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Appunti diritto pubblico comparato, Appunti di Diritto Pubblico Comparato

Appunti diritto pubblico comparato, prof.ssa Ceccherini

Tipologia: Appunti

2013/2014

In vendita dal 05/01/2014

elenam10
elenam10 🇮🇹

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Scarica Appunti diritto pubblico comparato e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico Comparato solo su Docsity! DIRITTO PUBBLICO COMPARATO La comparazione Come e cosa si compara? Le metodologia di comparazione è considerata differentemente dagli studiosi privatisti rispetto a quelli pubblicisti, perché gli uni hanno iniziato a studiare per primi i metodi della comparazione e nel tempo li hanno migliorati e i secondi invece hanno iniziato con ritardo. Noi studiamo il metodo dei pubblicisti. Una prima suddivisione della comparazione è tra la microcomparazione (è la comparazione tra singoli istituti, ad es. istituto della controfirma, modalità dello scioglimento delle Camere etc…) e la macrocomparazione (è il confronto tra le grandi partizioni del diritto costituzionale, ad es. le forme di governo e di stato, le garanzie del diritto e la giustizia costituzionale…). Che cosa si compara in microcomparazione e macrocomparazione? La comparazione, per dare risultati scientifici attendibili, può essere fatta solo tra “ordinamenti omogenei”, ad esempio tra common law (fonti del diritto consuetudinario e i giudici producono il diritto con sentenze) e civil law (fonti del diritto scritte e i giudici non producono diritto). Secondo una corrente di pensiero e non per l’unanimità degli studiosi, la comparazione tra gli ordinamenti occidentali (common law e civil law) e gli altri ordinamenti 1 (ordinamento islamico, ad es.) è scientificamente complicata, perché i due tipi di ordinamenti hanno principi e valori diversi tra loro. Gli ordinamenti occidentali infatti si ispirano al principio costituzionale classico (uguaglianza tra tutti gli uomini, limitazione del potere assoluto2, principio di supremazia delle assemblee cioè il principio democratico e il processo di secolarizzazione degli ordinamenti occidentali che non trovano la loro legittimazione nella sfera religiosa ma la trovano in sé stessi, auto-legittimandosi3. Per secoli gli ordinamenti europei si basavano sulla commistione tra sfera religiosa e sfera giuridica. La nascita del diritto ha basi religiose, ad es. per il popolo ebraico i 10 comandamenti sono un ordinamento giuridico e religioso. In Italia, come in tutti gli ordinamenti occidentali, dal 1648 con il trattato di Westfalia inizia il processo di costituzionalizzazione che seguirà nel 1789 con la rivoluzione francese (antimonarchica e soprattutto antireligiosa  riforme di separazione tra Stato e Chiesa). 1 Tra gli ordinamenti diversi da quelli occidentali ricordiamo, oltre all’islamico, anche l’ordinamento socialista, travolto dalla storia e non considerato dalla comparazione, l’ordinamento asiatico e l’ordinamento africano, entrambi hanno suddivisioni molto complesse dovute alle ampie dimensioni del territorio. 2 Obiettivo della rivoluzione francese e americana, ad esempio. 3 Esso è un elemento ostativo della comparazione perché non si possono comparare ordinamenti che si auto-legittimano e ordinamenti che trovano la loro legittimazione nella sfera religiosa. Es. di riforma antireligiosa: l’anagrafe cittadina in Europa è successiva alla rivoluzione francese perché prima il registro delle nascite era di competenza della Chiesa. L’anagrafe testimonia lo status di cittadino per quelli a cui era stato precluso il battesimo. Hanno costruito un modello di cittadinanza più neutra. Possiamo quindi comparare ordinamenti che condividono principi e valori. Stabiliamo quindi un confine tra ordinamento occidentale e altri ordinamenti. Questa è una posizione ma non è condivisa all’unanimità dagli studiosi, poiché alcuni ritengono che si possano comparare gli ordinamenti occidentali con gli altri. Gli ordinamenti non-occidentali possono essere studiati da un altro punto di vista, cioè se questi ordinamenti risentono dell’influenza dei modelli occidentali. Negli ordinamenti occidentali per contro accade che istituti islamici li influenzino (es. la poligamia). Ma la comparazione in senso stretto è comunque poco convincente, ma sono possibili influenze reciproche tra i due tipi di ordinamenti. In passato la comparazione non avveniva nemmeno tra ordinamenti di common law e di common law. Questo ostacolo nel tempo è venuto meno in seguito alla cosiddetta “circolazione dei modelli” che attenua la separazione tra civil law e common law e sussiste in un processo di osmosi/influenza tra civil law e common law. Es. alle fonti non scritte del common law si affiancano le fonti scritte che hanno uguale forza giuridica delle consuetudini. Negli ordinamenti di common law non esiste un catalogo unico dei diritti sistematico e organico ma lo acquista nel 1998 con l’approvazione dello Human Rights Act, la cosiddetta “incorporation dello Human Rights Act”. Questo Act deriva dalla Cedu (approvata nel 1948): è un catalogo dei diritti che è stato elaborato all’interno dell’organizzazione internazionale che si chiama Consiglio d’Europa, il quale raggruppa anche Stati che non sono membri dell’UE, ad es. la Russia. Consiglio d’Europa è diverso dal Consiglio europeo. Altro elemento fondamentale è che la Cedu non è solo una fonte internazionale ma prevede anche un organo giurisdizionale (un proprio tribunale/corte): la Corte di Strasburgo, da non confondere con la Corte di Lussemburgo che è la Corte di giustizia dell’UE (tribunale). Fino ad ora le tecniche di recepimento dell’una e dell’altra corte sono diverse, fino a questo momento non possono disapplicare la normativa interna a dispetto di quella comunitaria. Gli ordinamenti di civil law prevedono una costituzione rigida che ha una forza di giurisdizione superiore rispetto alle leggi e prevedono un organo giurisdizionale che ha competenza di controllo di legittimità della legge nei confronti della Costituzione. L’elemento della rigidità è sconosciuto nel Regno Unito, infatti non ha mai avuto un organo di giurisdizione costituzionale ne una legge gerarchicamente superiore alle altre. Nel common law nessuna legge è gerarchicamente alle altre. Ci sono alcune eccezioni: • nel 1998 con lo Human Rights Act sono stati prodotti dei vincoli alla assemblea rappresentativa britannica (Parlamento britannico), perché la violazione dello Human Rights Act comporterebbe la responsabilità internazionale per il Regno Unito. Lo Human Rights Act di per sé non ha un valore giuridico superiore ma questo glielo attribuisce la Cedu, che esso richiama. La deroga costituisce un’anomalia negli ordinamenti: è presente in Jamaica, Canada e, in un certo senso, in ≠ e in Romania, dove è possibile che il veto presidenziale sia superato da una maggioranza qualificata delle Camere. Nonostante Trudeau temesse che la section 33 potesse svuotare la Carta dei diritti ciò non avvenne mai, dal momento che tale deroga venne utilizzata soltanto poche volte (a parte in Québec). Il nuovo ruolo del giudice Un elemento di osmosi tra common law e civil law è la figura del giudice. Negli ordinamenti di civil law il giudice diventa sempre più centrale nel sistema di produzione delle norme, ciò avviene (forse) perché il legislatore entra in crisi, così come la sua fonte (la legge); è quindi necessario che l’ordinamento trovi una “chiusura” in un’altra figura, quella del giudice. Nel Parlamento dell’800 era più facile produrre norme perché, anche se esistevano una destra storica e una sinistra storica, i loro esponenti facevano parte di un’unica classe e avevano, quindi, i medesimi interessi. Già nel Parlamento del 900, invece, produrre norme era più complesso, a causa del pluripartitismo e del pluralismo degli interessi. Gli ordinamenti, di fatto, non tollerano lacune: se queste non sono colmate dal legislatore, deve provvedervi il giudice, sulla base del diritto vigente. Egli, infatti, non può sottrarsi al giudizio, anche se il suo ordinamento non prevede una norma a riguardo. Quindi, anche negli ordinamenti di civil law, nei quali non è presente la regola del precedente vincolante, verrà comunque a stratificarsi una giurisprudenza “pretorile”, da seguire per una determinata fattispecie. Il giudice, diversamente dal legislatore, non deve adottare leggi generali e astratte: deve semplicemente risolvere la fattispecie concreta in questione, colmando le eventuali lacune. La circolazione dei modelli nei vari ordinamenti È possibile effettuare una comparazione tra i sistemi giuridici occidentali in base alla circolazione dei modelli. La circolazione può avvenire in vari modi: • esportazione a seguito di conflitti bellici: lo Stato che soccombe assorbe alcuni istituti dello Stato che prevale (con più o meno successo). Esempio: il Codice Napoleonico, il quale rimarrà in vigore anche dopo la fine delle campagne francesi; • circolazione di tipo sapienziale: è la circolazione della dottrina giuridica. Esempio: la dottrina italiana attecchisce in Israele quando, a seguito della promulgazione delle leggi razziali in Italia, i professori dalle università italiane tornano in Oriente e insegnano il diritto italiano. La circolazione può anche differenziarsi in: • circolazione ai fini della conoscenza: • circolazione ai fini di mutuazione/imitazione/ibridazione (across fertilisation)/transplantation: un ordinamento riprende l’istituto di un altro ordinamento, apportandovi delle modifiche. La mutuazione può essere espressa oppure no. I modelli circolano perché gli Stati vogliono risolvere i loro problemi: i paesi riceventi hanno dei bisogni, che soddisfano utilizzando gli istituti e gli organi che si sono affermati con successo in altri ordinamenti. Un Paese sceglie a che ordinamento rifarsi o con la consapevolezza (più o meno fondata) di mutuare una situazione moderna e innovativa, oppure per motivi di affinità ideologica (esempio: la Somalia, liberatasi dal dominio italiano e da quello britannico, assume un ordinamento di tipo comunista). Il codice civile italiano (soprattutto per quanto riguarda la parte delle obbligazioni) viene adottato in Argentina, perché ritenuto moderno e innovativo; in Turchia viene adottato il codice penale Zanardelli del 1889 (in una sua traduzione francese) dopo il crollo dell’Impero Ottomano (1919-1921), perché i turchi sentivano il bisogno di adottare un codice moderno ed essenzialmente diverso da quello dell’Impero Ottomano. Nel XXI secolo il codice italiano non circola molto. In Australia, USA, Asia, Canada, Nuova Zelanda e nelle ex colonie il modello italiano non viene mutuato. Perché? 