppo. Questa forma di influenza si verifica quando una persona intende dare un'immagine di sé positiva e non vuole apparire ridicola e inadeguata al gruppo a causa del suo comportamento rischiando di essere estromessa dal gruppo. 31. Negli esperimenti in cui il soggetto ingenuo (insegnate) era fisicamente vicino allo sperimentatore il livello di sottomissione era molto elevato, ma questo diminuiva dal 65 al 20% dei casi al crescere della distanza dall'autorità. Milgram ha interpretato i risultati emersi sostenendo che la situazione i cui erano state poste le persone che avevano partecipato all'esperimento aveva generato in loro uno stato eteronomo e che questo era l'atteggiamento principale a cui si deve l'obbedienza. Infatti una persona che viene a far parte di un sistema autoritario passa da uno stato autonomo ad uno eteronomo e non si ritiene più libera di agire in base alle proprie convinzioni personali, ma si considera un esecutore di ordini altrui. È uno stato mentale, che in particolari situazioni sociali, predispone l'individuo a orientare il proprio modo di comportarsi secondo le disposizioni che provengono da uno status superiore. In tal modo egli non si sente più responsabile di ciò che fa, ma si percepisce come uno strumento che esegue ordini impartiti da altri. Nello studio condotto erano presenti quindi alcune condizioni che favoriscono l'obbedienza: 1. legittimità dell'autorità 2. l'adesione al sistema di autorità 3. la pressione sociale Questi risultati hanno portato Milgram a sostenere che i comportamenti di obbedienza sono l'esito delle pressioni sociali esercitate dal contesto e dalle situazioni in cui le persone si trovano ad agire e non sono interpretabili in base alle caratteristiche di personalità degli individui, né come risposta che deriva da esperienze di frustrazione. Obbedire all'autorità è una regola che, in generale, consente alle persone di convivere all'interno di strutture sociali piuttosto ordinate. 32. L'INFLUENZA DELLA MINORANZA Moscovici ha proposto un approccio genetico dell'influenza sociale. Il modello genetico considera la realtà come il risultato di un processo costruttivo in cui maggioranze e minoranze interagiscono e costruiscono così il contesto sociale, in cui tutti coloro che ne fanno parte possono essere considerati fonte o bersaglio di influenza. Questo modello pone quindi la propria attenzione sull'influenza esercitata dalle minoranze e su come queste possano premere verso il cambiamento sociale ed essere fonte di innovazione. L'influenza minoritaria si differenza da quella maggioritaria per un aspetto molto importante cioè che il processo di influenza minoritario può avvenire soltanto se la minoranza stabilisce una propria posizione, diversa e contrapposta a quella espressa dalla maggioranza. Le minoranze a cui Moscovici fa riferimento sono le cosiddette minoranze attive (o nomiche): minoranze non esclusivamente numeriche, ma composte da uno o più individui che hanno una opinione in contrasto con un sistema sociale ampio e che lottano per promuovere norme contrarie a quelle dominanti. Ciò che consente ad una minoranza di esercitare la sua influenza è il suo stile di comportamento dare l'impressione di essere ben→ salda sulle proprie posizioni, convinta di ciò che sostiene e impegnata a portare avanti le proprie istanze, la consistenza del suo comportamento, ossia la sua capacità di mantenersi coerente con le proprie opinioni in situazioni, momenti e tempi diversi (consistenza diacronica) e restando unita al proprio interno (consistenza sincronica). Inoltre la minoranza per poter esercitare una qualche influenza deve apparire indipendente e capace di resistere alle pressioni della maggioranza, senza però essere rigida e dogmatica. Fondamentale è quindi lo stile di negoziato che essa adotta, il quale per risultare efficace deve essere flessibile, ossia disponibile a negoziare eventuali compromessi con la maggioranza per non esasperare il conflitto. 33. La capacità di influenzamento dipendono anche dalle persone che la compongono, è possibile individuare una minoranza ingroup dove la differenza tra i membri del gruppo di minoranza e di maggioranza è limitata alle diverse posizioni espresse; e una minoranza outgroup che è composta da persone che oltre a discordare con le opinioni espresse dalla maggioranza appartengono anche ad un'altra categoria sociale. CARATTERISTICHE DELL'INFLUENZA MINORITARIA Il comportamento consistente della maggioranza, talvolta produce un cambiamento a livello delle risposte pubbliche, ma soprattutto lo induce a livello delle risposte latenti, private. L'aggressività viene posta in stretta relazione con il desiderio di autoaffermazione. 