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Tesina sul pubblico ministero e la polizia giudiziaria, Tesine di Maturità di Diritto Processuale Penale

Tesina di diritto processuale penale. I protagonisti delle indagini preliminari: il pubblico ministero e la polizia giudiziaria. L'attività di polizia giudiziaria. I protagonisti delle indagini preliminari: il pubblico ministero e la polizia giudiziaria

Tipologia: Tesine di Maturità

2012/2013

In vendita dal 29/05/2013

shy
shy 🇮🇹

4.5

(23)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Tesina sul pubblico ministero e la polizia giudiziaria e più Tesine di Maturità in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! I PROTAGONISTI DELLE INDAGINI PRELIMINARI: IL P.M. ELA P.G. L’attività di Polizia giudiziaria Shirley Lorenti Protagonisti delle indagini preliminari sono il Pubblico Ministero e la Polizia giudiziaria. Il p.m., come organo inquirente, dirige e svolge le indagini preliminari, doverosamente collaborato in  questa importante attività investigativa, finalizzata all’accertamento del fatto e all’individuazione del  colpevole, dalla Polizia giudiziaria. Vediamo,   innanzitutto,   come  sono  organizzati  questi   due   soggetti     fondamentali   della   fase   pre­ processuale delle indagini preliminari. Per quanto riguarda il p.m., gli uffici sono strutturati in livelli organizzativi, sulla base delle  competenze territoriali degli uffici giudicanti. In particolare l’art. 51 c.p.p. stabilisce che le funzioni di PM sono esercitate: • nei procedimenti di competenza del Giudice di pace, nelle indagini preliminari e nei  procedimenti di primo grado, dai magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale  competente per territorio; • nei giudizi di impugnazione, dai magistrati della Procura Generale presso la Corte di Appello  o presso la Corte di Cassazione. Vi è poi una competenza funzionale, relativa ai giudizi su alcuni tipi di delitti previsti dall'art. 51,  comma 3­bis c.p.p., di carattere grave, quali associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di  stupefacenti, reati sessuali, ecc., per i quali le attribuzioni sono organizzate diversamente. In  particolare, le funzioni di p.m. sono esercitate: • nei giudizi di primo grado, dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, presente in  ogni capoluogo di distretto di Corte d'appello; • nei giudizi di appello o innanzi alla Corte di Cassazione, dai magistrati della Direzione  Nazionale Antimafia, presso la stessa Cassazione a Roma. 2 L’attività  di  p.g.  è   anche preliminare,   in  quanto volta    a   fornire  al  p.m.   l’input   investigativo,  e  ausiliaria in quanto, come stabiliscono gli artt. 56 e 327, il p.m. ha, in via preventiva o successiva,  poteri di controllo sull’operato della p.g. e questa ha, a sua volta, doveri di informativa immediata. L’ambito delle indagini di p.g., infatti, è implicitamente e in sé condizionato dalla necessità di non  incidere  in modo  irreversibile sulle scelte   future del  pubblico ministero e,   in particolare,  di  non  concretarsi,  all’insaputa di  quest’ultimo, nel compimento di  atti   irripetibili   salvo che ciò  non sia  imposto da situazioni di assoluta urgenza. Proprio sotto il profilo dei suoi rapporti con l’attività di indagine del p.m., l’attività di p.g. può essere  distinta in un’attività ad iniziativa, posta in essere in un momento nel quale il pubblico ministero non  ha ancora assunto la direzione delle indagini, e in un’attività successiva, consistente nel compimento  di specifici atti ad essa delegati dal pubblico ministero già intervenuto nella direzione delle indagini. A norma degli   artt.   347­357 c.p.p.,   l’attività   ad   iniziativa   consiste   nel   compimento  di  qualsiasi  legittima attività di informazione, investigazione e assicurazione diretta alla ricostruzione del fatto e  all’individuazione del colpevole. Va detto che, nella disciplina prevista dal codice di procedura penale non esiste un divieto assoluto  per la polizia giudiziaria di procedere ad atti di iniziativa successivamente alla trasmissione della  notizia di reato al p.m.; esiste soltanto un divieto di compiere atti in contrasto con le direttive di  quest’ultimo, dopo il cui intervento la polizia giudiziaria, non solo deve compiere gli atti ad essa  specificamente delegati, ma anche tutte le attività di indagine necessarie nell’ambito delle direttive  impartite al fine dell’accertamento dei reati. Durante questa fase, dunque, l’attività della polizia giudiziaria non soffre di limitazioni alcune quanto  alla natura degli atti, che possono essere tanto  atti tipici, che il codice disciplina quanto a scopi e a  presupposti,  quanto atti  atipici,  a carattere informale,  individuati  solo nello scopo e non nei  loro  presupposti o nelle loro forme di realizzazione. Ciò è stato chiarito anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2655 dell’8 aprile 1997: “dal   combinato disposto  degli  artt.   55  e  348 c.p.p.,   si   evince   il   principio  dell’atipicità   degli  atti   di   indagine della polizia giudiziaria, alla quale compete  il potere – dovere di compiere di propria  iniziativa, finché non abbia ricevuto dal p.m. direttive di carattere generale o deleghe per singole   attività investigative, tutte le indagini che ritiene necessarie ai fini dell’accertamento del reato e   dell’individuazione dei colpevoli e quindi anche quegli atti ricognitivi che quest’ultima finalità sono  5 diretti a conseguire, quali l’individuazione di persone o di cose, ancorché non espressamente indicati   nell’elencazione contenuta nell’art. 348 predetto, che deve considerarsi meramente esemplificativa”. Il principio generale secondo il quale la p.g. può compiere a iniziativa qualsiasi atto di indagine soffre  però  di  alcune eccezioni.  