1. a causa di un pregiudizio antilatino; 2. il sistema-paese non gode di molta credibilità: il sistema giuridico “sconta”, ai fini della circolazione, il sistema-paese. Esempio: l’Italia non può imporre facilmente un ordinamento che combatte le associazioni mafiose se poi non riesce a contrastarle nemmeno nel proprio Stato. In Québec, al fine di evitare una possibile influenza della mafia italiana, viene istituita una commissione apposita; 3. la lingua italiana non è più la lingua ufficiale in nessun ambito. Il poliglottismo è recessivo: nell’800 ogni persona parla 3/4 lingue. La lingua più diffusa è l’inglese e, di conseguenza, la dottrina anglosassone è quella che circola maggiormente. Il concetto di “minoranza” in Francia Per quanto riguarda la Francia, non è possibile parlare di “minoranze”: infatti, lo Stato francese riconosce ogni cittadino come individuo privo di connotazioni circa religione, razza, lingua, ideologia, … Se fossero riconosciute, si ritornerebbe alla divisione per gerarchie che caratterizzava tale stato prima della Rivoluzione francese. Esempio1: legge del 2004  divieto di esporre simboli religiosi nelle scuole (fino alle superiori); Esempio2: divieto di occultazione del volto. L’imposizione (manuale, pagina 9 e segg.) Imposizione = fenomeno delle Costituzioni eterodirette o del potere costituente4 assistito, tale per cui il patto fondamentale è considerato come il frutto di un processo non autoctono, ma di un’imposizione esterna. Esempio1: il Giappone viene sconfitto nella Seconda Guerra Mondiale e viene occupato dagli USA; gli americani vogliono dare a tale Stato una nuova Costituzione: per cui, scrivono un documento (in inglese, poi tradotto in giapponese), che è in vigore ancora oggi  Costituzione eterodiretta. Esempio2: la Legge fondamentale tedesca5 del 1949  parte della dottrina ritiene che la Cost. tedesca sia eterodiretta. Questo testo è stato sicuramente influenzato dalle potenze alleate, per lo meno per quanto 4 Il concetto di potere costituente viene teorizzato per la prima volta da Tommaso Labate, durante la Rivoluzione francese. 5 Tale testo non viene chiamato “Costituzione”, ma soltanto “Legge fondamentale”, dal momento che non viene considerata una vera a propria costituzione; questo perché era opinione diffusa che la divisione in blocchi della Germania non sarebbe stata definitiva. riguarda la forma di Stato, di tipo federale. Gli alleati ritengono che sia opportuno ripartire territorialmente il potere al fine di evitare esplicitamente la revisione. Non è chiaro, in ogni caso, chi fossero i costituenti tedeschi; nonostante le pressioni degli alleati (soprattutto degli USA), comunque, è difficile stabilire se si tratti di una fonte eterodiretta oppure no. Esempio3: In Italia, durante il periodo costituzionale transitorio6, si pongono le basi del potere costituente. Gli alleati avrebbero auspicato, per lo Stato italiano, alcune soluzioni: l’Inghilterra la monarchia, gli USA la repubblica. Tuttavia, non sono presenti nei documenti dell’Assemblea costituente tracce di tali influenze. La Costituzione non è considerata una fonte eterodiretta, se non per un elemento: la XII DISPOSIZIONE (“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”), imposta attraverso un atto giuridico formale, il Trattato di pace degli alleati. I costituenti non si erano pronunciati circa una possibile riorganizzazione del partito fascista perché ritenevano che l’azione dei partiti non dovesse essere controllata dall’autorità pubblica. Tale divieto venne appoggiato soprattutto da PSI e PCI. Alcune costituzioni sono state scritte, invece, da organizzazioni internazionali (potere costituente assistito): • la Costituzione della Bosnia Erzegovina: grazie all’intervento degli USA, nel 1995 termina la guerra in Bosnia Erzegovina. Nell’ACCORDO DI DAYTON, firmato il 21 novembre 1995 dagli USA e dalle autorità bosniache, è presente un allegato che costituisce la Costituzione della Bosnia Erzegovina. È, in realtà, il frutto di un accordo tra USA e Stati europei. Tale Costituzione non verrà mai approvata dall’assemblea bosniaca; oggi, tale documento è in vigore. • la Costituzione della Namibia (Africa meridionale): dal momento che era necessario un nuovo testo costituzionale, viene redatta una Costituzione di stampo occidentale, soprattutto grazie all’influenza tedesca. • la Costituzione della Cambogia: dal momento che risulta molto difficile individuare un’assemblea costituente, intervengono, in via suppletiva, alcuni alleati (Nazioni Unite); essi esprimono degli articolati, ossia delle disposizioni, per orientare la scrittura della Costituzione cambogiana. Tale Stato, tuttavia, non approverà tutte le disposizioni che le erano state imposte e ne modificherà alcune. L’imposizione delle costituzioni eterodirette non va ad incidere sull’efficacia della Costituzione: infatti, la Costituzione giapponese (eterodiretta) e quella italiana (eterodiretta solo per quanto riguarda la XII disposizione) sono sopravvissute. Il fenomeno dell’imposizione, comunque, ha riguardato soprattutto i paesi dell’Europa centro-orientale. Nasce, nel 1990, la Commissione di Venezia, che svolge una funzione di consulenza per quei paesi che non volevano affrontare un processo di transizione democratica (=passaggio dallo Stato totalitario allo Stato democratico). 6 Nel diritto costituzionale italiano e nella storia della politica italiana, con l'espressione periodo costituzionale transitorio si indica la fase storica compresa tra il 25 luglio 1943 e il 1º gennaio 1948, cioè il periodo compreso fra la caduta del governo fascista di Mussolini e l'affermazione ed il completamento della forma repubblicana costituzionale. Il fenomeno della specificazione Anche se le codificazioni più recenti riprendono la classificazione tradizionale (diritti sociali, politici, economici e civili), assistiamo ad un fenomeno di specificazione  tali Costituzioni dettagliano le singole disposizioni giuridiche soggettive, secondo due profili: • profilo soggettivo: viene qualificato il soggetto titolare del diritto (uomo/donna, maggiorenne/minorenne, …); • profili oggettivo: viene individuata la disciplina connessa alla disposizione costituzionale soggettiva. Esempio: nella Costituzione brasiliana, nella sezione relativa ai diritti sociali, era presente una disposizione attinente alla pensione di reversibilità (pensione del coniuge defunto concessa al coniuge superstite), la quale non solo qualificava il coniuge superstite (profilo soggettivo), ma individuava anche la percentuale che doveva essere versata (profilo oggettivo). Pro e contro della specificazione?  Pro: la disciplina è già “confezionata”, è precisa;  Contro: la Costituzione perde elasticità. In ogni caso, si tende sempre alla specificazione, al fine di togliere discrezionalità ai giudici e al legislatore e per evitare un’eventuale omissione legislativa. Esempio1: l’art. 39 (eccetto il comma 1) rappresenta un esempio di inattuazione costituzionale; Esempio2: l’istituto referendario, ex. ART. 75, venne applicato soltanto nel 1970. Dal ’48 al ’70 non venne utilizzato perché mancava una legge che desse applicazione all’art. 75. NB: necessità di riforma ≠ inattuazione costituzionale  necessità di riforma: se anche il legislatore non la modifica, non si ha inattuazione, perché la legge non c’è;  la legge c’è ma non viene applicata. In Italia la soluzione all’inattuazione costituzionale può essere quella di un messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere per invitarle ad agire. Questo è effettivamente avvenuto con il Presidente Gronchi, che chiese alle Camere, negli anni ’60, di dare attuazione alla Costituzione. Comunque, negli ordinamenti democratici, non esiste nessun organo che possa obbligare gli organismi legislativi a legiferare, in caso di inattuazione costituzionale o di disciplina non soddisfacente e bisognosa di una riforma. In alcuni casi è possibile, però, che le assemblee regionali rappresentative possano essere sostituite in caso di inerzia. L’ART. 117 (ricompreso nella riforma del Titolo V) e l’ART. 111 (relativo al “giusto processo”) hanno, al loro interno, molti elementi della specificazione. Il processo di internazionalizzazione degli ordinamenti Il processo di internazionalizzazione degli ordinamenti consiste nella presenza di clausole costituzionali degli ordinamenti nazionali nell’ordinamento internazionale. Quali sono gli elementi di apertura, presenti nella Costituzione, dell’ordinamento nazionale italiano all’ordinamento internazionale? ART. 10: “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute [...]”