35. L'AGGRESIVITA' Aggressivo è quel comportamento ostile messo in atto intenzionalmente da una persona (o gruppo) ai danni di un altra persona (o gruppo). Possiamo definire il comportamento aggressivo come un insieme ddi azioni dirette a colpire uno o più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche e morali, oppure la morte. Il comportamento aggressivo ha quindi come esito la produzione di un danno ad un altra persona. Non tutti i comportamenti che arrecano danno agli altri, sono considerati aggressivi (es. a causa di una brusca frenata dell'autobus ricevo uno spintone). Non è neanche necessario che l'autore dell'aggressione abbia successo per poter classificare aggressivo il suo comportamento, poiché la natura aggressiva del suo atto si riconosce dalla volontà di colpire che ha mosso il suo braccio. Chi compie un atto aggressivo in queste condizioni prova infatti emozioni forti, come la rabbia, e sentimenti di frustrazione, paura e bisogno di difendersi, il cui insorgere è determinato da una serie di condizioni situazionali. A seconda delle cause che la producono l'aggressività può essere: 1. aggressività strumentale si manifesta quando le persone vedono la possibilità di ottenere dei vantaggi materiali ai danni della vittima. Un aggressore strumentale è ad es lo scippatore, il ladro di banca ect .. 2. aggressività emozionale è associata a emozioni e sentimenti; chi compie un atto aggressivo in queste condizioni prova emozioni forti, come la rabbia, sentimenti di frustrazione, paura, bisogno di difendersi, il cui insorgere è dettato da una serie di condizioni situazionali. 36. l'aggressività emozionale si manifesta quando una persona nota la possibilità di realizzare un tornaconto personale, e dipende sostanzialmente da una motivazione alla “padronanza” ossia da un desiderio di possesso. I MODELLI INTERPRETATIVI DELL'AGGRESSIVITA' Il comportamento aggressivo si riflette nelle difficoltà a elaborare una definizione univoca di questo concetto. In psicologia sociale sono presenti tre principali orientamenti che hanno influenzato le ricerche sull'argomento. 1. Un primo modello concepisce l'aggressività come un comportamento guidato da istinti e pulsioni, sostanzialmente connaturato alla natura umana e quindi inevitabile. Si sostiene quindi che i comportamenti aggressivi rispettino la logica del modello idraulico cioè l'energia che proviene dall'istinto deve essere indirizzata verso qualche oggetto, e se questo non avviene, essa si accumula e può scoppiare in modo incontrollato, anche senza stimoli che la scatenano. L'approccio psicoanalitico deriva dal pensiero di Sigmund Freud, che aveva definito l'aggressività come una reazione dell'individuo alla frustrazione sperimentata durante la ricerca della libido abbandonando poi questa visione a favore della teoria dei due istinti contrapposti EROS (l'istinto di vita)e THANATOS (l'istinto di morte). 2. Il secondo modello interpretativo è l'ipotesi della frustrazione aggressività, in questa concezione l'aggressività viene concepita come una reazione emotiva. Il punto di partenza è l'ipotesi di Freud che collegava l'aggressività alla frustrazione, l'aggressività quindi si manifesta sempre in conseguenza ad uno stato di frustrazione (intesa come condizione psicologica che insorge in chi incontra ostacoli nel raggiungimento dei propri fini). la frustrazione conduce sempre a una qualche forma di→ aggressività e l'aggressività è sempre conseguenza di una frustrazione. Questo modello fu oggetto di critiche soprattutto riguardo il nesso 37. causale postulato tra i due concetti. L'aggressività infatti non sempre si manifesta in presenza di una frustrazione, come nel caso dell'aggressività strumentale e inoltre la frustrazione non produce sempre e solo comportamenti aggressivi. La seconda critica riguarda il fatto che non sempre l'atto aggressivo è rivolto alla causa della frustrazione. A seguito di queste obiezioni gli autori riformularono la loro teoria, giungendo a concludere che la frustrazione è sì uno stimolo che induce ad una risposta aggressiva, ma questa è solo una delle operando invece a suo favore. Alcuni studi hanno confermato che quando sono in gruppo gli individui tendono a comportarsi in modo molto più aggressivo di quando agiscono come singoli. 