Alla  p.g.,   infatti,  è   fatto  divieto,  espresso o  implicito,  di  compiere  ad  iniziativa alcuni atti, e in particolare: • l’assunzione di sommarie informazioni dall’arrestato e dal formato; • il sequestro di plichi o corrispondenza; • l’ispezione personale; • l’interrogatorio in senso tecnico; • le perquisizioni, le ispezioni e i sequestri presso i difensori e i consulenti; • le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni; Sono, poi, implicitamente vietati tutti gli atti che possono incidere in modo irreversibile sulle future  scelte del p.m. o che sono in contrasto con le direttive da questi eventualmente date (si tratta di un  limite legato al carattere ausiliare dell’attività di p.g.). Oltre agli atti posti in essere in piena autonomia, la polizia giudiziaria svolge anche attività su delega  del p.m. Trasmessa la notizia di reato all’autorità giudiziaria, infatti,  la direzione delle indagini compete a  quest’ultima. A partire da questo momento la p.g. si muove nel rispetto delle direttive promananti dal  p.m. Questi   può   emanare   direttive,   intese   come   indicazioni   di   carattere   generale,   eventualmente  richiamando  protocolli   di   indagine  già   concordati   o   comunque   sperimentati   in   altre   indagini,   o  impartire deleghe contemplanti specifiche attività investigative. Tali   deleghe,   ovviamente,   circoscrivono   in   ambiti   ben   definiti   i   compiti   della   p.g.,   limitati   al  compimento di singoli atti, e riducendo pertanto il suo margine di autonomia. Passando all’analitica disanima dell’attività  di  p.g.,   la prima operazione che viene eseguita dagli  agenti   e  dagli  ufficiali  di  p.g.,   intervenuti  dove si  è   verificato un   reato,   consiste  nel  mantenere  6 inalterato lo stato dei luoghi in attesa dell’intervento degli operatori della polizia scientifica, i quali  compiono il sopralluogo al fine di ricercare tutte le possibili tracce che potrebbero essere presenti sul  posto. Stabilisce,   infatti,   l’art.  348 c.p.p.  che:  “la polizia giudiziaria raccoglie ogni elemento utile alla   ricostruzione del fatto e all’individuazione del colpevole; a tal fine procede tra l’altro alla ricerca  delle cose e delle tracce pertinenti al reato, nonché alla conservazione delle stesse”. La   zona   va   “protetta”,   impedendo   l’accesso   a   personale   non   autorizzato,   allo   scopo   di   evitare  contaminazioni e inquinamenti. Dopo aver provveduto, nell’immediato e in via autonoma, all’assicurazione delle fonti di prova, la  p.g. ha l’obbligo di comunicare al p.m. la notizia di reato senza ritardo (immediatamente, se si tratta  di reati concernenti la criminalità organizzata; se, invece, si tratta di atti che prevedono l’assistenza di  un difensore, la comunicazione deve essere trasmessa entro 48 ore dal compimento dell’atto). Un ruolo centrale, nell’attività di p.g., ha la figura dell’indagato, a cui, in questa fase pre­processuale,  l’art. 61 c.p.p. estende i diritti e le garanzie dell’imputato. Alla   esigenza   primaria   della   sua   identificazione   è   preordinata   la   possibilità   di   procedere,   se  necessario, a rilievi dattiloscopici,  fotografici,  antropometrici,  a prelievi di capelli o di saliva per  risalire al DNA. E’ pure previsto il potere per la p.g. di accompagnare l’investigato nei propri uffici e trattenerlo per  non oltre 12 ore, senza avviso al p.m., o non oltre le 24 ore, previo avviso orale al p.m., sempre per  finalità di identificazione. In caso di flagranza, la p.g. ha l’obbligo da arrestare l’indagato se si tratta di un delitto non colposo  punibile con pena superiore nel massimo ad anni tre oppure di un delitto colposo punibile con una  pena non inferiore nel massimo ad anni cinque, ma la facoltà di arresto deve essere rapportata alla  gravità del fatto oppure alla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze  del fatto.   Anche fuori dei casi di flagranza, la p.g., sempre che il p.m. non abbia ancora assunto la  direzione delle indagini, quando ricorra pericolo di fuga fondato su specifici elementi, può procedere  al fermo dell’indagato in presenza di gravi indizi di reità in ordine a un delitto punibile con pena  superiore nel massimo ad anni sei, ma non inferiore nel minimo ad anni due. L’attività  investigativa diretta ad acquisire informazioni sul fatto reato e sul suo autore,  poi, può  avvalersi dell’aiuto dello stesso indagato se è disposto a collaborare. 7 in modo significativo (e ben oltre i confini della normale cooperazione tra organi istituzionali) sulle  strategie anticrimine delle Autorità di Pubblica Sicurezza. Per ovviare a questi inconvenienti, appare quindi necessario introdurre alcuni correttivi al sistema  attuale, che ridisegnino il ruolo del pubblico ministero attribuendogli in modo inequivoco un compito  di direzione solo processuale delle indagini che non modifichi gli spazi della investigazione di polizia  e  che  proietti   il   pubblico  ministero  stesso  solo  verso   il  processo  e   l’accertamento  delle   singole  responsabilità a questo demandate, nel rispetto dei principi costituzionali e in attuazione di quanto  voluto dal codice. 10 Bibliografia: Il segnalamento e  il  sopralluogo, come agire sulla scena del delitto,  Salvino Paternò,  Pierfranco  Diana. La polizia giudiziaria: organizzazione, poteri investigativi e cautelari: arresto in flagranza e fermo,  Federico Scioli. Gli accertamenti   tecnici  della polizia giudiziaria nell'indagine preliminare,  Anna Poggi,  Cosimo  Damiano Cavalera. La pratica di polizia giudiziaria, Loris D'Ambrosio. 11
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