. Quindi, l’ordinamento italiano, con un procedimento detto “di adattamento automatico”, riconosce l’applicabilità delle consuetudini internazionali (=norme internazionali generalmente riconosciute). Fanno parte delle norme internazionali anche le convenzioni, i trattati, i patti, …, ossia le c.d. fonti pattizie. Esse entrano a far parte del nostro ordinamento tramite ratifica del Presidente della Repubblica. In alcuni casi, egli ha bisogno dell’autorizzazione del Parlamento, resa con la c.d. legge di esecuzione del trattato  ART. 80: “Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi”. Se una convenzione è multilaterale, è necessario che un certo numero di Stati la ratifichino. Altre volte si può ratificare una legge, ma non darne esecuzione (esempio: Il Regno Unito ratifica la Costituzione del ’51 ma ne da esecuzione soltanto nel ’98 con lo Human Rights Act). ART. 11: “L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Quindi, laddove si stabiliscono trattati che limitano la sovranità dell’ordinamento, essi sono legittimi solo ex. art. 11, ossia quando sussiste la condizione di reciprocità. NB: fonti dell’ordinamento interno ≠ fonti dell’ordinamento sovranazionale  fonti dell’ordinam. interno: consuetudini e fonti pattizie. Producono conseguenze diverse nel nostro ordinamento.  fonti dell’ordinam. sovranazionale: regolamenti, direttive e decisioni. Non sono fonti dell’ordinamento internazionale. Elementi di novità – la CEDU In questo periodo viene attribuito rango costituzionale e sub-costituzionale alle fonti dell’ordinamento internazionale: esse acquistano la medesima forza giuridica. Un tempo le fonti dell’ordinamento costituzionale avevano la stessa forza giuridica della legge ordinaria; antinomie e conflitti venivano risolti applicando il criterio cronologico. Ciò era possibile perché, dato che erano state introdotte con una legge, potevano anche essere derogate dalla legge, purché successiva. Ora una norma che contiene una disposizione in contrasto con la Costituzione è dichiarata illegittima, perché incostituzionale. Alcune costituzioni, come quella dell’Austria, stabiliscono che solo i trattati sui diritti umani debbano essere approvati con legge costituzionale. I trattati, quindi, non possono essere abrogati da leggi ordinarie successive. In Italia tale processo ha avuto inizio con la riforma del Titolo V del 2001 e, in particolare, con la modifica dell’ART. 117.1: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. L’espressione “obblighi internazionali”, però, appare alquanto ambigua. Più opportunamente, alcuni ordinamenti hanno circoscritto il suo significato parlando di “trattati di tutela e di garanzia dei diritti”. In passato, quindi, in caso di antinomie e di contrasti, prevale la norma nazionale. La Corte Costituzionale ha inteso censurare, ad un certo punto, il legislatore, attribuendo una forza maggiore alle norme costituzionali rispetto alla legge ordinaria, ricorrendo alla copertura costituzionale dell’ART. 2. Nel 2001 si ha un punto di svolta: gli obblighi internazionali costituiscono il parametro  tra legge interna e obblighi internazionali (ossia la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo7), prevalgono i secondi. In caso di contrasto, però, i giudici devono sospendere il giudizio e inviare gli atti alla Corte Costituzionale. Questa soluzione contrasta con quanto avviene se vi è un’antinomia tra norma comunitaria e norma interna, perché prevale la prima; la seconda semplicemente non viene applicata (non viene né abrogata, né dichiarata invalida). Quindi: gli obblighi internazionali hanno forza maggiore rispetto alla legge, perché il legislatore deve rispettarli. I trattati internazionali hanno forza sub-costituzionale o costituzionale? Secondo una parte della dottrina hanno forza sub-costituzionale; al vertice c’è solo la Costituzione.  Norma interna VS. Norma comunitaria: si disapplica la norma interna e si applica quella comunitaria.  Norma interna VS. Norma internazionale (giurisprudenza CEDU): si applica la norma internazionale. NB: Le conseguenze dei due contrasti sono differenti, perché nel secondo caso non si disapplica la norma interna. Ciò è stato affermato nelle due SENTENZE GEMELLE (n. 348 e n. 349 del 2007), scritte sullo stesso argomento ma da due relatori diversi, i quali arrivarono a due conclusioni diverse. In queste sentenze la Corte dice anche che le norme costituzionali sono norme interposte8, ossia norme che di fatto integrano il parametro costituzionale in caso di un’eventuale incostituzionalità della legge. Comunque, la norma interposta non può vincolare la Costituzione. La vera questione che mette in tensione gli ordinamenti è la CEDU; firmata nel novembre del 1950, è una convenzione che codifica i diritti civili; ha un proprio tribunale, la CORTE DI STRASBURGO, cui tocca stabilire se qualche norma comunitaria viola la CEDU. Poiché il nostro ordinamento è vincolato dall’interpretazione data alla CEDU dalla Corte di Strasburgo, allora la Corte Costituzionale è, di fatto, vincolata e, di conseguenza, lo sono anche i giudici. La CEDU è considerata una norma interposta. Nel 2007 la Corte Costituzionale ha detto espressamente che i giudici devono interpretare la norma interna in conformità della giurisprudenza CEDU. La conseguenza di tale imposizione è che i giudici non devono “chiedere” alla Corte Costituzionale come interpretare conformemente alla CEDU; dall’altra, la corte Costituzionale rivendica il proprio ruolo di giudice costituzionale. I giudici devono rivolgersi alla Corte Costituzionale quando, anche con l’interpretazione conforme, non è possibile sostenere la legittimità della norma interna. In Italia si ha una duplice direttiva: 1. interpretazione conforme; 2. sospensione del processo e ricorso alla Corte Costituzionale. Quando parliamo di CEDU intendiamo non solo una fonte, ma anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Essa può essere in contrasto con normative nazionali: infatti, la maggior parte dei paesi europei 7 L’art. 117 aveva come obiettivo quello di permettere alla CEDU di influenzare il nostro ordinamento. La CEDU ha come proprio tribunale la Corte di Strasburgo, che esegue l’esame di convenzionalità ed interpreta la CEDU. 8 Esempio di norma interposta: statuto regionale e leggi regionali  la legge regionale deve rispettare lo statuto. Sentenza di Lisbona: nell’ordinamento tedesco è necessario chiedere al tribunale costituzionale se gli atti internazionali a cui la Germania vuole aderire siano conformi a Costituzione (anche per la Spagna è prevista tale procedura; per l’Italia no). È una sentenza lunghissima che prende il nome dal Trattato di Lisbona; la sua estensione vuol a ribadire che la sua applicazione non potrà svuotare di significato l’identità e la sovranità tedesche. Sentenza del 2011: i giudici tedeschi devono pronunciare sentenze conformi alla CEDU e possono modificare l’interpretazione di una norma se tale modifica è avvenuta anche ad opera della Corte di Strasburgo. Questo può avvenire anche se in passato il Tribunale Costituzionale tedesco aveva dato un’altra interpretazione. Anche in questa sentenza il Tribunale modifica un suo precedente, mutandolo perché è avvenuto un cambiamento nella giurisprudenza di Strasburgo e vuole adattarsi. In Olanda L’Olanda, come l’Austria, ha stabilito che la CEDU ha rango costituzionale, dal momento che è stata codificata con legge costituzionale. Essendo una norma costituzionale, i giudici interni non applicano le norme interne in contrasto con essa, perché le norme costituzionali hanno forza maggiore delle norme interne.  Controllo di costituzionalità di tipo diffuso: tutti i giudici (anche quelli ordinari) possono disapplicare la norma interna in caso di contrasto con la CEDU. In Francia In Francia i giudici interni sono legittimati ad esercitare un controllo di convenzionalità, che va a verificare la compatibilità delle norme interne con la CEDU. Qualora ravvisino un’antinomia, devono disapplicare la norma interna. Il Consiglio di Stato francese ha stabilito che, se nell’ordinamento francese continuano a permanere norme contrarie alla CEDU, nascerà una responsabilità internazionale per la Francia. Il Parlamento dovrebbe, a quel punto, abrogarle. Si installa un circuito nel quale è il giudice che detta i tempi dell’abrogazione. In Spagna e in Portogallo In spagna gli organi giurisprudenziali interni (i giudici) devono interpretare il catalogo dei diritti in maniera conforme alla CEDU e in conformità ai trattati internazionali di tutela dei diritti (ART. 10, COST.)  costituzionalizzazione dell’interpretazione dei giudici interni. Ciò avviene anche in Portogallo. I precedenti della giurisprudenza straniera I giudici interni sempre di più utilizzano nelle loro motivazioni i precedenti della giurisprudenza straniera. NB: precedenti della giurisprudenza straniera ≠ processo di internazionalizzazione  precedenti della giurisprudenza straniera: non incidono sulla gerarchia delle fonti, ma solo sulle decisioni dei giudici.  