39. LA DEINDIVIDUAZIONE E LA TEORIA DELLA NORME EMERGENTE La teoria della deindividuazione affonda le sue radici nella psicologia delle folle di Le Bon che attribuiva alle folle un comportamento più irrazionale, impulsivo e meno conforme alle norme di quello che di solitamente manifesta il singolo individuo. Secondo Zimbardo, la causa dell'accresciuta aggressività in gruppo è dovuta al crearsi di uno stato individuale particolare, detto appunto DEINDIVIDUAZIONE in cui le persone hanno un ridotto controllo del proprio comportamento e prestano minore attenzione agli standard normativi, all'autoprestazione e alle conseguenze delle proprie azioni. La deindividuazione implica una diminuzione della consapevolezza di sé, che porta le persone ad essere meno capaci di agire secondo le regole sociali da loro normalmente condivise. La teoria della norma emergente propone una spiegazione dell'effetto della norme sull'aggressività in netto contrasto con quella della deindividuazione. Secondo questa teoria infatti, la maggiore probabilità che una folla o un gruppo producano forme di comportamento vistosamente estreme è legata all'emergere, nel gruppo, di nuove norme, approvate e condivise da tutti i membri in quelle situazioni specifiche. In altre parole, l'individuo non perde le proprie inibizioni né pone meno attenzione alle norme; ciò che cambia sono le regole a cui fa riferimento. 40. L'ALTRUISMO L'altruismo assume molteplici sfumature in psicologia sociale, ma vi è un filo rosso che lega le varie definizioni che gli studiosi hanno dato a questo concetto, con l'espressione altruismo si ci riferisce a quella vasta gamma di azioni che un individuo può compiere a vantaggio di una o più persone. Si tratta di un comportamento esercitato a favore e beneficio di qualcun altro senza aspettarsi alcuna ricompensa concreta. L'atto altruistico può trarre origini da motivazioni diverse, quali il desiderio di beneficiare qualcuno o la necessità di svolgere il proprio dovere, o ancora, la possibilità di trarre qualche vantaggio personale come il prestigio o l'approvazione sociale. Alcuni studiosi considerano le motivazioni ad aiutare gli altri→ davvero tese a migliorare il benessere fisico, psichico e l'integrità di un altro individuo; Altri sostengono che l'altruismo vero e proprio non→ esista, ma le motivazioni siano volte ad ottenere qualche vantaggio personale (aumento dell'autostima). Gli psicologi sociali sono d'accordo nel distinguere: • altruismo egoistico → che ha come obiettivo principale il vantaggio del soggetto agente; • altruismo altruistico → il cui scopo è arrecare beneficio al soggetto al quale il comportamento altruistico è rivolto. Importante è la ragione per cui siamo o non siamo altruistici. Gli psicologi si chiedono se è verosimile che vi sia una personalità altruistica, e se quindi sia possibile distinguere tra persone altruiste e egoiste. INTERPRETAZIONI TEORICHE DELL'ALTRUISMO. È al filosofo Auguste Comte che si devi il termine “altruismo” da lui utilizzato in opposizione a “egoismo”. Comte si riferisce ad una peculiarità naturale dell'essere umana, che esprime un bisogno di socialità e porta ognuno verso l'altro; questo atteggiamento sociale si fonda sul desiderio di vivere per l'altro. Secondo Comte l'altruismo è dunque un fattore di carattere naturale e innato, eterno e non modificabile. 41. la sociobiologia invece studia l'altruismo partendo dalle basi biologiche dei comportamenti e ritiene che l'altruismo sia fondato sulla cosiddetta selezione di parentela questo meccanismo spiega→ l'amore e l'attenzione verso i figli, comportamenti altruistici tra individui della stessa famiglia ma, non è in grado di dar conto a comportamenti altruistici verso persone con cui non vi sono legami di parentela. Questo viene spiegato dalla teoria dell'altruismo reciproco secondo questa teoria un atto altruistico verso un individuo senza legami di è l'empatia. L'empatia è l'attivazione emotiva suscitata dall'osservare qualcuno in stato di disagio provandone simpatia e compassione. Tale attivazione emotiva è associata anche a un processo di 43. carattere cognitivo, ovvero la capacità di assumere la prospettiva di un'altra persona, provando uno stato d'animo analogo al suo e riuscendo così a comprenderne la necessità. Osservare una persona in difficoltà induce a provare un DISAGIO EMPATICO, ossia un malessere dovuto al fatto di veder soffrire un altro essere umano. La tensione provocata da questo stato d'animo può indurre ad aiutare la persona che si trova in condizione di difficoltà semplicemente per ridurre il proprio malessere, e per tale ragione, la motivazione dell'aiuto che viene indotta dal disagio empatico viene ritenuta egoistica, dal momento che non vi è una vera preoccupazione per la persona alla quale si presta aiuto. Dal disagio empatico può derivare il cosiddetto DISAGIO SIMPAETICO che dà invece luogo ad una vera e propria motivazione d'aiuto, ovvero un'effettiva apprensione per l'altro. Dimensioni cognitive Il comportamento altruistico è guidato anche da processi di carattere cognitivo, come ad es. l'attenzione, la percezione, i processi di inferenza e attribuzione. In generale infatti le persone non sono disposte ad aiutare chiunque si trovi in difficoltà, e nel momento in cui si trovano nelle condizioni di aiutare qualcuno valutano la situazione, compiendo delle inferenze riguardo 1. effettiva necessità di aiuto 2. adeguatezza dell'aiuto 3. legittimità dell'aiuto 4. costi ed effetti che possono derivare dall'aiuto e dal non aiuto Sulla base dell'esito di queste valutazioni le persone decidono come agire. In questa prospettiva si colloca il modello del processo di altruismo basato sul senso di dovere morale proprio di ogni persona e della sua valutazione della situazione. Questo modello sottolinea l'incidenza delle norme personali sulle condotte prosociali. 44. All'interno del modello troviamo 5 diverse fasi di valutazione • attenzione • motivazione • valutazione • difesa • comportamento. COMPORTAMENTI SITUAZIONALI L'evento al quale si attribuisce l'origine dell'interesse per le dimensioni situazionali è l'omicidio di Kitty Genovese. La ragazza venne assalita e uccisa la notte del 13 marzo 1964 sotto gli occhi di 38 persone (vicini che guardavano dalle finestre) senza che nessuno intervenisse in suo aiuto. Gli studiosi concentrarono la propria attenzione soprattutto sulla rilevanza delle variabili situazionali che possono condurre un individuo a mettere o non mettere in atto un tale comportamento, conclusero che la probabilità che un individuo si comporti in maniera altruistica è dovuto anche a fattori legati alla situazione. L'altruismo trae origini non tanto dalle norme sociali e dai valori morali della persona, quanto piuttosto da una processo decisionale a 5 stadi: 1. l'individuo nota che sta succedendo qualcosa 2. interpreta la situazione come un'emergenza 3. stabilisce se ha o meno la responsabilità di intervento 4. valuta il tipo di aiuto che può mettere in atto 5. decide la migliore modalità di azione un individuo è più disponibile ad accorrere in aiuto di qualcuno quando è l'unico soggetto presente alla situazione, mentre se alla scena assistono anche altre persone si verifica quella che viene definita diffusione di responsabilità che favorisce l'inibizione dell'altruismo e la cosiddetta apatia degli astanti. 45. LE NORME SOCIALI Vari studi concordano che il comportamento di aiuto è potenzialmente attuabile da chiunque e che la frequenza e la modalità di tale messa in atto sono apprese. È importante fare riferimento ai processi di socializzazione e alle norme sociali condivise. Le norme sono infatti prodotte, approvate, condivise e tramandate nei 47. 7. L'INTERAZIONE NEI GRUPPI: studiare e “fare” i gruppi. Il gruppo costituisce una realtà significativa, formativa, un luogo psicologico e sociale di riferimento in ogni tappa del ciclo di vita, in ogni contesto che caratterizza la nostra vita di “animali sociali”. Possiamo parlare di gruppo in senso proprio, quando ci troviamo al cospetto di una realtà costituita “da un certo numero di individui che interagiscono l'uno con l'altro con regolarità” che si aspettano reciprocamente specifici comportamenti che non sono richiesti invece a chi non appartiene al gruppo, quando c'è la consapevolezza dell'appartenenza, quando vi è tra i membri un processo di interazione che “tiene insieme i partecipanti, dando vita a