processo di internazionalizzazione: si inseriscono fonti straniere nella gerarchia delle fonti. Tradizionalmente nei paesi occidentali-continentali i giudici si limitavano a guardare ai precedenti limitatamente al proprio ordinamento. Adesso, invece, il precedente cui si fa riferimento non è più acronico, ma sincronico. In Inghilterra si parla, a tal proposito, di shopping law. In alcuni Paesi tale metodo è stato approvato costituzionalmente, per cui le Costituzioni recenti orientano il giudice a ricorrervi (esempio: Sudafrica, Costituzione del 1996). L’utilizzazione dei precedenti della giurisprudenza straniera permette: 1. una maggiore circolazione delle conoscenze: è più facile conoscere i precedenti stranieri; 2. conferisce una forza maggiore al decisum interno (soprattutto secondo la justice canadese); 3. conferisce legittimazione qualora l’ordinamento sia in fase di transizione, di condizionamento o di crisi di regime; i giudici utilizzerebbero le sentenze degli altri ordinamenti per dare legittimazione alle sentenze interne. Esempio1: in Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale: i giudici utilizzano i precedenti stranieri non potendo usare quelli interni, da momenti che questi ultimi si basano su ideologie troppo diverse. Esempio2: la Costituzione del Sudafrica del 1996. Esempio3: in Namidia, nel 1990, viene approvata una Costituzione contenente principi stranieri, differenti da quelli dell’ordinamento canadese. Per quanto riguarda tale tendenza, gli USA si dimostrano “rocciosi”; il loro rifiuto è stato espresso dal legislatore federale in una risoluzione10 del 2004: venne deciso che il giudice statunitense non potesse utilizzare la giurisprudenza straniera per motivare le proprie sentenze. Ciò era espresso, però, solo in quella risoluzione; non era stabilito da una legge (infatti, il legislatore non avrebbe potuto dire ai giudici come motivare le proprie sentenze). Se ciò fosse stato stabilito da una legge, questa sarebbe stata incostituzionale. In ogni caso, continua a persistere negli USA il timore di una possibile influenza straniera. In Oklahoma è stato avviato un processo di revisione della Costituzione tale per cui i giudici possono basare le loro decisioni su fonti non interne (fonti di diritto internazionale), precedenti stranieri e regole culturali. È seguito un referendum che ha approvato, a grande maggioranza, la revisione. Dopo il 2001 gli USA hanno anche il timore di applicare leggi della Sharia (diritto arabo).  conflitto tra recisione dell’Oklahoma e costituzione federale perché, con una formulazione così ampia, si pone il problema dell’applicazione del diritto privato internazionale. Cosa dicono i giudici riguardo a ciò? I giudici della Corte Suprema tendono, almeno fino a questo momento, ad escludere l’utilizzo dei precedenti stranieri, precisando che il diritto deve essere espressione intimamente connessa alla comunità sociale (ubi societas ubi ius). I giudici che più sono sensibili a questa impostazione sono ispirati dalla corrente dell’originalismo, che si basa su un casone ermeneutico tale per cui le leggi devono essere interpretate nella maniera il più possibile adiacente alla volontà dei padri costituenti. L’originalismo attribuisce una rilevanza significativa al dato storico perché filtra l’interpretazione delle disposizioni legali in base alla volontà dei padri costituenti. In questo modo si paralizza l’interpretazione e l’evoluzione dei significati diventa sempre più complessa. I giudici che seguono tale corrente, si rifanno anche a quella del testualismo, per cui si basano sull’interpretazione testuale e non letterale. Il giudice che più costituisce espressione di questa tendenza è SCALIA (siciliano). In una sentenza del 2003, Texas vs. Lawrence, la Corte Suprema dichiara incostituzionale una legge del Texas che condannava la sodomia tra persone dello stesso sesso. 10 Risoluzione = mozione di indirizzo. Viene così modificato il precedente con una commissione quasi uguale a quella che negli anni ’90, in Georgia, con una sentenza del genere aveva deciso per la non incostituzionalità di una legge simile, basandosi sul pensiero dei padri costituenti. Scalia critica questa decisione, anche perché il giudice O’Conner aveva utilizzato la CEDU, non vincolante negli USA. Secondo Scalia, i precedenti stranieri sono meaningless dicta (=senza significato) e ritiene che sia scorretto che gli USA siano limitati da norme che si sviluppano in altri ordinamenti. Precedenti stranieri e regole extragiuridiche aiutano il giudice ma non influiscono sulle fonti. Come gli ordinamenti interni garantiscono il diritto alla diversità (soprattutto culturale)? Gli ordinamenti moderni devono non solo limitarsi a tutelare le diversità, ma avrebbero l’obbligo di porre in essere una serie di strumenti che salvaguardino e promuovano la diversità. In caso contrario, tali differenze sarebbero condannate a scomparire. Il multiculturalismo Il diritto mutua il termine “multiculturalismo” dalle scienze descrittive e lo trasferisce all’interno della propria materia, con tutte le complicanze dovute al passaggio da scienza descrittiva a scienza prescrittiva (diritto). All’interno del dibattito giuridico, tra gli anni ’80 e ’90, abbiamo assistito ad una grande diffusione di tale termine. Che cosa si intende per multiculturalismo? Significato giuridico: “Cultura” = termine con molti significati, che si modificano nel tempo. Esempio: l’ART. 9 un tempo parlava soltanto di “monumenti”; oggi invece appare così: “La Repubblica […] tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Sul dizionario: “Cultura” = processo di stratificazione e di sintesi di elementi storici, linguistici, religiosi, razziali, etnici. Questi sono condivisi da una pluralità di persone in senso “intergenerazionale” e sono considerati rilevanti per la costruzione dell’identità individuale. Elementi essenziali: 1. il dinamismo, perché si tratta di un processo; 2. fa riferimento ad una comunità che si caratterizza per una serie di elementi, fondamentali per l’identità individuale dei membri di quel gruppo. NB: molti ritengono che la religione non possa costituire un elemento costitutivo della cultura. I singoli si richiamano, quindi, ad una comunità. L’elemento individuo-gruppo sarà sempre motivo di tensione. Dichiarazione dell’UNESCO del 1982 (Città del Messico): “Cultura” = “l’insieme degli aspetti spirituali, materiali, intellettuali ed emozionali unici nel loro genere che contraddistinguono una società o un gruppo sociale. Essa non comprende solo l’arte e la letteratura, ma anche i modi di vita, i diritti fondamentali degli esseri umani, i sistemi di valori, le tradizioni e le credenze”. Pertanto, è attraverso la cultura che l’uomo esprime se stesso e diventa consapevole di se stesso. Critiche: all’interno del gruppo non tutti sono svantaggiati o, comunque, non lo sono nello stesso modo; tuttavia, acquisiscono quel beneficio in quanto appartengono a quel gruppo. Accanto all’individuo emerge la dimensione comunitaria  comunitarismo: il singolo non è più la figura centrale; viene data maggiore importanza alla dimensione sociale (comunità intermedie/formazioni sociali). Qual è il motivo di questo recupero? Perché si parte dal presupposto che i singoli, nel costituire la propria identità personale, passano attraverso la comunità di appartenenza e attraverso l’interazione con le altre comunità. È il gruppo che modella l’identità individuale degli individui che vi appartengono. “Comunitarismo” è l’opposto di “liberalismo”. La Rivoluzione Francese ha spazzato via tutte le sovrastrutture legate all’individuo; ora, un secolo più tardi, riemergono le caratterizzazioni degli individui relativamente al proprio gruppo di appartenenza. Si ritorna, così, ad una condizione pre-rivoluzionaria (critica al comunitarismo). Critica alle azioni positive: viene meno il criterio del merito. L’attribuzione di un beneficio basato sull’appartenenza ad un gruppo socialmente svantaggiato non è basata su una dote particolare dell’individuo; è attribuita a tutti i membri del gruppo indifferentemente e non ad un soggetto di un altro gruppo che lo meriterebbe maggiormente. Il principio di tutela della dignità L’idea delle azioni positive in senso permanente si lega ad un principio riconosciuto nelle Costituzioni degli Stati democratici, il principio di tutela della dignità. Il termine “dignità” emerge nelle Costituzioni dopo la Seconda Guerra Mondiale. La nostra Costituzione ne parla nell’ART. 3, nell’ART. 41 e nell’ART. 36. Il diritto che ha posto alla propria base il principio di dignità è la LEGGE FONDAMENTALE TEDESCA (1949). L’Europa aveva assistito ad una tale compressione della dignità da parte dell’ordinamento tedesco che, nel momento di affermazione di un nuovo ordinamento tedesco, il principio di dignità viene posto alla sua base. La tutela di questo principio dà la possibilità a ciascuno di reclamare, nei confronti dei pubblici poteri, un atteggiamento basato sul principio di eguaglianza. NB: principio di eguaglianza + principio di dignità = legittimazione della richiesta ai poteri pubblici di salvaguardare, garantire e promuovere la propria diversità. Cambia ora il rapporto tra pubblica autorità e minoranze: un tempo l’obiettivo (legittimo) del potere pubblico era quello di rendere la minoranza omogenea alla maggioranza; adesso l’assimilazione costituirebbe una violazione del principio di dignità. Un altro problema è capire se tutti gli individui possono aspirare a questa tutela e se è possibile distinguere cittadini e stranieri. Il catalogo dei diritti, l’ART. 16 (“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale … Ogni cittadino è libero di uscire dai territorio della Repubblica e di rientrarvi …”) e l’ART. 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, …”) fanno questa distinzione. L’ART. 19, invece, non usa il termine “cittadino”, ma il termine “tutti” (“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa …”). Tutti i diritti tutelati nella nostra Costituzione non sono subordinati allo status della cittadinanza. È anche vero, però, che la Corte Costituzionale ha interpretato in senso estensivo il termine “cittadino”, comprendendo anche chi risiede sul suolo italiano, ma non ha la cittadinanza. Comunque, tutte le costituzioni separano cittadini e stranieri. Ci si può svincolare dall’elemento della cittadinanza? Gli Stati tendono ad offrire una tutela senza distinguere cittadini e stranieri per quanto riguarda i diritti politici (a livello nazionale). NB: i tre elementi fondamentali dello stato sono: 1. sovranità; 2. territorio; 3. popolo, ossia il cittadino che può aspirare alla definizione della sovranità attraverso i diritti politici, esercitati in ambito nazionale. In Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Stati, gli stranieri extracomunitari non possono votare a nessun livello. Quindi: • ambito locale: in molti stati votano gli stranieri; • ambito extracomunitario: in pochi stati votano gli stranieri (Messico, Inghilterra). Principio di eguaglianza formale, deroghe Eguaglianza di trattamento (eguaglianza formale) = necessità di far convivere identità diverse in uno stesso ordinamento, abbandonando l’assioma “la legge è uguale per tutti”, per optare per un’applicazione che si modula a seconda dei destinatari. Nascono così le leggi speciali, basate sul criterio di specialità (lex speciali derogat generali). Le deroghe possono nascere o attraverso un riconoscimento normativo (deroghe espresse nel diritto positivo), oppure come frutto di un processo ermeneutico dei giudici (sentenze). Le deroghe espresse Le deroghe espresse a garanzia del pluralismo nel diritto comparato costituiscono la minoranza. Un ordinamento che ha previsto deroghe espresse è la Francia che, nell'ART. 75, riconosce dei diritti differenziati basati sulla religione. Queste deroghe riguardano però i territori d'oltremare, non la Francia metropolitana. Il cittadino di tali territori può mantenere il proprio statuto (a meno che non vi rinunci), diverso dal diritto privato della Francia continentale. Le controversie di tipo civile, soprattutto riguardanti la famiglia, possono essere risolte utilizzando il diritto musulmano, così come applicato in quei territori. Ciò avviene se richiesto: i singoli devono iscriversi in un apposito registro e, in caso di silenzio, si applica il codice civile francese. Nei giudizi siedono non solo i giudici dell'amministrazione francese, ma anche i khadis, giudici esperti di diritto musulmano. L'ordinamento francese scoraggia questa politica: la legge stabilisce che chi ha rinunciato all'istituto derogatorio non può tornare indietro e cambiare idea. La ragione di questa scelta è in parte legata a ragioni politiche (mantenere la pace). D'altra parte, il rispetto del diritto musulmano in quei luoghi deriva da un trattato stipulato tra lo Stato francese e il sultano. Questo non ha comunque impedito al Parlamento francese di approvare leggi in contrasto con la religione musulmana (esempio: ha vietato la poligamia). La legge che vieta la poligamia è stata considerata coerente con l'ART. 75, perché il legislatore sarebbe a favore dell'evoluzione dei costumi. Altri ordinamenti che hanno riconosciuto delle deroghe espresse sono: • Canada: riconosce che i diritti (innati derivanti da trattati) delle popolazioni autoctone non possono essere derogati dalla normativa generale  ART. 25 e ART 35, COST. 1982. • Sudafrica: la Costituzione stabilisce espressamente che è pienamente valido il diritto consuetudinario dei vari popoli del Sudafrica   ART. 15, COST. Clausola di chiusura: purché i diritti consuetudinari siano compatibili con i diritti costituzionali. Deroghe riconosciute a livello legislativo In Italia si consente, attraverso una legge, di omettere o commettere un comportamento coerente alla propria coscienza. ART. 2, COST.: dà fondamento al principio di obiezione di coscienza, in quanto stabilisce che vi sia un nucleo essenziale e personale che non può essere leso. Esempio: il servizio militare. In realtà, l'obiezione di coscienza riguardante la religione trova la sua espressione nelle leggi tra Chiesa e Stato, basandosi sull'appartenenza religiosa. Esistono due tipi di leggi sull'obiezione di coscienza: • LEGGI CHE RECEPISCONO LE INTESE, ad esempio religiose. Sono FONTI ATIPICHE; • LEGGI GENERALI sull'obiezione di coscienza. Le prime hanno forza giuridica passiva superiore perché non possono essere abrogate da una legge generale successiva del Parlamento, a meno che non si raggiunga un nuovo accordo con la comunità religiosa. In caso di legge generale successiva: • per tutti si applica la legge generale successiva; • per i fedeli di quella religione si applica la legge derogatoria che recepisce l'intesa, anche se precedente. Questa fonte è superiore all'altra. La Costituzione rimane sovraordinata a tutte le leggi, anche a quelle atipiche. Tutte le obiezioni di coscienza riconosciute nascono contra legem. ANTIGONE VS. CREONTE  Antigone: sorella che vuole seppellire il fratello.  Creonte: il diritto tebano vieta la sepoltura. NB: diritto di resistenza ≠ diritto di obiezione di coscienza  diritto di resistenza: riconosciuto in poche costituzioni (esempio: Cost. tedesca). Si contestano i presupposti fondativi di un comando  illegittimità costituzionale di un organo ad esercitare un certo potere.  diritto di obiezione di coscienza: riconosciuta in molte costituzioni. La legge lede la sfera coscienziale. Non si contesta l’organo, ma il contenuto delle legge. Il tema delle deroghe emerge soprattutto quando si parla del sistema giudiziario. Questo si spiega nel fatto che per il legislatore è molto complesso adottare una regola generale e astratta, che rispetti le varie deroghe. Il giudice invece non ambisce a dare una soluzione generale per tutte le fattispecie, ma si limita ad esprimere il proprio parere riguardo al caso concreto. Egli non ambisce, quindi, a modificare o a sopprimere la legge generale e astratta  principio di separazione dei poteri. Gli adulti possono scegliere se ricorrere alle trasfusioni oppure no. Qui gli interessi in gioco sono la tutela della vita e la religione. La trasfusione è, in questo caso, violazione del credo religioso. Cosa accade per un minore? Per prima cosa si va a verificare il grado di maturità del minore e se è emancipato oppure no. Se non è un minore emancipato decide il giudice, ovvero lo Stato, poiché la vita è più importante della regione. Per i trattamenti "salvavita", di solito, le scelte spettano ai genitori, con un limite: se non decidi così, ti tolgo la potestà genitoriale. In caso di trattamenti non "salvavita", la decisione spetta ai genitori. Si ha ora un bilanciamento tra salute e religione, oppure tra libertà personale e libertà religiosa. Soprattutto nelle giurisprudenze anglosassoni c’è un tendenza del giudice ad interpretare le disposizioni in modo tale da consentire deroghe (exceptions) alle regole generali, al fine di evitare le discriminazioni e di mantenere la diversità culturale, spesso basata sulla religione. Nella sentenza Amselem e nella sentenza Multani la regola generale rimane valida, ma il giudice opta per una exception, per un’interpretazione religiosamente orientata. Questa tecnica, detta “di accomodamento ragionevole” costituisce uno strumento di tutela per le minoranze. Critiche: un eccessivo utilizzo di tale tecnica potrebbe andare ad incidere sul principio di eguaglianza formale. Per quanto riguarda i TRATTAMENTI SALVAVITA, si supera il parere dei genitori qualora essi non acconsentano alle cure, al fine di tutelare il minore. Negli USA lo Stato non interviene sostituendosi ai genitori, ma nell’interesse del minore. La giurisprudenza della Corte Suprema, in una sentenza, stabilisce che i genitori hanno il diritto di educare i propri figli; è un loro diritto fondamentale, anche se non previsto dalla Costituzione. Dall’altra parte, le Corti, chiamate a decidere su casi di questo tipo, hanno sicuramente optato per far rimanere in capo allo Stato l’ultima parola sui trattamenti salvavita. In un’altra sentenza, la Corte Suprema, seppur non negando il diritto ad educare i propri figli, ha stabilito che i minori non possono subire le conseguenze della fede religiosa dei propri genitori. Siamo ora di fronte alla possibile morte di un minore e, quindi, in ambito penale. Negli USA tendenzialmente i PM tendono a non aprire procedimenti giudiziari nei confronti dei genitori che hanno negato le cure al proprio figlio (i PM americani non hanno l’obbligo di azione penale); se lo fanno, optano per il delitto meno grave. Una parte della dottrina statunitense è favorevole a questo orientamento, ritenendo che la libertà religiosa (II emendamento del Bill of Rights  non è limitata in alcun modo) e, di conseguenza, l’educazione dei propri figli costituiscano