una distinta unità con una propria complessiva identità sociale”. Vi sono altre possibili distinzioni: GRUPPI PRIMARI E SECONDARI il gruppo primario è una realtà caratterizzata da rapporti di stretta cooperazione, di interazioni faccia a faccia, è una piccola associazione di persone legate da vincoli di natura emotiva come ad es. la famiglia o al gruppo amicale più intimo. Il gruppo secondario è più esteso, formato da un numero di individui che si incontrano regolarmente, ma i cui rapporti sono di tipo impersonale, sono aggregazioni formalizzate da un contratto, legittimazione o riconoscimento ufficiale della loro esistenza, riunite per specifici scopi pratici. PICCOLI GRUPPI L'espressione “piccolo gruppo “ si è sostituita progressivamente a “gruppo primario” ma designa però “l'adozione di una logica dualistica rispetto a quella unitaria che considera il gruppo dal punto di vista della sua dinamica interna”. Il piccolo gruppo rappresenta l'unica dimensione sociale nella quale si sperimenta una sovranità partecipata”, la sola aggregazione 48. “fraterna” dove può esistere potere e impotenza, fusione e distinzione, solidarietà e competizione. GRANDE GRUPPO Si intendono gruppi piuttosto ampi in cui non vi è interazione diretta tra tutti i membri, anche se esistono norme, ruoli, leadership, persino sensi di unità e di appartenenza, come avviene nei gruppi politici, religiosi e di volontariato. GRUPPI DI APPARTENENZA E DI RIFERIMENTO i gruppi di appartenenza rappresentano i gruppi ai quali i soggetti effettivamente appartengono, quelli di riferimento costituiscono gli aggregati con cui l'individuo si identifica o ai quali aspira ad appartenere, e rappresentano una fonte importante per gli atteggiamenti e i valori, sia che l'individuo vi appartenga, sia che non ne faccia parte. GRUPPI VOLONTARI, DI FATTO E IMPOSTI Nel corso della nostra esistenza attraversiamo numerose esperienze di appartenenza ai gruppi. Questi talvolta sono scelti deliberatamente (es. la squadra di calcetto del giovedì sera) a volte sono incontrati accidentalmente, e vi si partecipa senza averlo scelto, ma neppure perché si è obbligati. Più spesso nel corso della vita adulta, i gruppi possono essere “imposti” anche se non necessariamente è sgradevole farne parte. GRUPPI FORMALI E INFORMALI I gruppi formali si formano per lo più sotto un'egida istituzionale, che ne detta obiettivi principali nel quadro di attività specifiche (es. associazioni sportive, religiose .. ) e sono strutturati sia dal punto di vista delle relazioni interne sia dal punto di vista delle finalità. I gruppi informali sono invece caratterizzati da interazioni non strutturate,appaiono come aggregazioni spontanee (es. amici), naturali, il cui scopo consiste nel garantire le relazioni fra i membri. Nelle organizzazioni possono essere tre tipi: 49. 1. orizzontali se composti di persone dello stesso rado e dello stesso settore. 2. verticali se al loro interno sono presenti soggetti distribuiti su livelli diversi della scala sociale. 3. casuali a cui appartengono persone della stessa 51. STUDIARE I GRUPPI: LA SCOPERTA DEL GRUPPO IN PSICOLOGIA Durkeim ha enfatizzato le caratteristiche del gruppo che vanno al di là delle finalità e degli scopi materiali che hanno determinato l'affiliazione, ma che riguardano più propriamente la sfera affettiva, emotiva, psicologica: quando individui che si trovano ad avere interessi comuni si associano, essi non lo fanno soltanto per difendere tali interessi, ma per associarsi, per non sentirsi più perduti in mezzo a gente ostile, per avere il piacere di comunicare, di essere un tutt'uno con molti altri, e cioè, in definitiva, per condurre insieme una medesima vita morale. Inizialmente il gruppo è stato considerato come una sorta di “aggregato” le cui caratteristiche dipendono da quelle dei suoi membri, a testimonianza di una prospettiva che pone l'accento essenzialmente sull'individuo, e non sulla dimensione globale del gruppo. Il gruppo, poi, assume lo status di un “fenomeno psicosociale unitario”, di “totalità che deve essere presa in considerazione in quanto tale”. Il gruppo quindi costituisce un oggetto sociale in senso psicologico: capace di elaborazione mentale del sociale, cioè di una sua ricostruzione in schemi rappresentazionali e di una sua valutazione. MAYO E I GRUPPI NELLE ORGANIZZAZIONI Mayo sottolineò da un lato la scarsa rilevanza delle variabili fisiche e fisiologiche nel determinare il rendimento sul lavoro, che deve essere, piuttosto, messo in relazione a variabili di ordine sociale; e sottolineò dall'altra l'importanza dei rapporti interpersonali all'interno dei gruppi di lavoro. Tali gruppi devono essere considerati a due livelli: • formale che rispetta la struttura organizzativa ufficiale→ • informale che risulta quello determinante al fine della corretta→ spiegazione e interpretazione del suo funzionamento 52. MORENO:LA SOCIOMETRIA E LO PSICODRAMMA Moreno condivide con Lewin l'idea che il piccolo gruppo rappresenti una potente leva di cambiamento. Secondo Moreno il gruppo è la sede dell'identità individuale e presenta sostanzialmente tre finalità 1. contribuire e dare un senso all'esistenza 2. dare la possibilità al singolo di “esibirsi” 3. portare a termine il compito per il quale è stato istituito. La sociometria è un'analisi globale dei sistemi gruppali, è una metodologia che propone strumenti adeguati per misurare l'intensità e la diffusione delle correnti psicologiche che si infiltrano nelle popolazioni. Lo strumento principale è rappresentato da un questionario che mette in luce le percezioni selettive di ciascun membro del gruppo attraverso la forma del sociodramma. I partecipanti al gruppo dello psicodramma solitamente non si conoscono e si incontrano con un comune obiettivo interno (riflessione, guarigione, cambiamento .. ) per una serie prestabilita di incontri in cui si “mettono in scena” emozioni, vissuti, conflitti ect .. BION E LA VITA INCONSCIA DEI GRUPPI Bion attribuisce al gruppo il compito di difendere i suoi membri dal disagio e dalla sofferenza che deriverebbe dalla frustrazione dell'apprendimento attraverso l'esperienza, che implica sforzo, dolore e contatto con la realtà. Bion si orienta verso la ricerca del senso intrapsichico e relazionale del gruppo. Secondo Bion il funzionamento di un gruppo di qualsiasi natura e collocato in un qualsiasi contesto, si esprime su due distinti livelli di realtà: • manifesto livello più razionale e legato all'obiettivo che il→ gruppo deve raggiungere • latente inconscio, celato e costituito dai desideri e dalle→ fantasie di ciascun membro 53. Il gruppo secondo questa chiave di lettura può trovarsi a seguire diversi assunti → ASSUNTO DI DIPENDENZA DI ACCOPPIAMENTO produce un livello di aggressività molto simile, molta creatività e scarsa produttività. Il rendimento è quindi l'effetto di una comunicazione aperta e partecipata da tutti. Viene definito quindi il CLIMA DEL GRUPPO che verrà poi esteso alle organizzazioni, gli autori idearono il concetto di ATMOSFERA DI GRUPPO per indicare una dimensione emergente nella situazione sociale e caratterizzata da una forte condivisione sociale. 55. L'ACTION RESEARCH l'action research (la ricercaazione) si qualifica come un processo attraverso cui i ricercatori collaborano all'analisi, alla comprensione e alla soluzione dei problemi ed è pertanto da intendersi come un processo sociale in cui la competenza professionale, gli assunti metodologici e i valori costituiscono la base per costruire “sapere” e promuovere il cambiamento sociale. I più importanti concetti di fondo della ricercaazione sono: 1. Attenzione alla complessità (la ra si riferisce a questioni complesse) 2. Consensualità e partecipazione 3. Esclusività della relazione “in gruppo” 4. Trasformatività di ogni azione conoscitiva 5. Orientamento al cambiamento 6. Centralità della teoria di campo 7. Circolarità del metodo di ricerca (prevede una dialettica tra azione e riflessione così che i piani possano essere modificati, ogni ciclo si articola in tre momenti: PIANIFICAZIONE ESECUZIONE RICOGNIZIONE LE PAROLECHIAVE DELLA DINAMICA DI GRUPPO Le dinamiche di gruppo rappresentano l'insieme delle caratteristiche, dei modi di funzionamento, dei processi e delle trasformazioni che il gruppo subisce. LA STRUTTURAZIONE DI NORME, STATUS E RUOLI all'interno dei gruppi le norme rappresentano dei sistemi di valori che descrivono ciò che è accettabile e ciò che non lo è. Queste possono essere esplicite e formali, codificate in un regolamento, oppure implicite e note solo a chi fa parte del gruppo. Le norme riguardano tanto le regole di comportamento quanto altri aspetti che contribuiscono a generare il carattere distintivo del gruppo, sia formale che informale. 