elementi che devono prevalere. Si può quindi ammettere un’exception anche nel diritto penale. Un’altra parte della dottrina sostiene che la decisione dei genitori costituisce il migliore interesse per il minore. Per quanto riguarda i TRATTAMENTI NON SALVAVITA i giudici, quasi concordemente, non invocano il principio del parens patriae. Il diritto ad educare i propri figli si riespande completamente. CASO1: un bambino della comunità lautari, trasferitosi con la sua famiglia in California, ha una malformazione agli arti inferiori. Se non operato, potrebbe diventare invalido. Dapprima il giudice stabilisce il bambino debba essere operato. La famiglia è contraria perché, secondo una loro credenza religiosa, un intervento provocherebbe uno sconvolgimento del naturale corso degli eventi e una conseguente serie di sciagure per il bambino e per la sua famiglia. La famiglia decide, così, di scappare col bambino. Il giudice torna sull’argomento e cambia idea, per due ragioni: 1. i medici si rifiutano di operare il bambino a causa delle sue condizioni psico-fisiche; 2. il giudice arriva a capire che costringere il bambino all’intervento non rappresenterebbe il migliore interesse per lo stesso. CASO2: negli anni ’70 Nixon fa adottare al Congresso una normativa che subordina i finanziamenti federali in ambito sanitario all’adozione di normative derogatorie che escludano la sanzione penale e civile per i genitori che si oppongono a trattamenti sanitari per i figli minori per questioni religiose. Molti Stati adottano tali leggi derogatorie (exceptions); alcune di esse permangono anche quando la disposizione di Nixon viene abrogata. L’istruzione I singoli Stati hanno piena competenza in materia di istruzione. Tutti hanno stabilito un ciclo di istruzione obbligatoria. Caso: la setta degli Amish ritira i figli dalle scuole tre anni prima del termine del ciclo obbligatorio. Essi ritengono infatti che, se non ritirassero i propri figli da scuola all’età di 13 anni, essi non acquisirebbero una serie di insegnamenti riguardanti il lavoro, fondamentali per la vita in comunità. Inoltre, sostengono che più i minori vivono in un contesto secolarizzato (non religiosamente orientato) come la scuola pubblica, più tenteranno di allontanarsi dalla comunità Amish e, dal momento che gli Amish possono vivere solo in una comunità e non in modo solitario, una sostanziale riduzione dei membri porterebbe all’estinzione della comunità stessa. Essi violano così un obbligo imposto dallo Stato. Tale questione arriva fino alla Corte Suprema che, nel 1972, pronuncia la sentenza Wisconsin vs. Yoder. La Corte accoglie le istanze dei genitori, soprattutto l’elemento del dato quantitativo: il sostanziale depauperamento della comunità condurrebbe alla sicura estinzione della comunità. Secondariamente, sostiene che effettivamente i valori che sono trasmessi ai minori nella comunità Amish (solidarietà, rispetto per la natura, …) non cono contrastanti con i principi e con i valori della società secolarizzata. Inoltre, i minori, anche se ritirati tre anni prima dalla scuola, acquistano comunque i rudimenti del leggere e dello scrivere. La Corte afferma che vi sia una sorta di fungibilità tra l’istruzione della comunità e quella delle scuole statali. Non deve venir meno l’obbligo scolastico fino ai 15 anni (regola generale) ma, per gli Amish, l’obbligo vale solo fino ai 12 (exception). La Corte qui non decide sul migliore interesse per il minore, ma sul diritto o “non diritto” dei genitori di ritirare il figlio da scuola prima del tempo. Lo Stato deve assumersi l’obbligo di “preparare il minore per la vita”. Tuttavia la Corte Suprema, per il caso concreto degli Amish, stabilisce che debba essere riconosciuta alle famiglie la facoltà di decidere come educare il figlio. Sarebbe assurdo che la Corte dovesse andare a verificare se ciascun minore è d’accordo con ogni scelta che i genitori compiono per lui. Inoltre, verificare se i minori, appartenendo alla comunità Amish, stanno perseguendo i propri interessi, sarebbe un atteggiamento discriminatorio. Critiche: l’avvocato dello Stato ritiene che ci debba essere una particolare attenzione per i minori che potrebbero aspirare ad avere un’istruzione completa. Questo è un caso anomalo, perché gli Amish non ricorrono mai alla giurisdizione statale; in certi Stati essi sono addirittura esonerati dal pagamento delle tasse, dal momento che non usufruiscono dei servizi base offerti dallo Stato. CASO: nel 1994 il Tribunale Costituzionale Spagnolo si trova a dover affrontare un ricorso di amparo, strumento di tutela in base al quale le persone fisiche possono ricorrere al Tribunale Costituzionale lamentando una lesione dei propri diritti fondamentali da parte di un qualche atto (non legge!) dell’ordinamento spagnolo11. Il Spagna il ricorso di amparo venne introdotto dalla Carta fondamentale spagnola sul modello messicano, che a sua volta lo aveva mutuato dalla Costituzione di Cadice del 1920. Nel caso specifico, il giudice toglie ai genitori di un minore la potestà genitoriale, dal momento che questi hanno preferito mandare il figlio alla scuola della propria comunità, I bambini di Dio, piuttosto che alla scuola statale  violazione dell’obbligo scolastico. Il Tribunale spagnolo stabilisce che l’atto viola il diritto dei genitori ad educare i propri figli, ritenendo che gli insegnamenti impartiti all’interno della comunità religiosa fossero fungibili a quelli delle scuole pubbliche. Tale sentenza, però, non ottenne all'unanimità; il tribunale costituzionale spagnolo riconosce l'opinione dissenziente/il voto particolare: le decisioni del collegio sono assunte a maggioranza; coloro che non le condividono devono redigere un'opinione dissenziente nella quale specificano le motivazioni del dissenso. Per quanto riguarda gli Stati Uniti e il Canada, l'opinione dissenziente si ha in quasi tutti i processi. In Spagna le opinioni dissenzienti sono molto rare; si ha quasi sempre all'unanimità. Nell'ordinamento italiano non sono previste; l'introduzione dell'opinione dissenziente in Italia andrebbe ad indebolire il ruolo stesso della corte costituzionale. In Europa si manifestarono alcune problematiche riguardanti l'esonero dei minori da alcune attività scolastiche per volere dei genitori (ad esempio l'esonero del minore dal corso di nuoto chiesto dai genitori musulmani). In Austria un decreto del governo stabilisce una piena facoltà dei genitori di esonerare i figli da tali attività scolastiche. In Svizzera i giudici, in maniera abbastanza univoca, hanno stabilito che i genitori hanno la possibilità di esonerare i propri figli da alcune attività. In seguito viene approvato dalle camere un atto che stabilisce che le attività sportive costituiscono parte integrante della formazione dei ragazzi e che quindi i genitori non possono esonerare i figli dalle stesse. Contestualmente, si impone agli istituti scolastici di conformare le proprie strutture al fine di non ledere in nessun modo la fede religiosa dei ragazzi. Esempio: spogliatoi diversi per maschi femmine, docce chiuse, ... Ammettere tali distinzioni non favorirebbe né la tolleranza, né l'integrazione. CASO: nelle scuole pubbliche del Quebec si dedica un'ora di lezione all'insegnamento della religione cattolica; col tempo questa si trasforma in un'ora di insegnamento sulle varie religioni e su temi etici generali (eutanasia, aborto, ...). 11 Anche in Italia si pensò di attribuire alla Corte Costituzionale tale potere; ciò venne tuttavia escluso e il ricorso alla Corte venne lasciato ad alcuni organi costituzionali. Critiche della dottrina: la Costituzione degli Stati Uniti stabilisce una netta separazione tra Chiesa e Stato, per cui non ci può essere nessuna interferenza tra le due sfere. La legge in questione costituisce un'indebita intromissione nel dell'ordinamento civile nella sfera religiosa. La legge è incostituzionale. Il problema del caso tra i due coniugi è che in Canada il principio di buona fede non esiste. La Corte giudica questa controversia perché, se si rifiutasse, lederebbe il principio di uguaglianza tra uomo e donna; ciò accade, invece, nei tribunali rabbinici, in cui sono previste conseguenze diverse per l’uomo e per la donna. Quindi la Corte suprema decide di pronunciarsi circa il contratto tra moglie e marito, dal momento che, anche se religioso, è pur sempre un’obbligazione; in secondo luogo, si permette di stigmatizzare la regola religiosa riguardo alla diseguaglianza tra uomo e donna. Ci si chiede allora se un tribunale secolarizzato possa giudicare le controversie in cui è coinvolta la religione. Parte della dottrina ritiene che, essendo la religione estranea al sistema delle fonti dell’ordinamento statale, la Corte non avrebbe dovuto pronunciarsi su tale contratto, essendo i coniugi già separati a livello civile. Il principio di uguaglianza è alla base della critica alle logiche multiculturali. Mutilazioni e reati culturali Si ha reato culturale quando il codice penale introduce delle pene editali per sanzionare una condotta che viene tenuta in ottemperanza a regole di matrice culturale. Negli ordinamenti orientali il reato culturale più comune è quello delle mutilazioni genitali femminili. Due sono le strade possibili: sanzionare tale condotta con norme generali (ad hoc) che puniscono tutte le lesioni; introdurre una norma che preveda pene editali più elevate. In Italia e in altri ordinamenti (Spagna, USA) si è scelta la seconda soluzione. Al fine di evitare tali pratiche, quindi, si ricorre ad una legislazione penale rinforzata. Le pene si aggravano maggiormente se la lesione è realizzata su un minore: la lesione si estende al medico e, eventualmente, alla struttura sanitaria. Nella maggior parte dei casi tali pratiche sono realizzate di nascosto; servono a sancire il passaggio da bambina ad adolescente/donna. Non è chiaro se tali pratiche abbiano un’origine culturale o religiosa, dal momento che vengono eseguite anche in comunità cristiane asiatiche. Tale questione diventa rilevante nel caso di migrazioni nei paesi occidentali. CASO: Nel 1996 a Seattle (città molto popolata da somali, che realizzano tali pratiche) viene proposto di realizzare, all’interno di un ospedale, una piccola lesione genitale sulle bambine, che non comporterebbe nessuna conseguenza per le minori e che risponderebbe alle richieste rituali dei genitori. L’obiettivo è quello di salvaguardare la salute delle bambine, evitando che tali pratiche vengano realizzate clandestinamente e da persone non competenti  Compromesso di Seattle. A causa delle innumerevoli polemiche, la proposta viene ritirata. Le critiche sono molteplici: viene considerato inammissibile accettare tale politica, che sancisce, agli occhi del mondo occidentale, la subordinazione della donna all’uomo. D’altra parte, restringendo la possibilità di realizzazione alla sola città di Seattle, la speranza è quella che, col tempo, tale pratica possa essere abbandonata. Tuttavia, dal momento che nei singoli stati è lecita la circoncisione maschile, considerare il Compromesso di Seattle (e non la pratica intera) illegittima avrebbe costituito una lesione sia del sesso che della religione. ****** Conferenza Dott. Ferrari - 28/11/2012 Il concetto di laicità può essere definito sulla base di quattro elementi: 1. La libertà di coscienza: l’ambito giuridico della libera approvazione della coscienza è molto delicato; se lo Stato garantisce tale libertà, dovrà anche prevedere delle regole minime che assicurino la pace sociale: tutte le volte che una regola giuridica si rivolge ad un singolo o a un gruppo e impone determinate condotte, questa regola si confronta con le regole del singolo e può contrastare con esse; non in tutti i casi il diritto concede delle deroghe, al fine di non violare la coscienza del singolo. 2. L’eguaglianza tra diverse convinzioni: postula che lo Stato non sceglie una morale, non sceglie alcun sistema di valori, se non i valori costituzionali. Tra i valori costituzionali vi è proprio il principio di eguaglianza: lo Stato, in riferimento alle convinzioni religiose e non religiose dei singoli, non formula alcun giudizio di merito; semplicemente garantisce la pace sociale con dei limiti, che possono essere derogati se violano le condizioni individuali. L’eguaglianza tra diverse convinzioni ha come diretta conseguenza la separazione tra Stato e Chiesa: in un ordinamento in cui c’è la religione di stato, invece, non si può dire che esista tale eguaglianza, dal momento che lo Stato si identifica nelle convinzioni di quella religione. 3. La separazione tra Stato e Chiesa. 4. La neutralità dello Stato: lo Stato non formula alcun giudizio di valore ed è, quindi, neutrale. Gli unici parametri con cui interviene sono quelli costituzionali, che prescindono da valori religiosi. Da tutti questi elementi emerge qual è la coscienza di un ordinamento giuridico laico. Tuttavia, si identificano dei modelli di laicità nei quali prevalgono l’uno o l’altro elemento. I modelli di laicità che possiamo identificare sono: • il modello laico separatista: si accentua l’elemento della separazione Stato-Chiesa. Esempio: Francia  Legge di separazione del 1905; • il modello laico anticlericale: non solo si ha la separazione Stato-Chiesa, ma lo Stato guarda con sospetto i contenuti e le idee religiose, li percepisce come concorrenziali rispetto ai propri valori e li qualifica in modo negativo. In questo modello, quindi si attenuano gli altri tre elementi. Esempio: Unione sovietica; • il modello laico autoritario: tende a limitare i fenomeni religiosi, anche se non da un giudizio negativo a priori (come accade nel modello anticlericale). È una laicità che tende a garantire degli spazi entro i quali la religione non può entrare. Vengono quindi attenuate la libertà di coscienza e l’eguaglianza tra le diverse religioni; • il modello laico di fede civile: non si limita (come nella laicità autoritaria) a delimitare i fenomeni religiosi, ma ha anch’essa delle caratteristiche religiose: i valori che lo Stato individua come fondamentali sono valori che devono essere “ubbiditi” e in cui si deve credere. In questo senso, si parla di “laicità di fede civile” perché in essa è presente una certa impronta religiosa, presuppone una scelta di fede da parte del soggetto ed entra in competizione con la fede religiosa, poiché impone un atto di fede; • il modello laico di riconoscimento: non solo riconosce l’eguaglianza tra le diverse convinzioni, ma anche le differenze tra esse. Il fenomeno giuridico si articola in modo diverso in funzione delle specificità coscienziali. Saranno presenti quindi delle deroghe ai doveri generali per tutelare le diverse morali individuali. Si chiama appunto “di riconoscimento” perché in esso si situa il valore della diversità. Esempio: Canada e altri ordinamenti che prevedono, come deroghe, obiezioni di coscienza (es: al servizio militare); • il modello laico di collaborazione: permane la mancanza di una religione di Stato, ma l’ordinamento giuridico individua degli istituti speciali per rapportarsi con i diversi soggetti coscienziali. Esempio: Italia  è previsto l’istituto dell’intesa tra Stato e confessioni religiose: ognuna di esse può concordare con lo Stato una disciplina bilaterale che rappresenti la confessione stessa. In generale, fatta eccezione per il Belgio (ove vi è una completa equiparazione tra tutti i soggetti coscienziali), negli altri ordinamenti la collaborazione riguarda normalmente solo le confessioni religiose. Nella storia francese si sono articolati diversi modelli. Senza dubbio le origini della laicità in Francia sono da rintracciarsi in tutto il periodo rivoluzionario. La Rivoluzione rappresenta una cesura con tutto quello che era considerato l’antico regime, il quale si identificava con la religione cattolica. Abbandonare tutte le ideologie di tale periodo, significava anche abbandonare la religione cattolica. Questo non avvenne immediatamente: l’atteggiamento anticlericale nacque soltanto quando il clero rifiutò un giuramento di fedeltà con lo Stato; tali ecclesiastici vennero massacrati e la Francia si affrancò dal pensiero cattolico. Ciò avvenne per un motivo ben preciso: la Rivoluzione Francese, a livello intellettuale, trova il proprio riferimento fondamentale nell’illuminismo, il quale poneva al centro di tutto l’uomo. Ed ecco che allora, con riferimento alla centralità dell’uomo, si passa dal concetto di anima (tipico della fase storica precedente e dell’ideologia cattolica) alla nozione di coscienza  da Dio si passa all’uomo. Molto importante è un elemento contenuto nell’ART. 3 della DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO del 1789: si afferma in modo totale la sovranità della Nazione. Per tutto l’Ottocento la Chiesa verrà accusata di essere stata fortemente compromessa dall’antico regime e verrà sempre guardata con sospetto. Tanto è vero che una prima legge che segna una tappa fondamentale nel distacco Stato-Chiesa è la LEGGE FERRY del 1882, con la quale si sopprime l’insediamento religioso dalle scuole pubbliche, sostituendolo con l’istruzione morale e civica. Questa legge, rispetto ai modelli precedentemente descritti, inizia a rappresentare un affermarsi di una laicità (non ancora formalizzata) non solo separatista, ma anche di fede civile. La separazione Stato-Chiesa si raggiunge con la LEGGE DI SEPARAZIONE del 1905, con la quale vengono rimosse dall’ordinamento francese tutte quelle fattispecie giuridiche che riconoscevano un regime giuridico speciale, ad esempio, alle associazioni religiose (ora equiparate alle associazioni di animalisti, di pacifisti, di vegetariani, …). Questo determina un ulteriore effetto: il mantenimento dei luoghi di culto non è più a carico dello Stato, ma delle associazioni religiose, anche se i Comuni rimangono proprietari delle chiese, delle cattedrali, … Lo Stato non ha più nessun obbligo nei confronti delle confessioni religiose. La legge in questione impone il c.d. modello di laicità di separazione. Si inizia a parlare di laicità solamente nella Costituzione del 1946, il cui ART. 1 dice che: “La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale”; anche nel preambolo si individua un nesso significativo tra il concetto di “gratuità” e quello di “laicità” della scuola pubblica. Anche la Costituzione del 1958 riprende l’espressione dell’ART. 1 della vecchia Costituzione, anche se, in questo articolo, vi sono degli elementi ulteriori: “La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Essa assicura l'eguaglianza dinanzi alla legge a tutti i cittadini senza distinzione di origine, di razza o di religione. Essa rispetta tutte le credenze”. Si vuole così affermare che l’ordinamento francese non è solo laico, ma anche clericale. Il fatto che lo Stato si ispiri a dei valori che non si interessano alla religione, Tribunale di Colonia sostiene che tale