56. La strutturazione dei gruppi in un sistema di status e ruoli determina ordine e prevedibilità nel gruppo, coordina, con la distribuzione di compiti e funzioni, le azioni dei membri in vista del raggiungimento degli obiettivi. Lo status si differenzia dal ruolo per la connotazione di valore che contiene, mentre il ruolo è l'insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione. LA COMUNICAZIONE E IL PROCESSO DECISIONALE La comunicazione costituisce uno dei processi fondamentali della vita dei gruppi. Festinger sostiene che la comunicazione segue nel gruppo due tendenze: • le sollecitazioni alla comunicazione indotte dai bisogni di risolvere questioni legate alla vita interna ed esterna del gruppo; • connessa ai bisogni della persona, che può operare delle pressioni nei confronti del gruppo per ottenere riconoscimenti. • Ci sono gruppi che strutturano una comunicazione aperta, libera in cui ciascuno dei membri comunica con tutti gli altri (comunicazione a stella). • Ci sono gruppi che centralizzano la comunicazione attorno alla posizione del leader che smista i messaggi secondo i suoi intendimenti. • In un terzo caso si può avere una comunicazione non centralizzata ma vincolata, in cui la comunicazione è equamente ripartita ma procede lentamente e ciascuno parla solo con un interlocutore. L'andamento del processo di comunicazione è inoltre strettamente legato al processo decisionale dei gruppi. Le decisioni assunte in un contesto gruppale possono seguire percorsi più complessi di quanto avvenga per le decisioni individuali. Il gruppo è il luogo del confronto e dell'accuratezza della discussione, assai meno quello della decisione, poiché la volontà di 57. o strumentali poiché permette di rendere evidenti i conflitti, mette in luce le relazioni all'interno del gruppo ed esplora le ideologie e i valori condivisi. IL GRUPPO E LA DISCUSSIONE DEI CASI: I GRUPPI BALINT I gruppi Balint sono gruppi di piccola e media grandezza (8 – 14 individui) formati da professionisti (medici in primo luogo) interessati a lavorare sulle proprie capacità di sostenere la relazione con il paziente e condotti da uno o due psicologi di formazione psicoanalitica. Questi gruppi offrono spazi di ripensamento e riflessione sul proprio lavoro, e spesso, un'occasione concreta di contenimento emozionale e di integrazione delle propria esperienza. 59. I GRUPPI E IL SELFHELP I gruppi di mutuo aiuto costituiscono un sistema informale di aiuto, spesso originato da un'azione spontanea, non dipendente da autorità o istituzioni esterne, che deriva da una comune situazione di disagio, sofferenza, emarginazione di diversa intensità e gravità. Questi gruppi hanno finalità sia educative sia di sviluppo degli scambi comunicativi, per consentire alle persone che vi partecipano di sviluppare capacità interpretative circa il problema che costituisce l'occasione di creare un gruppo. I processi che avvengono sono: 1. identificazione con i pari, la condivisione del problema definisce l'appartenenza al gruppo 2. apprendimento come relazione esplicita e diretta con l'esperienza 3. sviluppo e facilitazione della comunicazione grazie alla comunanza delle difficoltà, si riducono così i meccanismi di difesa 4. sviluppo della socialità con gli altri membri 5. supporto emozionale come processo di riduzione della distanza sociale tra i membri 6. offerta di uno status diverso in cui collocarsi 7. principio dell'helper, per cui l'aiuto degli altri potenzia la condizione di aiuto per sé e per il gruppo nella sua totalità. IL GRUPPO NEL CONTESTO DELLA RICERCA: I FOCUSGROUPZ Il focusgroup è uno strumento metodologico di tipo qualitativo basato sulla “discussione di gruppo” nella quale le persone (da 4 a 12) affrontano i temi proposti da un moderatore cui spetta il compito di facilitare la discussione. Il confronto tra i membri del gruppo permette di rilevare atteggiamenti, credenze, orientamenti dei partecipanti sul tema di studio e con ciò cogliere le ragione addotte da ognuno di loro. L'elemento distintivo del focusgroup è rappresentato dalla possibilità di ricreare una situazione simile al processo naturale di formazione delle opinioni, attraverso la sollecitazione trasmessa ai partecipanti di esprimersi secondo una forma consueta di comunicazione, la discussione tra i pari. 60.