condotta consista, di fatto, in una lesione, dal momento che determina una mutilazione del corpo permanente e non legata a motivi sanitari. Il minore, ovviamente, non aveva potuto esprimere il suo consenso, poiché molto piccolo. Secondo il giudice, il diritto ad educare i propri figli incontra un limite quando va ad incidere sulla salute psicofisica della prole. Questo caso ha attirato numerosissime critiche, soprattutto da parte della comunità ebraica e da quella musulmana. La Camera dei rappresentanti tedesca, il Bundestag, ha approvato, nel luglio 2012, una risoluzione nella quale si impegna, entro la fine dell’anno, a presentare un disegno di legge che stabilisca la piena liceità della circoncisione in Germania. Ad oggi, non ha ancora adottato tale legge. In Italia la pratica della “puntura” genitale femminile viene sanzionata con pene particolarmente gravi. L’ordinamento italiano rifiuta categoricamente nel codice penale tali condotte, al fine di prevenirle e di invitare i soggetti a rinunciarvi. Partendo dal presupposto che l’intangibilità del corpo è un principio fondamentale per il nostro ordinamento, allora andrebbe rivista anche la posizione relativa alla circoncisione maschile. Il c.p. prevede che una persona, anche adulta, non può sottoporsi ad un trattamento non sanitario che si traduca in una mutilazione. Pare che l’ordinamento italiano abbia previsto ciò non tanto per salvaguardare il diritto all’intangibilità del corpo, ma piuttosto perché tale pratica è contraria all’opinione comune della società. Tale teoria è giustificata dal fatto che in Italia sono ammessi interventi estetici che provocano, talvolta, anche mutilazioni (come le operazioni per il cambiamento del sesso, ammesse per la prima volta nel nostro Paese). A tal proposito, la Corte Costituzionale ha stabilito che l’ART. 13, COST. (libertà personale) debba essere interpretato in maniera estensiva, autorizzando la persona a vivere secondo i propri ideali, al fine si salvaguardare il benessere psicofisico degli individui. Caso: alcune tribù africane praticano la scarnificazione sul proprio volto. In Inghilterra una mamma realizza sui due figli (minori di età) tali lesioni. Il giudice inglese la giudica colpevole per reato di lesione; poi, anche se non richiesto, precisa, nella propria sentenza, che la scarnificazione è diversa dalla circoncisione: la prima è ritenuta più dannosa della seconda, anche se quest’ultima consiste solo in piccole lesioni della pelle e non in una mutilazione. Tuttavia, nella nostra cultura, consentire che vengano praticate incisioni sul volto è una prassi che contrasta fortemente con l’opinione comune. Le macellazioni rituali Appartengono a quelle esperienze che gli ordinamenti tutelano con la “deroga” (all’opposto delle mutilazioni genitali femminili che sono condannate dagli ordinamenti). Le religioni hanno un codice alimentare ben preciso e queste regole alimentari diventano delle regole religiose. In questo modo ottemperare alle regole alimentari significa ottemperare alle regole religiose. Esempio: Kellog, pastore mormone, impose regole alimentari molto rigide. Nei primi del ’900 vi fu anche un’inchiesta sullo stato di salute dei mormoni che avevano una vita più confortevole e una aspettativa di vita maggiore. La religione ebraica e quella musulmana impongono l’obbligo di consumare carne macellata in un certo modo: per scopi sanitari, privano la carne del sangue. Negli ordinamenti occidentali però nasce un problema al riguardo: questa tecnica di macellazione è ritenuta particolarmente crudele nei confronti degli animali. Visto che in molti ordinamenti occidentali il codice penale ha stabilito dei divieti al riguardo, sanzionandone il comportamento crudele verso gli animali. Nel Regno Unito dal 1928 è stata prevista una deroga per una condotta culturalmente e religiosamente vietata. In Italia la questione è stata risolta nel 1978 con una legge in attuazione di una direttiva comunitaria: è stata adottata una normativa che orientasse gli stati membri sul come macellare gli animali con riti religiosi. Sul tema era poi intervenuta una legge che percepiva l’intesa tra Stato italiano e Comunità Europea tra cui vi erano alcune normative: • una direttiva comunitaria • la legge del 1978 che percepisce l’intesa • la legge successiva che modifica la legge de 1978 La legge del ’78 che recepisce l’intesa è una legge speciale, mentre le altre due sono leggi generali: si osserva così il criterio di specialità delle fonti per stabilire quale prevalga sulle altre. Oltre al criterio di specialità, il nostro ordinamento prevede delle fonti che hanno forza giuridica passiva, ma tuttavia possono essere abrogate solo dalla legge che percepisce l’intesa e per modificarla occorre un’altra legge speciale che ha un iter di formazione identico. Ci sono però degli ordinamenti (quello tedesco e svizzero) che prevedono in Costituzione un obbligo da parte degli stati di salvaguardare gli animali. Pertanto in questi ordinamenti è esclusa la deroga di regime penale che permette la macellazione rituale di animali: • la Svizzera ha una lunga tradizione in tal senso con un intento ben specifico, perché fin dai primi anni del ’900 ha introdotto questa politica per limitare l’immigrazione ebraica. • la Germania introduce successivamente l’esclusione della macellazione rituale di animali. NB: gli ordinamenti che escludono la macellazione rituale violano un diritto? Si impone una scelta di ordine religioso. Alcuni ordinamenti hanno ottenuto il divieto di macellazione rituale ma consentono l’importazione di carne macellata ritualmente, mentre altri ordinamenti ne vietano anche l’importazione. CASO: Un macellaio musulmano che operava la macellazione rituale con autorizzazione espressa delle autorità. Il macellaio secondo alcuni compie una discriminazione su base religiosa. Lo Stato tedesco chiama l’Imam chiedendo se la regola alimentare è una regola precettiva. Questo risponde che per chiunque viva in uno Stato che non è a maggioranza musulmana la regola alimentare in questione non è precettiva. Gli ordinamenti nord-americani non si basano tanto su regole riconosciute dalla comunità religiosa ma va a vedere la singolarità delle persone. Come la sentenza Multani, quando decide la famiglia di ottemperare alle regole religiose. Il tribunale tedesco però non se la sente di accettare il diniego alla autorizzazione della macellazione rituale ma sulla libertà di impresa. Se si permettesse il diniego al mantenimento della autorizzazione si andrebbe a incidere sulla attività lavorativa del singolo, non confermando il permesso alla macellazione, non potrebbe più esercitare. Sul tema delle macellazioni rituali in Germania non c’è ancora una legge confermata ma c’è un procedimento di riflessione giuridica al riguardo. NB: In generale possiamo dire che vige un divieto di trattamenti sugli animali per motivi culturali e religiosi, ad esclusione di alcuni Stati. Sacrifici di animali In Florida risiede una comunità di fedeli della Santeria e questa religione in realtà è un insieme di fedi e regole che sono derivate dalla religione cristiana e da tribù africane. Siccome la Florida ha subito flussi migratori da Cuba e Haiti, qui ci sono delle comunità che si rifanno alla religione musulmana, circoscritta territorialmente. Questa religione prevede anche sacrifici di animali (non a scopo alimentare, ma non ha rilevanza, è comunque maltrattamento). Però questi sacrifici erano fatti in luoghi pubblici. Le autorità municipali adottano ordinanze che vietano sacrifici di animali in luoghi pubblici ma li circoscrivono in luoghi determinati. Lo Stato non può evitare questi sacrifici ma il contenuto delle ordinanze ha carattere neutro e questa regola aveva un impatto più negativo nei confronti della comunità religiosa. Si traduce in una discriminazione indiretta. La Corte dice che quando la questione riguarda la libertà religiosa, le autorità devono dimostrare che hanno un obiettivo detto compelling. Nel 1993 la Corte Suprema sostiene che, quando si tratta di discriminazione religiosa, ovvero di razza, non ci si può accontentare di una “rational basis”, ma anche il fine deve essere rilevante. Per dire ciò la Corte usa la seguente motivazione: le autorità non possono giustificare l’obiettivo di salvaguardare gli interessi degli animali. Una sentenza della Corte Suprema del 1993 permette che in Florida si possano macellare ritualmente gli animali, perché il benessere di questi non è un elemento essenziale, per cui come si consente la macellazione rituale, ugualmente si può permettere il sacrificio. NB: è sorprendente che tra i giudici della Corte favorevoli alla sentenza si schieri anche il giudice Scalia, molto conservatore. Utilizzo di stupefacenti per scopi religiosi Ci sono alcuni casi di exception per quanto riguarda l’utilizzo di stupefacenti per scopi religiosi. Esempio: alcuni Stati degli USA permettono agli indiani d’America, iscritti alla Chiesa dei nativi americani, di utilizzare il peyote per scopi religiosi. Così anche i nativi americani che fanno parte dell’esercito, ma solo ad alcune condizioni: che non siano nella base militare, che prima lo comunichino ai loro superiori, che non operino nei due giorni successivi. In Europa sia nella Gran Bretagna, sia in Italia, si è dimostrata una certa apertura per la religione rasta che prevede l’uso abituale di marijuana.
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